mercoledì 25 dicembre 2013

I FANATICI E GLI OCCIDENTALI IMBECILLI




La catena inglese Marks & Spencer ha deciso di consentire ai commessi di fede islamica di rifiutarsi di maneggiare alcolici e carne di maiale. Così un cliente, dopo aver fatto la sua brava fila, potrebbe trovarsi di fronte ad un cassiere mussulmano che si rifiuta di “contaminarsi“ toccando una busta di prosciutto o una bottiglia di vino. Sarebbe costretto a rifare la coda presso un'altra cassa, sperando di non incappare in un nuovo commesso mussulmano. Domani i commessi in negozi di abbigliamento potrebbero rifiutarsi di toccare un indumento “peccaminoso” come una minigonna, e quelli che lavorano in una libreria potrebbero non voler toccare libri “blasfemi”. Certo, non consumare alcolici e carne di maiale è un diritto, come lo è consumarli, ed è un diritto anche rifiutarsi di toccarli. Però, se si lavora in un supermercato ci si deve rassegnare a rinunciare a tale diritto, se no si deve concedere al proprietario del super mercato il diritto (sacrosanto) di rifiutarsi di assumere chi rifiuti di toccare certe merci. Io ho diritto di non voler vedere una donna seminuda, ma se lavoro in un night club devo rinunciare ad un simile diritto, elementare no?
Si tratta di considerazioni di semplice buon senso, ovvie, banali. Però gli occidentali politicamente corretti non ci arrivano. Per loro ogni “diritto” reclamato dai mussulmani diventa subito qualcosa di sacro, una rivendicazione di libertà da accogliere senza fiatare, e chi non la accoglie è ovviamente, “razzista” e “xenofobo”.
Gli occidentali malati di politicamente corretto pretendono a volte di essere liberali, mascherano i loro belanti cedimenti al fondamentalismo con chiacchiere sui “diritti a professare la propria fede”, e non si accorgono che i diritti di un cittadino vengono meno quando ledono quelli di un altro. Io posso ben dire che vedere Tizio, addirittura sapere che egli vive, mi offende, costituisce per me un intollerabile insulto, cosa mi si può rispondere? Solo che devo rassegnarmi a subire simili “insulti” perché Tizio ha diritto di vivere, di uscire di casa, ed anche di entrare nel mio campo visivo, e che la tutela di questo suo diritto primario vale più di quella della mia suscettibilità, punto e basta.

Questi fatterelli, questo continuo stillicidio di pretese assurde e di cedimenti vigliacchi mettono molto bene in risalto una cosa: ad essere in gioco nel rapporto con l'Islam non è questa o quella politica, è il nostro modo di essere, meglio, il nostro essere, la nostra identità. Il fondamentalismo ci odia non per ciò ciò che facciamo, ma per ciò che siamo. Hanno cominciato col pretendere che nelle mense aziendali e scolastiche non si servissero certi cibi (e se a noi questi cibi piacciono? Siamo noi che dobbiamo adeguarci alle abitudini alimentari di chi ospitiamo?); poi hanno preteso che immagini e simboli religiosi scomparissero da scuole e uffici pubblici; ora pretendono di non dover maneggiare certe merci “peccaminose” (però se non li assumi per la loro fede strillano: “razzisti”!); fra un po strilleranno che si sentono “offesi” per il solo fatto che noi, testardamente, rifiutiamo di convertirci alla loro vera fede, e di certo ci saranno molti imbecilli politicamente corretti che beleranno: “beh, hanno ragione, il fatto che noi non adoriamo il loro Dio li offende..."
Non mi stancherò mai di ripeterlo.
Il vero pericolo non sono i fanatici fondamentalisti, sono gli occidentali imbecilli e pervasi di angelica, ideologica e malvagia bontà.

giovedì 19 dicembre 2013

ANGELO IZZO




Si parla molto del caso del serial killer “evaso” dal carcere di Genova mentre era in “permesso” (non si tratta di evasione in realtà). Non è mica il primo caso di criminali omicidi che i nostri magistrati mettono in libertà. Qualcuno si ricorda di ANGELO IZZO? Ho fatto un po' di “copia incolla" per ricordarne le gesta.
Dunque, Angelo Izzo, al tempo vicino ai circoli della destra estrema e bombarola, decide un bel giorno di passare una serata divertente, si incontra con due suoi amici, Gianni Guido ed Andrea Ghira e....

“il 29 settembre 1975 Izzo Guido e Ghira si recarono a Lavinio con due ragazze: Donatella Colasanti e Rosaria Lopez per partecipare ad una festa. Una volta a destinazione, le due ragazze furono violentate, drogate, seviziate e massacrate per più di un giorno. La Lopez fu infine portata nel bagno del primo piano della villa, dove fu picchiata e annegata nella vasca da bagno, mentre la Colasanti fu quasi strangolata con una cintura e picchiata selvaggiamente.
“Le due ragazze (entrambe credute morte dai tre aggressori) furono poi nascoste nel bagagliaio dell'auto. I tre parcheggiarono in via Pola e si recarono a cenare. I lamenti della Colasanti, sopravvissuta alle violenze, attirarono l'attenzione di un metronotte, che diede l'allarme. Izzo, Guido e Ghira furono arrestati entro poche ore.”
(...)
“Il 29 luglio 1976, tutti e tre furono condannato in primo grado all'ergastolo. La condanna fu confermata anche nei successivi gradi di giudizio per Izzo, mentre a Guido e Ghira furono riconosciute le attenuanti generiche in appello, riducendo così la pena a 30 anni di carcere."
(...)
“Durante il suo periodo di detenzione, Izzo manifestò più volte interesse a collaborare con la magistratura, fornendo proprie versioni sulle stragi di piazza Fontana, di Bologna e di piazza della Loggia, sugli omicidi di Mino Pecorelli, Fausto e Iaio e Piersanti Mattarella, sulla morte di Giorgiana Masi e su molti altri episodi di terrorismo e di mafia. Tutte le sue deposizioni si rivelarono però infondate: si scoprì che fu lui a imbeccare un altro falso pentito riguardo l'omicidio Mattarella, addossando la colpa al deputato DC Salvo Lima; successivamente accusò Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini sempre dell'omicidio Mattarella e Andrea Ghira di aver sparato alla Masi, sempre infondatamente; infine si autoaccusò dell'omicidio di Amilcare Di Benedetto, ucciso quattro mesi prima del massacro del Circeo, il cui corpo però non è mai stato ritrovato."
(...)
"Izzo provò anche varie volte ad evadere. Nel gennaio 1977, tentò di evadere dal carcere di Latina assieme a Guido, prendendo in ostaggio il maresciallo delle guardie carcerarie, ma il tentativo non riuscì. Nel gennaio 1986, gli venne attribuito un tentativo di evasione dal supercarcere di Paliano. Il 25 agosto 1993, approfittando di un permesso premio, si allontanò dal carcere di Alessandria e riuscì ad espatriare in Francia. Venne poi catturato a Parigi a metà settembre ed estradato in Italia
(...)
“Nel dicembre 2004, ottenne la semilibertà dal carcere di Campobasso, su disposizione dei giudici di Palermo, per andare a lavorare in una cooperativa. Il 28 aprile 2005, Izzo uccise Maria Carmela e Valentina Maiorano”
(...)
“Izzo fu condannato nuovamente all'ergastolo, con sentenza confermata nei due successivi gradi di giudizio”.

Interessante vero? Uno stupratore manico ed omicida viene condannato all'ergastolo per omicidio, violenza, occultamento di cadavere. Tenta di diventare collaboratore di giustizia rivelando sconvolgenti “verità" su omicidi a sfondo politico; all'epoca un certo Silvio non era ancora diventato il nuovo Al Capone, se no molto probabilmente Izzo ne avrebbe avuto anche per lui. Gode di generosi permessi che usa per evadere (ma guarda un po' le similitudini!), infine, malgrado la enorme gravità dei crimini commessi esce dal carcere, e massacra ed uccide altre due donne.
Avviene così in Italia. Iizzo si è fatto 28 anni di carcere per violenza, omicidio, occultamento di cadavere due evasioni, una tentata evasione, sequestro di un maresciallo delle guardie carcerarie. Un certo signore che ha una qualche rilevanza politica in Italia, ha finora collezionate condanne per 12 ANNI di carcere per un rapporto sessuale mai provato con una diciassettenne, una telefonata interpretata come “concussione”, una presunta (e mai provata) evasione fiscale da 7 milioni di euro (molto meno di quella di cui è accusato Maradona) e la pubblicazione del testo di UNA intercettazione su un giornale di proprietà del fratello (il direttore di “repubblica” dovrebbe finire all'ergastolo).
Intanto, mentre un serial killer gira libero, ingenti forze e notevoli fondi vengono spesi per una inchiesta di enorme rilevanza sociale: IL CALCIO SCOMMESSE.
In Italia la "giustizia" ha poco, molto poco a che vedere con la GIUSTIZIA.

venerdì 13 dicembre 2013

JANG SONG THAEK



E' stato giustiziato Jang Song Thaek, numero due del regime e zio Kim Jong Un, il leader supremo della Corea del Nord. Nelle dittature totalitarie e tiranniche capita spesso agli alti papaveri del regime di finire i propri giorni di fronte al plotone d'esecuzione.
Non piango per Jang Song Thaek, ovviamente. Sono invece sconvolgenti i dati sella pena di morte in Corea del nord. Incollo un brano di Wikipedia sull'argomento:

" La pena di morte in Corea del Nord è prevista per taluni reati.
Ufficialmente, le fattispecie di reato passibili di pena di morte sono 5: Complotti contro la sovranità dello Stato, terrorismo, alto tradimento contro la patria da parte di cittadini, alto tradimento nei confronti della popolazione; omicidio.
La realtà è tuttavia molto diversa, perché la pena di morte è praticata sistematicamente e su vasta scala in moltissimi casi, anche banali. Non si conosce il numero esatto di esecuzioni annuali, perché è segreto di stato; peraltro esse non sono mai riportate dai mezzi di comunicazione locali, strettamente controllati dal governo. Ricorrentissime sono le esecuzioni pubbliche. Uno dei casi più frequenti è la punizione per tentata fuga all'estero(nella quasi totalità dei casi, Cina o Corea del Sud). Ad esempio, si ha notizia di 15 persone giustiziate per aver tentato di raggiungere la Cina.
Numerose sono le esecuzioni pubbliche che avvengono nel sistema concentrazionario nordcoreano, che si articola, oltre alle normali carceri, in campi per i prigionieri politici, che pare siano sette, e campi di rieducazione, tra i 15 e i 20. Si stima che i detenuti politici attualmente siano compresi tra i 150000 e i 200000. Prigionieri e guardie scappati da questi luoghi li descrivono come veri e propri campi di concentramento, con alte percentuali di detenuti morti ogni anno.
A Yodok, per esempio, sono frequenti le esecuzioni sommarie dinanzi agli altri detenuti. Chi non sopporta la vista dell'esecuzione(spesso tramite fucilazione) e protesta viene ucciso. Chi tenta di fuggire o viola le regole del campo(per esempio per aver rubato cibo) è sempre punito con la morte. Inoltre, spesso i detenuti sono costretti, appositamente, a lavori impossibili, in modo tale da poterli punire e diminuire la loro razione di cibo, condannandoli alla morte per fame. Chi viene rilasciato, è condannato a morte se rivela i segreti del campo. Come testimoniato da altri prigionieri e guardie, simili situazioni si ripropongono anche negli altri campi per prigionieri politici. Sui campi di rieducazione, invece, le informazioni sono meno precise.
È evidente, in ogni caso, come le esecuzioni siano decine, o peggio centinaia all'anno, a causa della loro sistematica frequenza e soprattutto dei futili motivi per cui sono comminate. Nel campo di Kaechon una bambina di 6 anni è stata uccisa per aver rubato 5 chicchi di grano. Ciò prova, insieme a numerosi altri casi resi noti dai pochi testimoni, che siano normali anche le esecuzioni di minori.
Più recentemente, la pena di morte o la condanna ai lavori forzati sono state minacciate a chi utilizzi il cellulare, specie in pubblico, nel periodo di lutto successivo alla morte del dittatore Kim Jong-il, avvenuta il 17 dicembre 2011. Tale periodo dura 100 giorni a decorrere dal 17 dicembre, ed in questo lasso di tempo l'uso del cellulare è considerato crimine di guerra. L'intento è quello di evitare il diffondersi all'estero di notizie destabilizzanti, in un momento delicato per il regime. "

Allucinante, non si può dire altro. Eppure di questo paese lager, di questa mostruosità degna di Orwell, nessuno parla. Un politico italiano che a suo tempo appoggiò il governo Prodi: il comunista Marco Rizzo, ha più di una volta espresso “solidarietà” al regime comunista nord coreano.
E gli organismo internazionali, le associazioni non governative che “difendono i diritti umani” con chi se la prendono in continuazione? Con la Corea del Nord? No, ovviamente, per loro il grande violatore dei diritti umani è... lo stato di ISRAELE.
E nessuno grida “VERGOGNA” riferendosi ai nord coreani che soffrono la fame quasi quanto gli africani, ed in più se la devono vedere con i plotoni di esecuzione. La sensibilità degli occidentali “buoni” è molto... variabile. La loro stupidità invece no. Non varia mai, cresce sempre.

giovedì 5 dicembre 2013

MAGGIORITARIO, PROPORZIONALE

A volte le parole hanno un senso.
Una legge elettorale maggioritaria mira ad una cosa, molto precisa: dalle elezioni deve emergere UNA MAGGIORANZA. In ogni collegio chi vince “prende tutto”. Poi si fa la somma dei vincitori e si stabilisce chi ha la maggioranza. Se per caso i due partiti (col maggioritario è quasi impossibile che a concorrere con possibilità di successo siano più di due) sono alla pari, o si fa una “grande coalizione”, o si torna a votare, senza giochini vari, senza governi tecnici o del presidente, o balneari o di scopo. Punto e basta.
Una legge elettorale proporzionale invece mira ad ad assicurare ad ogni forza politica una RAPPRESENTANZA PARLAMENTARE proporzionale ai voti ottenuti. Dalle elezioni non emerge una maggioranza, essa si forma successivamente alle elezioni, in seguito alle trattative fra i partiti condotte sotto la regia del capo dello stato. I partiti ovviamente prospettano agli elettori i loro programmi e le loro alleanze, ma questo non è in nessun modo vincolante per il dopo elezioni.
La nostra costituzione è interamente e coerentemente disegnata sul proporzionale. Le funzioni attribuite al capo dello stato, ad esempio, le procedure per affrontare le crisi di governo, le consultazioni con le varie forze politiche, i mandati, più o meno “esplorativi” sono in perfetta sintonia con la filosofia del proporzionale.
Non mi interessa qui cercare di stabilire quale tipo di filosofia politica sia la migliore, ma solo di sottolinearne la radicale diversità. In un paese in cui vige il proporzionale non ha senso fare le primarie, decidere chi è il candidato premier e cose simili. Allo stesso modo in un paese in cui vige il maggioritario sono insensate le “consultazioni” del capo dello stato i “mandati esplorativi”, i "governi del presidente" et similia.
In Italia invece siamo riusciti a tirare aventi per 20 anni in un a situazione del tutto paradossale. La struttura istituzionale è restata legata al proporzionale anche in presenza di leggi elettorali maggioritarie. Soprattutto abbiamo avuto, ed abbiamo, un capo dello stato che dispone di amplissimi poteri ”arbitrali” del tutto incompatibili con la filosofia del maggioritario. Un uomo formalmente “al di sopra delle parti” ma in grado di giocare un ruolo politico di primo piano, senza disporre di alcun mandato popolare. Val la pena di sottolineare che il potere quasi assoluto che ha il capo dello stato in materia di convocazione delle elezioni è del tutto in contrasto con la filosofia del maggioritario. Dove vige il maggioritario se una maggioranza va in crisi si torna al voto, senza tante storie.

Ieri la consulta ha dichiarato incostituzionale il “porcellum”. Se vogliamo essere seri dobbiamo dire che ogni legge elettorale maggioritaria è, nella sostanza, profondamente incostituzionale. Quando, una ventina di anni fa, si è scelto il maggioritario si sarebbe dovuto subito provvedere a riformare, ed in profondità, la costituzione. Non lo si è fatto ma si è continuato a sparar palle sulla “costituzione più bella del mondo”. Ora se ne pagano le conseguenze.
Molti urlano a gran voce che dopo la sentenza della consulta il parlamento è fuorilegge e che parimenti fuorilegge sono tutte le delibere e le leggi emanate dal governo Letta. Si tratta, giuridicamente parlando, di una forzatura. Sono sette anni che il “porcellum” è in vigore. Se davvero la sua dichiarata incostituzionalità rendesse nulle tutte le leggi emanate dai parlamenti eletti col porcellum ci troveremmo di fronte ad un vuoto legislativo pauroso. In realtà nessuna legge è retroattiva, tranne, pare, la “Severino”, specie se applicata a Silvio Berlusconi. Le sentenze della consulta portano al decadimento di una legge, non di tutto ciò che in precedenza quella legge ha reso possibile.  
Resta però il fatto che non si vede come sia possibile continuare a governare forti di una maggioranza frutto di una norma dichiarata incostituzionale. Soprattutto, non si vede come possa far finta di niente il PD che ha sempre fatto della consulta e delle sue decisioni una sorta di tabù intoccabile, qualcosa che non si può criticare, mai, in nessun caso. La maggioranza bulgara di cui in PD dispone alla camera è un regalo del “porcellum”, un regalo incostituzionale. Renzi può mostrare i muscoli finché vuole ricordando a tutti che il PD dispone di 300 deputati: sono deputati taroccati, lo ha detto la consulta al cui cospetto ogni membro del PD è da oltre venti anni abituato a genuflettersi. Di fatto le elezioni sono più vicine, e la cosa non è negativa, a mio parere.

Un'ultima considerazione. Ancora una volta la magistratura ha assunto un ruolo politico di primo piano. Non so quali siano i fini politici dei giudici costituzionali, personalmente non credo che agiscano mossi solo da asettiche finalità giuridiche. Forse pensano che una nuova legge elettorale sia la priorità assoluta, forse intendono spingere nel senso di un ripristino del proporzionale, timorosi che, andando avanti col maggioritario, a qualcuno venga in mente di riformare seriamente una costituzione che fa acqua da tutte le parti, magari di ridiscutere lo stesso ruolo della consulta. Sta di fatto che le scelte politiche vere si fanno ormai, tutte, fuori dal parlamento. E' un segno dei tempi.

domenica 1 dicembre 2013

MAXIMILIEN ROBESPIERRE E I SUOI TARDI EPIGONI



Ritengo sia più che mai attuale esaminare il discorso che Maximilien Robespierre pronunciò alla Convenzione il 3 dicembre 1792.Oggetto del discorso: la sorte di Luigi  sedicesimo, o Luigi Capeto.

Luigi non è imputato” afferma l'incorruttibile, “e voi non siete dei giudici; voi siete e non potete essere altro che uomini di Stato e rappresentanti della nazione. Non dovete emettere una sentenza a favore o contro un uomo: dovete prendere una misura di salute pubblica, dovete compiere un atto di provvidenza nazionale

Il processo a Luigi Capeto non mira a stabilire la colpevolezza o la innocenza di un uomo. Non mira a stabilirla in relazione a nessuna legge, neppure alle leggi che la Francia rivoluzionaria si è data. Non si tratta di stabilire se Luigi sia colpevole di aver violato le leggi della Francia repubblicana, se abbia commesso qualcosa che i legislatori repubblicani hanno definito “crimine”. No, Luigi Capeto va eliminato perché la sua stessa esistenza è un pericolo per la nazione. Quello che si sta celebrando davanti alla convenzione non è un processo, è un atto di salute pubblica.
Prosegue Robespierre:

Luigi non può dunque essere giudicato: è già giudicato. O egli è già condannato, oppure la repubblica non è assoluta. Proporre di fare il processo a Luigi XVI in questa o quella maniera, vuol dire retrocedere verso il dispotismo monarchico e costituzionale; è un'idea controrivoluzionaria, poiché mette in discussione la rivoluzione stessa. In effetti se Luigi può essere ancora oggetto di un processo, Luigi può essere assolto; può essere innocente. Cosa dico? È supposto innocente fino a che non sia stato giudicato. Ma se Luigi viene assolto, se Luigi può essere supposto innocente, che ne è della rivoluzione? Se Luigi è innocente, tutti i difensori della libertà diventano dei calunniatori.

Se Luigi Capeto viene processato, può essere ritenuto innocente, anzi, deve essere ritenuto innocente sino al momento della eventuale condanna, così argomenta Robespierre, che, va notato, prende talmente sul serio la presunzione di innocenza da considerarla un pericolo per la rivoluzione. Ma se Luigi Capeto è innocente è la rivoluzione ad essere colpevole. Processandolo la rivoluzione processa se stessa e questo è assolutamente inammissibile; quindi Luigi Capeto non deve essere condannato, non deve esserlo perché non deve neppure essere processato, deve solo morire.
La logica di Robespierre è tagliente come la lama della ghigliottina che usò in maniera tanto massiccia. Però, la logica garantisce solo la coerenza, non la verità, meno che mai la moralità. “Tutti gli uomini sono immortali, Socrate è un uomo, quindi Socrate è immortale” è un sillogismo perfettamente coerente dal punto di vista logico, ma è anche falso. La logica di Robespierre è stringente, ma parte da una premessa assolutamente inaccettabile che inficia, radicalmente, tutto il suo discorso. Quale è questa premessa? Semplice: per Robespierre la rivoluzione è un assoluto, qualcosa che viene prima di tutto e non deve giustificarsi di fronte a nulla, neppure di fronte ai principi ed ai valori che essa stessa sostiene. Non è vero che la rivoluzione è buona perché sostiene ed applica certi valori che gli esseri umani considerano buoni: libertà, uguaglianza, fraternità, ad esempio. No, sono questi valori ad essere buoni perché la rivoluzione è buona.
La logica di Robespierre,  spietata, tagliente, è la tipica logica del fanatico, assolutamente convinto che tutto, ma proprio tutto, possa essere sacrificato alla realizzazione dell'assoluto in cui crede. La rivoluzione non è per lui un mezzo per realizzare certi fini, certi valori; è un fine, meglio, il fine supremo di fronte a cui tutti gli altri fini decadono al rango di semplici mezzi. Le stesse leggi emanate in nome della rivoluzione, la stessa costituzione rivoluzionaria, non contano nulla di fronte alle esigenze della “Rivoluzione”.

Io ho chiesto l'abolizione della pena di morte all'assemblea che chiamate ancora costituente” continua Robespierre, ”Ma quando si tratta di un re detronizzato nel cuore di una rivoluzione tutt'altro che consolidata dalle leggi, (...) questa crudele eccezione alle leggi ordinarie che la giustizia ammette può essere imputata soltanto alla natura dei suoi delitti. Io pronuncio con rincrescimento questa fatale verità.

La pena di morte contraddice ai principi di cui la rivoluzione si è fatta sostenitrice, ma può essere applicata se si tratta di difendere la rivoluzione dai suoi nemici. E come può essere applicata? Stabilendo di volta in volta se Tizio, Caio o Sempronio sono colpevoli di qualcosa? Stabilendo almeno se sono “davvero” nemici della rivoluzione? No, perché cosi facendo la rivoluzione rischierebbe di mettere in gioco se stessa. Può essere applicata come strumento di salute pubblica. Sarà la forza, meglio, la pura e semplice violenza a stabilire chi dovrà morire perché la “rivoluzione“ viva. La rivoluzione diventa in questo modo una idea astratta, una sostanza metafisica del tutto scissa dalle esigenze, dai valori, dagli interessi degli esseri umani in carne ed ossa. Non è la rivoluzione a servire gli uomini, sono gli uomini a servire la rivoluzione. Ed in effetti nel corso della storia a questa idea astratta saranno sacrificate vite umane in quantità industriali.
Luigi Capeto, e dopo di lui Maria Antonietta,  verranno ghigliottinati perché le loro vite rappresentavano un “pericolo per la rivoluzione”. Ma ben presto saranno gli stessi rivoluzionari a diventare “pericolosi” per la "rivoluzione”.  I Girondini e gli arrabbiati, la destra e la sinistra estrema usciranno di scena a colpi di decapitazioni. Danton, Desmoulins, Hebert e tanti altri saliranno la scala che conduce alla fredda lama della ghigliottina. Alla fine sarà la testa dello stesso Robespierre ad essere troncata dal corpo.
Una volta che la rivoluzione sia stata sostantificata, e che il principio della responsabilità personale sia stato abbandonato e sostituito da quello della “oggettiva pericolosità sociale”, tutto è possibile; ogni arbitrio, ogni delitto possono diventare prassi quotidiana.
La tragica esperienza del comunismo ha portato alle estreme, parossistiche, conseguenze le affilate argomentazioni di Robespierre. La “giustizia rivoluzionaria” ha distrutto interi strati sociali, etnie, popolazioni che collettivamente costituivano “pericoli” per la rivoluzione. E gli individui di volta in volta identificati come “pericolosi” non sono stati solo uccisi. La loro morte morale ha preceduto quella fisica. Danton è salito al patibolo a testa alta, la leggenda dice che abbia pronunciato la frase “tu mi seguirai Robespierre” mentre passava di fronte alla casa dell'incorruttibile. Per i vari esponenti della vecchia guardia bolscevica fatti massacrare da Stalin il destino è stato ben diverso. Prima di essere ammazzati hanno “confessato” crimini nefandi, si sono “volontariamente” cosparsi di fango. Hanno perso la dignità prima della vita. Anche questo era necessario alla “Rivoluzione”.

Italia, 30 Ottobre 2011. Antonio Ingroia, magistrato, interviene al congresso del Partito comunista d'Italia. Che un magistrato in carica intervenga al congresso di un partito politico, a maggior ragione di un partito che si dichiara nemico dell'ordine costituito, lo stesso che la legge deve tutelare, è fatto abbastanza anomalo, quanto meno nei paesi in cui il diritto è una cosa seria. In quella occasione  Ingroia disse: “Un magistrato deve essere imparziale quando esercita le sue funzioni,  e non sempre certa magistratura che frequenta troppo certi salotti e certe stanze del potere lo è, ma io confesso, non mi sento del tutto imparziale, anzi, mi sento partigiano. Partigiano non solo perché sono socio onorario dell’Anpi, ma sopratutto perché sono un partigiano della  Costituzione. E fra chi difende la Costituzione e chi quotidianamente cerca di violarla, violentarla, stravolgerla, so da che parte stare”.
Ingroia qui non afferma di essere partigiano come privato cittadino, tutti abbiamo diritto, come privati cittadini, di essere “di parte”, si riferisce, al suo ruolo di magistrato, polemizza addirittura con “certa magistratura” che frequentando le stanze del potere, è parziale, per lui, dalla parte sbagliata. Il magistrato però, in quanto magistrato, deve solo applicare le leggi. Se Tizio è accusato di furto il magistrato deve esaminare i fatti ed appurare se esistono a carico di Tizio prove sufficienti a farlo condannare. Che Tizio ami la costituzione o non la ami, che sia un politico che vorrebbe modificarla radicalmente o uno che non vorrebbe cambiarne neppure una virgola, non deve avere alcuna rilevanza quando si  tratta di stabilire se Tizio è o non è colpevole di furto. Dalle parole di Ingroia emerge invece una concezione ben diversa del ruolo del magistrato. Ben prima di appurare i fatti e valutare le prove compito del magistrato è “difendere la costituzione”. Una volta che il magistrato abbia stabilito, a suo insindacabile giudizio, che Tizio è un “nemico della costituzione” egli, a piena ragione, non è più imparziale nei suoi confronti, lo considera uno che vorrebbe “violare, violentare, stravolgere” la costituzione “più bella del mondo”, quindi un nemico della democrazia. Se un magistrato che si dichiara “partigiano” e il cui compito è la “difesa della costituzione”, si trova a dover decidere se Tizio, nemico della costituzione, è o non è un ladro, in base a cosa deciderà? In base allo prove relative al furto, o in base alla sua dichiarata partigianeria politica? E' o non è lecito sospettare che un simile magistrato userà l'indagine sul furto come un'arma per colpire chi considera un nemico della costituzione, quindi della democrazia, della giustizia, e chi più ne ha più ne metta? La domanda è piuttosto retorica, lo ammetto.

Dalle parole di Ingroia emerge la stessa concezione di Maximilien Robespierre. Il giudice non è chiamato ad appurare imparzialmente le responsabilità personali di Tizio o Caio, ma ha il compito di colpire i nemici di un certo ordinamento, di una certa costituzione. Nel processo a Luigi Capeto Robespierre assolve a questa funzione direttamente: non accusa Luigi di furto o corruzione, dice chiaramente che va eliminato perché è stato re. Ma già con Danton si comporta diversamente. Danton sarà accusato di “corruzione” (guarda un po'...)  e mandato alla ghigliottina dopo un processo farsa in cui però il grande oratore aizzerà la folla contro i suoi giudici partigiani, mettendoli spesso in difficoltà. L'accusa di corruzione era un mero pretesto, ovviamente, anche se in effetti pare che Danton amasse gli agi del bel vivere.
E, esattamente come Robespierre viola i principi della rivoluzione francese in nome della “difesa della rivoluzione”, Ingroia, teorizzando la parzialità del giudice, viola i principi di quella costituzione di cui pensa di essere il più strenuo difensore. Il secondo comma l'articolo 111 della costituzione dichiara infatti: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.” Non si potrebbe concepire qualcosa di più lontano dalla teorizzazione della partigianeria del magistrato. Ma, tutto questo non preoccupa un “magistrato partigiano”: se violare la costituzione serve a difenderla egli non avrà dubbio alcuno sulla scelta da fare.

Antonio Ingroia non è affatto una eccezione, è diverso da tanti altri perché ha, se non altro, l'onestà di esporre chiaramente il suo pensiero. C'è chi ha affermato che ogni confronto fra il giustizialismo diffusissimo nel nostro paese e il giacobinismo è insensato. Col giacobinismo il potere politico  usava ai suoi fini i magistrati, i magistrati italiani invece rivendicano con forza la loro autonomia dal potere politico. C'è un pizzico di verità in questa affermazione. Nella Francia giacobina il potere politico si sostituiva ai magistrati, nella Italia di oggi la magistratura tenta di sostituirsi (con ottimo successo) al potere politico. L'essenza del giacobinismo però non è costituita, come fanno finta di credere i giustizialisti meno stupidi, dalle “pressioni” politiche sulla magistratura. Questa essenza è costituita dalla politicizzazione della giustizia, e per politicizzazione della giustizia non deve intendersi solo il fatto che la giustizia favorisca questo o quel partito. No, la giustizia si politicizza quando si pretende di risolvere giudiziariamente i problemi generali della società, quando inchieste, processi e carcere servono non per punire i reati eventualmente commessi da Tizio e Caio, ma, come ebbe a dire tempo fa un noto magistrato di "mani pulite", per "rivoltare la società come un calzino". Che ad usare la giustizia a fini politici siano i politici  o gli stessi magistrati è tutto sommato la cosa meno importante.

Indipendentemente da ogni ulteriore considerazione sul ruolo politico della magistratura, ad impressionare è il numero sempre maggiore di novelli Robespierre che circolano oggi nel nostro povero paese. Siamo letteralmente circondati da branchi di fanatici pronti a presentare le proprie idee, o i valori in cui credono, come nuovi, indiscutibili assoluti. Che si tratti di ecologisti mistici o di strenui difensori del sacro dovere di pagare le tasse, di fanatici dell'onestà o di angioletti che, traboccanti bontà, son pronti ad accogliere nel nostro paese tutti gli sventurati del pianeta, la musica non cambia: la affermazione di certi ideali e di certi valori è il fine supremo, da realizzare senza guardare in faccia nessuno, costi quel che costi. E chi, timidamente, invita a tener conto anche di altre esigenze, di altri valori, a valutare le conseguenze di una applicazione estremistica di certe visioni del mondo, viene subito bollato come un essere malvagio, un uomo egoista, che pensa solo al suo miserevole tornaconto personale, in breve un uomo da isolare, controllare, reprimere. E se anche la stragrande maggioranza degli esseri umani fosse composta da malvagi di tal fatta le cose non cambierebbero affatto. Perché, come per Robespierre, per i nuovi fanatici, idee e concezioni del mondo non servono agli uomini, ma gli uomini servono alle idee ed alle concezioni del mondo. Ed esattamente come accadeva per la giacobina “virtù rivoluzionaria”  ai nuovi ideali assoluti si possono sacrificare gli esseri umani, senza riguardo alcuno. 
In una cosa però i nuovi fanatici differiscono da Maximilien Robespierre. Non hanno la tragica, cupa grandezza dell'incorruttibile, non ne posseggono la logica spietata, la coerenza, il coraggio. Sono, insomma degli uomini piccoli, come piccoli sono, in fin dei conti, i loro ideali. Libertè, egalitè, fraternitè sono state sostituite da: pagare le tasse! Consumare meno acqua! Presentare tutte le ricevute per i rimborsi elettorali! Arrestare Berlusconi! La virtù rivoluzionaria si è trasformata in radicalismo da salotto, buonismo ipocrita, odio livido nei confronti di un uomo. Robespierre suscitava terrore, i vari Santoro, Flores D'arcais, Travaglio solo uno scoramento infinito, ed un certo senso di nausea.

mercoledì 27 novembre 2013

LA DECADENZA

manifestazione forza italia (11)


Ci sono riusciti, finalmente. Dopo venti anni, una quantità industriale di inchieste, processi, intercettazioni, can can mediatici, finalmente Berlusconi è fuori dal parlamento, sconfitto, umiliato. Se ne sono fregati dei milioni di cittadini che Berlusconi lo hanno votato: sono tutti criminali in formato minore, per i tipi come Santoro o Rosy Bindi. Hanno fatto di tutto pur di ottenere questa vittoria, compresa la applicazione retroattiva di una legge di dubbia costituzionalità e la modifica dei regolamenti parlamentari, ma alla fine ci sono riusciti! Bravi!!
Non mi interessa tornare per l'ennesima volta sulle vicende giudiziarie del cavaliere. Su quelle la gran maggioranza degli italiani si divide in due grandi categorie: i garantisti ed i forcaioli. Per i primi le mie parole sono superflue, per i secondi inutili.

Berlusconi ha detto che la sua eliminazione politica (solo politica?) è un golpe. Sbaglia. Il vero golpe è iniziato in Italia venti anni fa, quando d'improvviso i magistrati si sono accorti che nel nostro paese esisteva la corruzione (ma guarda un po'!), e questa “scoperta” ha portato alla eliminazione di tutti i principali partiti italiani, tutti tranne uno. L'eliminazione del cavaliere cambia però le cose, le cambia molto, e in peggio.
Da oggi la politica è più che mai ostaggio delle procure. Chi sgarra rischia. Ci provi Renzi a “riformare la giustizia”! Per far fuori un ragazzotto chiacchierone come lui di certo non ci vorrebbero venti anni.
Da oggi l'Italia è più che mai una repubblica presidenziale. Il governo Letta è in realtà il governo Napolitano: mai si era visto un capo dello stato intervenire tanto spesso, e tanto pesantemente, nelle vicende politiche. Nulla di male, sia chiaro, personalmente sono favorevole al presidenzialismo. Però, nelle repubbliche presidenziali sono gli elettori ad eleggere il capo dello stato, e questo non si presenta, non pretende di essere, l'arbitro imparziale, l'uomo al di sopra delle parti.
Da oggi l'Italia è più che mai sotto il controllo dell'Europa. Non saranno certamente i belati di Letta sulla necessità di “coniugare austerità e sviluppo” a rendere meno rigidi i vincoli che dobbiamo subire da parte dell'unione europea.

Il nuovo centro destra ha votato contro la decadenza. Gran sforzo! Al punto in cui erano arrivate le cose avrebbero potuto anche votare a favore. Votare sulla decadenza di un leader come Berlusconi non è come votare su un emendamento ad una leggina qualunque. Dire: “VOTO NO” e poi lasciare che le cose vadano come devono andare equivale a votare SI, salvo cercare di salvarsi l'anima, e la faccia, di fronte ai propri elettori. I casi sono due: o Berlusconi è il criminale che dicono i vari Travaglio e compagnia, ed allora era sacrosanto votare la sua decadenza, o è vittima di una persecuzione giudiziaria ventennale, ed allora votare contro la decadenza e poi riprendere amorevolmente a collaborare con chi lo ha fatto fuori è pura ipocrisia.
Stamattina ho sentito per pochi minuti (è il massimo dei dibattiti televisivi che reggo) Gaetano Quagliariello. “La prescrizione ci sarebbe stata comunque, ha detto, in seguito alla sentenza della magistratura, sentenza ingiusta ma di cui dobbiamo comunque tener conto”. Quagliariello ha ragione: la decadenza ci sarebbe stata comunque, perché allora anticiparla? Il motivo è semplicissimo, e stupisce che Quagliariello non lo capisca (in realtà fa finta di non capirlo). A gran parte della base del PD, quella, assai numerosa, ammalata di giustizialismo forcaiolo, la decadenza di Berlusconi per via giudiziaria non bastava, doveva esserci un atto politico che cacciasse Berlusconi dal senato. Il PD è tallonato dai grillini che lo accusano di essere “PD meno elle”, un partito quasi “filoberlusconiano”, e una bella fetta della base del PD è sensibilissima a questo tipo di “argomentazioni” (si fa per dire). A quella base il PD doveva offrire la testa del cavaliere. Bersani ed Epifani, Renzi e Cuperlo dovevano dimostrare a tutti i giustizialisti, i forcaioli e gli imbecilli di cui non intendono perdere il consenso di non essere secondi a nessuno nella difesa della cosiddetta “legalità”, cioè del più bieco giustizialismo. I dirigenti del PD sono quasi comprensibili, in fondo: fanno quelli che sono, o credono siano, gli interessi del loro partito. Che però persone come Alfano e Cicchitto, Schifani e Quagliarello li assecondino è leggermente indecente!

E ora cosa succederà? Non lo so. La eliminazione parlamentare del cavaliere non coincide necessariamente con la sua eliminazione politica. Del resto, Berlusconi non è solo: gli altri due leader della politica italiana (Grillo e Renzi) sono fuori dal parlamento, e fuori sono pure Vendola e Maroni. Questo però rende la situazione più pericolosa per il cavaliere. Se decide, come sembra abbia fatto, di continuare a lottare, e forse, vista l'età ed il logoramento, non si tratta di una buona decisione, deve mettere nel conto la possibilità di finire in galera, e di restarci. Se la eliminazione parlamentare di Berlusconi non coinciderà con la sua fine politica i suoi nemici alzeranno la posta. Sbatterlo in carcere, fargli arrivare altre condanne per totali dieci, quindici anni sarebbe l'ideale per eliminarlo una volta per tutte. I forcaioli rischiano, ovviamente, percorrendo una simile strada. In un paese in crisi verticale come l'Italia di oggi non è intelligente tirare troppo la corda. Ma, raramente i forcaioli hanno il dono dell'intelligenza.

La decadenza di Berlusconi ha un lato positivo, in fondo. Elimina tutti gli alibi, mette tutti di fronte alle loro responsabilità. Ora non è più possibile incolpare di tutto il cavaliere. Ora chi subisce i morsi della crisi, i giovani che non trovano lavoro, i genitori che per dare una mano ai figli devono intaccare i loro risparmi o, peggio, indebitarsi, i lavoratori che con lo stipendio in euro che prendono arrivano si e no a metà mese, ora tutti questi non potranno più dire: “è colpa di Berlusconi”. Ora, forse, i giustizialisti forcaioli o almeno, i meno stupidi fra loro, cominceranno a capire che non si può mangiare l'odio.

martedì 26 novembre 2013

LEGALITA'




Legalità
non significa altro che conformità alle leggi. Agisce legalmente chi ubbidisce alle leggi vigenti. Si tratta di un valore importante: nessuna società potrebbe vivere se chiunque si ritenesse in diritto di violare la legge. Il termine legalità però ha subito e subisce notevoli torsioni di significato, tali da renderlo praticamente incomprensibile. In Italia, fra coloro che più spesso strillano “legalità” ci sono moltissimi comunisti o post comunisti. Ora, tutti sanno che per il marxismo la legge altro non è che “uno strumento al servizio delle classi dominanti”. Come è possibile che fra i paladini più accesi della “legalità” ci sia chi sostiene che la legge altro non è che uno strumento padronale? Val la pena di approfondire la cosa.
Il termine legalità è distorto nel suo significato sia da chi assolutizza il valore della legalità, che da chi si erge a suo paladino in maniera del tutto impropria ed ipocrita.

Assolutizzazione.
La legalità è un valore importante, ma non è l'unico valore, né un valore assoluto. Il fatto che la legge preveda X non implica necessariamente che X sia buono e giusto. Certo, si deve rispettare anche una legge che si ritiene ingiusta, ma una cosa è il rispetto per la legge, cosa ben diversa spacciare per giusta e conforme alla morale ogni legge a cui si è tenuti ad ubbidire.
A volte ci si può trovare di fronte a leggi che si ha il dovere etico di non rispettare. Anche le leggi di Norimberga erano leggi, e lo erano le ignobili leggi razziali del 1938, non rispettarle era un dovere morale.
Molti cercano di celare il fatto inquietante che a volte la legge può non solo essere una cattiva legge, ma addirittura una legge immorale, teorizzando che sono "vere" leggi solo quelle che rispettano certi principi: equità, difesa dei più deboli, uguaglianza eccetera (stranamente è assai raro trovale la libertà fra questi principi...). Si tratta però solo di un escamotage da quattro soldi. Visto che a volte legge ed etica possono divergere si dichiara che è “vera legge” solo quella che rispetta certi principi etici. Ragionando in questo modo si potrebbe dire che è “vera etica” solo quella che è conforme a certe leggi. Coloro che pretendono di considerare “vere leggi” solo quelle che rispettano certi principi non fanno altro che contrapporre alla legislazione positiva delle norme etiche. Il possibile contrasto fra le leggi e i principi etici non viene superato dalla teorizzazione della “vera legge” da contrapporre alla legislazione vigente. Con i giri di parole non si risolve nulla.

Ipocrisia e strumentalizzazione
.
Chi teorizza la “vera legge” da contrapporre, nel caso, alla legislazione positiva non risolve alcun problema teorico, ma si dota a volte di una formidabile arma di
polemica politica. Visto che è “vera legge” solo quella conforme a certi principi, il teorico della “vera legge” può difendere tutte le illegalità che vuole. Gli basta stabilire i principi cui la legislazione positiva “deve” adeguarsi e poi, in nome di questi, può difendere ogni illegalità strillando nel contempo”legalità, legalità”.
Essere nella legalità vuol dire, ad esempio, accogliere i “migranti”. Così è possibile violare la legge sulla immigrazione clandestina sventolando striscioni che inneggiano alla legalità. Essere per la “legge” vuol dire opporsi alla TAV, così si può impedire con la violenza la costruzione di una ferrovia ed essere nel contempo i paladini di una rigorosissima legalità. Si potrebbe continuare. I paladini ipocriti della “legalità” non cercano in realtà di conciliare legge ed etica, molto semplicemente considerano le loro proposte politiche quanto di più assolutamente etico si possa immaginare e pretendono poi di considerare “legale” solo ciò che si accorda con queste proposte. Si eguaglia la morale ad una certa politica, quasi sempre di estrema sinistra, e si pretende che sia autentica legge solo quella in sintonia con tale politica. Da "principio supremo" del vivere civile la legalità degrada a strumento di lotta politica. Questo svela il mistero di comunisti e post comunisti paladini della “legalità”.

L'Italia pullula di paladini della legalità. Però, viene fatto un
funerale di stato per dei clandestini che hanno trovato tragica fine mentre stavano commettendo una palese illegalità. Giusto piangerli, ma onorarli con esequie di stato vuol dire fare un monumento alla illegalità.
Da anni gruppi di violenti si oppongono alla costruzione di una linea ferroviaria, commettendo ogni forma di illegalità. Nessuno li persegue.
Ogni manifestazione di
NO GLOBAL finisce a botte. Auto bruciate, vetrine fracassate, assalti ai bancomat. Non uno dei violenti è mai stato condannato, che io sappia, a pagare anche solo una multa.
Carlo Giuliani ha trovato la morte mentre con tanti altri aggrediva, armato di estintore, un blindato della polizia. E' diventato un eroe. L'agente che per difendersi lo ha ucciso ha dovuto subire una infinità di processi, non è andato in galera ma la sua vita è stata rovinata.
Mi trovavo a Milano, giorni fa. Entro in una stazione della metropolitana e cerco di fare il biglietto ad una macchina automatica. Non posso. Tutto lo spazio davanti alle macchine è occupato da “migranti” che vendono le loro cose. Nessuno di loro ha uno straccio di licenza, nessuno osserva alcuna delle infinite leggi e leggine, norme e contronorme che opprimono tutti gli altri commercianti. Operano alla luce del sole, in assoluta illegalità, nessuno dice loro assolutamente
NULLA. Mi rassegno a comprare il biglietto ad una edicola. Mi metto in coda, un sacco di gente ha dovuto fare come me.

Più di altri l'Italia è il paese della illegalità diffusa, praticata, teorizzata, universalmente accettata. Ed è il paese in cui, più di altri, si strilla, di continuo “legalità”. E' il paese delle giornate della legalità, delle “navi della legalità”, dei cortei per la legalità”. E chi strilla “legalità” sono gli stessi che difendono mille violazioni della legge. Stiamo annegando in un mare di ipocrisia.

sabato 16 novembre 2013

PERCHE' SBAGLIA ALFANO




Non mi interessa stabilire se gli scissionisti del Pdl siano persone per bene o volgari arrivisti, “traditori” o uomini animati dalle migliori intenzioni. Non mi piace la politica urlata, quindi se qualcuno afferma di aver agito in base a certe motivazioni io preferisco credergli, ed analizzare queste motivazioni, vedere se siano o meno fondate, e che rapporto esista, se esiste, fra motivazioni ed atti concreti.
Alfano afferma che mettere in crisi il governo sarebbe un atto di grave irresponsabilità nei confronti del paese. Afferma anche che Berlusconi ha subito una grave ingiustizia ma che sarebbe sbagliato, e irresponsabile, legare le vicende relative alla sua decadenza a quelle del governo. Bene, vediamo di approfondire, per punti.

DECADENZA DI BERLUSCONI.
Ha un senso politico collaborare con chi, detto fuori dai denti, vuole il tuo leader, ed il fondatore del movimento cui cui militi, in galera? Si, in galera perché di questo si tratta: prima passa la decadenza, poi il cavaliere può, o subire un processo di “rieducazione” di sapore maoista, o accomodarsi in carcere. Per quanto tempo? Non si sa, visto che sulla sua testa pendono altri processi, ne ha accumulato una cinquantina da quando è in politica, più lui di Al Capone, Vito Genovese, Lucky Luciano, Totò Riina , Graziano Mesina e Salvatore Giuliano messi insieme.
Si potrebbe obbiettare che i processi al cavaliere riguardano la magistratura, non il governo, e che sarebbe sbagliato legare la vita dell'esecutivo alle decisioni dei magistrati. Però, le cose sono un po' diverse. La decadenza di Berlusconi non riguarda i magistrati: sono i senatori che dovranno decidere se applicare a Berlusconi la legge Severino e in questo, una volta tanto, i magistrati non c'entrano per niente. Il PD vuole che la “Severino” venga applicata retroattivamente al cavaliere, e per non andare incontro a brutte sorprese, ha addirittura modificato i regolamenti parlamentari introducendo, per la prima volta, il voto palese su una questione che riguarda il destino di una persona. Uno strappo senza precedenti, uno strappo politico, motivato dal persistere nel PD di una fortissima mentalità forcaiola. Queste cose Alfano non può ignorarle.

LA GIUSTIZIA.
Berlusconi ha subito una grave ingiustizia, afferma Alfano. Sono d'accordo, ma penso sia ora di dire chiaramente che il problema non è, o non è solo, Berlusconi. Il problema è lo stato della giustizia in Italia. Anche se Berlusconi non avesse subito nessuna ingiustizia, anche se la sentenza che lo ha condannato fosse del tutto giusta, la giustizia in Italia resterebbe sempre una gravissima emergenza democratica.
Per essere molto chiari, una sentenza come quella che ha tolto il figlio a due genitori considerati “troppo vecchi” è ancora più ingiusta di quella che ha condannato Berlusconi. Ed altrettanto ingiuste sono la condanna subita da Del Turco e quella che ha colpito i tecnici della protezione civile “rei” di non aver previsto un terremoto. Queste ultime sono sentenze non definitive, forse Del Turco e i tecnici verranno assolti nei successivi gradi di giudizio, si potrebbe dire. E allora? Non è comunque un calvario restare per anni, moltissimi anni, nella condizione di imputato o di indagato? E, quanto costa stare in una simile posizione? Non tutti hanno i soldi di Berlusconi; affrontare le spese relative a processi che si protraggono per una decina d'anni può distruggere finanziariamente un essere umano, per non parlare della sua vita privata, dei suoi affetti, delle sue prospettive lavorative.
In Italia la magistratura tiene sotto controllo la politica da circa venti anni; è un corpo autoreferenziale; caso unico in tutto l'occidente, in Italia i magistrati sono controllati da altri magistrati da loro stessi eletti, per non parlare di tante altre cose: irresponsabilità civile, mancata divisione delle carriere, automatismo delle stesse. Tutti questi sono o non sono
problemi politici, che un governo “di emergenza” ha il dovere di affrontare? Sono o non sono problemi che interessano anche la nostra disastrata economia? Qualcuno pensa davvero che un investitore estero rischierebbe qualcosa in Italia sapendo che il primo magistrato può, dall'oggi al domani, chiudere la sua azienda, bloccare la produzione, impedire la vendita delle merci già prodotte? Non scherziamo...

L'ECONOMIA
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Siamo nel bel mezzo di una crisi drammatica. La ripresa viene rimandata da un anno all'altro e, quando un po' di ripresa arriverà (deve arrivare, se non altro prima o poi le aziende dovranno ricostituire un po' di scorte) è molto dubbio che possa assorbire una decente quantità di disoccupati e dare un po' di sollievo a famiglie ed imprese. Le “ripresine" servono a poco o a nulla: serve una decisa inversione di rotta. E per invertire la rotta non servono i pannicelli caldi, le piccole astuzie, come eliminare una tassa per metterne un'altra, o l'assunzione di qualche precario. Occorre una riduzione drastica della pressione fiscale, una consistente riduzione dell'area della economia assistita, soprattutto, occorre dire di no ai ricatti continui che ci vengono dalla cosidetta “Europa”. All'”Europa” interessa una sola cosa: il “tre per cento”. Se per raggiungerlo l'economia muore la cosa non guasta minimamente i sonni degli euroburocrati. Guasta i nostri, però. Alfano dovrebbe tenerne conto.


I MIGRANTI
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L'immigrazione clandestina è una emergenza prioritaria del paese. Il governo Letta ha fatto una scelta molto chiara in proposito: porte aperte. In nome della “solidarietà” tutti, ma proprio tutti, possono entrare. E' una scelta disastrosa da tutti i punti di vista: economico, sociale, culturale, della sicurezza. Di nuovo, Alfano non può ignorare questa situazione. Personalmente ho considerato “perso” Alfano quando in TV lo ho sentito parlare di “migranti”.

Il governo Letta non è più, se lo è mai stato, un governo di “larghe intese”. Non è un governo di vera pacificazione nazionale, visto che il PD è sempre il partito forcaiolo che conosciamo, e come tale agisce. Non vara provvedimenti, limitati e parziali fin che si vuole, ma che abbiano una qualche presa sulla crisi, si limita a traccheggiare. Le uniche materie in cui il governo appare deciso, determinato sono quelle legate alla sua cultura politicamente corretta: apertura ai “migranti”, leggi sul “femminicidio” e l'“omofobia”. Rompere il Pdl per mantenere comunque in piedi un simile governo è un errore gravissimo, se solo di errore si tratta.

giovedì 14 novembre 2013

MADRE NATURA E GLI IMBECILLI





Potevano mancare le accuse al "capitalismo finanziario" dopo l'uragano che ha devastato le Filippine? No, ovviamente. Ferrero, di rifondazione comunista, ha parlato di "turbocapitalismo" da opporre all'"ecosocialismo", e il governatore della Toscana, Enrico Rossi, ha affermato che

“La mia amara convinzione è che questi eventi devastanti non sono colpa di Dio, ma del capitalismo finanziario, che pur di fare profitti sfrutta e distrugge l'ambiente in cui viviamo”.



Sarebbe fin troppo facile ricordare a questi "diversamente intelligenti" le catastrofi ecologiche provocate dal comunismo, cui vanno  aggiunte altre, immani, catastrofi,  umane, economiche, sociali, culturali e politiche. Non lo faccio. Mi limito a ricordare che il mondo non è un paradiso, non è fatto per l'uomo. La natura, come ci ricorda Schopenhauer, è indifferente ai nostri valori, non si prende cura del nostro benessere, non è una madre benigna. Allego brani presi da Wikipedia riguardanti il fenomeno della glaciazioni, molto vicino al famoso riscaldamento globale. Un tempo tutta la terra era una palla di ghiaccio, e non è detto che non possa tornare ad esserlo. Solo i cretini possono pensare che lo stato attuale del nostro pianeta sia definitivo, e, ovviamente bello, dolce e buono, qualcosa che solo il malvagio "capitalismo finanziario" può rovinare. Le cause dell'alternarsi di gelo e climi miti sono state assolutamente naturali. Lo stesso può dirsi di altri, innumerevoli, fenomeni che per noi sono catastrofici. Piaccia o non piaccia la cosa ai nuovi mistici dell'ambiente, ed agli  imbecilli.


Una glaciazione è una condizione climatica che caratterizza un lungo periodo di tempo della storia climatica della Terra, in cui si registra un forte sviluppo delle coltri glaciali sulla superficie terrestre, dovuto ad un generale abbassamento della temperatura media globale[1].
Più in generale in glaciologia, la scienza che studia i ghiacciai, con glaciazione si fa riferimento ad un periodo di tempo in cui sulla Terra esistono calotte polari cioè in cui i poli sono ricoperti da uno strato più o meno spesso di ghiaccio; secondo questa definizione ci troviamo ancora oggi in un periodo di glaciazioni, in quanto la Groenlandia e l'Antartico sono ancora ricoperte dai ghiacci (in questo senso il termine comprende sia le fasi di avanzamento che di regressione dei ghiacci durante tutta un'Era glaciale).[2]
Più comunemente, quando si parla degli ultimi milioni di anni della Terra, con glaciazioni ci si riferisce all'avanzamento delle calotte polari che caratterizza periodi particolarmente freddi (periodi glaciali) durante i quali le calotte polari si sono estese fino a ricoprire gran parte dell'Europa e del Nord America. In questo senso l'ultima glaciazione è finita circa 10.000 anni fa.
Si ritiene che le glaciazioni avvengano in maniera ciclica durante un'Era glaciale e determinino l'alternarsi di periodi più freddi (Periodi glaciali) e periodi più miti caratterizzati da arretramento dei ghiacci (Periodi interglaciali). Durante gli ultimi milioni di anni ci sono stati molti periodi glaciali, i più antichi hanno avuto una durata di 40.000 anni, i più recenti di 100.000 anni. Questi ultimi sono i più studiati.

Principali glaciazioni

Glaciazioni più antiche

Il periodo di tempo in cui avvengono varie glaciazioni, ravvicinate nel tempo, viene chiamato era glaciale.[9] Pur essendo esistite e individuate almeno cinque ere glaciali nella storia della Terra, quattro sono quelle considerate principali.
Si ritiene che l'era glaciale più antica abbia avuto luogo tra 2,7 e 2,3 miliardi di anni fa all'inizio dell'eone Proterozoico.
L'era glaciale più antica di cui si sia raccolta una buona quantità di documentazione, invece, è datata tra gli 800 e i 600 milioni di anni fa (periodo Cryogeniano). Probabilmente fu l'era glaciale più importante dell'ultimo miliardo di anni. Molti studi suggeriscono che in quel periodo le acque del mare si ghiacciarono fino all'equatore o in prossimità di esso, trasformando la terra quasi in una gigantesca palla di neve.[10]
Una serie di glaciazioni minori si ebbero tra i 460 e i 430 milioni di anni fa, durante l'ultima parte del periodo Ordoviciano.
Si è inoltre registrata una presenza di calotte polari ad intervalli, tra i 350 e i 260 milioni di anni fa, durante i periodi del Carbonifero e del Permiano.

Glaciazioni più recenti

Estensione delle glaciazioni nell'Europa centro-settentrionale: in rosso la glaciazione Würm, in giallo la glaciazione Riss e in blu la glaciazione Mindel.
L'attuale era glaciale è iniziata 40 milioni di anni fa con la crescita della calotta glaciale sull'Antartico, ma si intensificò nel Pleistocene, circa 3 milioni di anni fa, con l'espansione della calotta glaciale nell'emisfero settentrionale. Da allora, vi sono stati dei periodi di glaciazione della durata di 40.000 e 100.000 anni, durante i quali le calotte si sono estese e ritirate ciclicamente.
Classicamente, in Europa, si distinguono quattro periodi glaciali, denominati dal più antico al più recente Günz (da circa 680.000 a 620.000 anni fa), Mindel (da circa 455.000 a 300.000 anni fa), Riss (da circa 200.000 a 130.000 anni fa) e Würm (da circa 110.000 a 12.000 anni fa), separati da tre fasi interglaciali (rispettivamente chiamate Günz-Mindel, Mindel-Riss e Riss-Würm) intercalate tra le quattro glaciazioni e, quindi, il periodo attuale definito “postwurmiano”.
Recenti studi hanno in realtà messo in discussione questa suddivisione, contando fino a 6 e forse 8 periodi glaciali negli ultimi 800.000 anni.
Gli studi storici di climatologia usano chiamare PEG (piccola "era" glaciale) il clima freddo che caratterizzò l'Europa del XVII secolo.

Possibili cause delle glaciazioni

Le cause che durante un' Era glaciale spingono il clima terrestre ad avere cicli di avanzamento e scioglimento dei ghiacci sono ancora oggetto di studio, ma hanno sicuramente un ruolo chiave i cambiamenti periodici dell'orbita terrestre intorno al Sole noti come cicli di Milanković e le variazioni dell'attività solare; tra gli altri fattori considerati vi sono grandi eruzioni vulcaniche e l'eventuale impatto di meteoriti.

Variazioni dell'orbita terrestre

Le variazioni periodiche dell'eccentricità dell'orbita della Terra, dell'inclinazione dell' asse come pure la sua precessione, fenomeni noti nel loro complesso come cicli di Milanković, non sembrano poter essere identificati come fattori scatenanti di una Era Glaciale, quanto piuttosto in grado di influenzare notevolmente il susseguirsi dei periodi glaciali e soprattutto degli interglaciali all'interno di una singola Era glaciale.

Attività solare

L'emissione della radiazione solare, conseguenza dell'attività solare, non ha un andamento costante nel tempo, ma segue dei cicli principali di undici anni ed altri secondari, legati alla variazione del numero delle macchie solari, la cui attività ha un influsso diretto sulla quantità di radiazione inviata verso la Terra e di conseguenza sulla temperatura della superficie terrestre.
Tali variazioni da sole non sono in grado di dare avvio ad una glaciazione propriamente detta, ma possono dare un contributo alla sua intensità e durata quando sono in coincidenza con alcune delle altre possibili cause già evidenziate o al più determinare periodi centenari dal clima terrestre più freddo come ipotizzato per la Piccola era glaciale.

Attività vulcanica e meteoritica

Recenti studi su una delle ultime glaciazioni, avvenuta circa 74.000 anni fa, ipotizzano un'altra teoria sulle possibili cause di una glaciazione. È possibile, infatti, che un'intensa attività vulcanica o anche una pioggia di meteoriti abbiano innalzato una coltre di gas e polveri in grado di respingere molti dei raggi solari, abbassando così la temperatura.





martedì 12 novembre 2013

UN MONDO IPOCRITA E ROVESCIATO

Non esistono prostitute, meglio, quelle che esistono sono, TUTTE, “obbligate” a prostituirsi. La prostituzione esiste da millenni e, secondo i nostri media politicamente corretti, mai, in millenni di storia, c'è mai stata una sola donna che si sia prostituita senza essere stata obbligata da qualcuno. Dobbiamo crederci, se no facciamo la figura dei maschilisti insensibili

Scandalo delle baby prostitute. L'indignazione è generale. Però, vediamo. Tempo fa in Gran Bretagna, se ricordo bene, è passata una legge che consente alle minorenni di abortire anche senza il permesso dei genitori. Negli atri di molte scuole medie europee sono state installate macchine distributrici di profilattici. La Organizzazione mondiale della sanità propone che negli ASILI venga “insegnata” ai bambini la “masturbazione consapevole”. Ogni forma di convivenza fra esseri umani è stata assimilata alla famiglia, il sesso è stato banalizzato, pubblicizzato, spogliato di ogni mistero e di qualsiasi rilevanza esistenziale. Nell'occidente politicamente corretto si è finalmente attuata la speranza di Aleksandra Kollontaj, la bolscevica sessualmente emancipata che teorizzava che far sesso è la cosa più semplice del mondo, “come bere un bicchier d'acqua”. In effetti pare che la stragrande maggioranza degli adolescenti abbiano il primo rapporto sessuale intorno ai quattordici anni. Però, quando si scopre che ci sono ragazzine di quattordici, quindici o sedici anni che fanno sesso per comprarsi abiti firmati o smartphone all'ultima moda, tutti si scandalizzano, FINGONO di scandalizzarsi, e strillano che le ragazzine sono state “costrette”, e organizzano grandi dibattiti in cui filosofi e psicologi, sacerdoti e magistrati, sociologi e politici fanno mostra di grande cultura... ed immensa ipocrisia.

Prima erano “emigranti”, addirittura “clandestini”. Poi sono diventati “migranti”, infine si sono trasformati in “profughi” e “perseguitati politici”. E' molto strano. Dalla Germania di Hitler, e dalla Russia di Stalin, e dalla Cina di Mao, e dalla Cambogia di Pol Pot riuscivano a fuggire col contagocce, invece i “perseguitati politici” che sbarcano a Lampedusa sono autentiche schiere. E poi, i perseguitati che lasciavano la Germania nazista o la Russia comunista odiavano il nazismo ed il comunismo staliniano. Ed amavano le nostre istituzioni, erano felici di poter vivere in paesi liberi e democratici. I “migranti” non sembrano invece amare molto le nostre istituzioni. Vengono da noi e subito chiedono che le nostre istituzioni cambino, polemizzano contro la laicità dello stato e sognano di instaurare, qui, a casa nostra, la sharia. Però i media continuano a parlare di “perseguitati politici” che vengono a casa nostra per poter gustare il sapore della democrazia e della libertà.

Viviamo in un mondo rovesciato, sommersi da una ignobile, disgustosa, melassa di ipocrisia.

LA DIGNITA'




L'enciclopedia Treccani così definisce la dignità:

“La condizione di nobiltà ontologica e morale in cui l’uomo è posto dalla sua natura umana, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a sé stesso. La d. piena e non graduabile di ogni essere umano (il suum di ciascuno), ossia il valore che ogni uomo possiede per il semplice fatto di essere uomo e di esistere è ciò che qualifica la persona, individuo unico e irripetibile. Il valore dell’esistenza individuale è dunque l’autentico fondamento della d. umana.
Secondo Tommaso d’Aquino e la concezione cristiana, la d. dell’uomo sta nel suo essere creato a immagine e somiglianza di Dio e nella sua capacità di orientare le proprie scelte in una continua tensione etica verso Dio. Per I. Kant, la d. dell’uomo sta nel suo essere razionale e capace di vita morale, ed è ciò che gli impone di agire sempre «in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e mai solo come mezzo»”.

L'uomo ha dignità perché è uomo, individuo unico ed irripetibile, persona capace di parlare in prima persona singolare, di avere autocoscienza di se stesso; ente fatto ad “immagine e somiglianza di Dio”, per chi crede, essere razionale capace di giudizi e comportamenti morali per chi, credente o non credente, non ritiene si possa fondare sulla fede l'umana dignità.
E' importante il termine “dignità”, ci rimanda a qualcosa di essenziale, ai fondamenti stessi del nostro essere. Eppure questa parola tanto importante viene oggi sempre più imbastardita, usata in senso del tutto improprio, degradata a puro strumento di propaganda politica. Insomma, anche il termine dignità sta facendo la fine di tanti altri termini degradati ad una mera funzione propagandistica: “pace”, “natura”, “sociale”, “solidarietà”, “legalità”... si potrebbe continuare.

Passeggio per strada. Ad un tratto una locandina attira la mia attenzione. C'è scritto, a lettere cubitali: BELLO E DEMOCRATICO. Sotto, la faccia di Gianni Cuperlo. Beh... a me quella sembra la faccia di uno zombie ma, non pretendo che tutti abbiano i miei gusti. Più interessante quello che sta scritto sotto: “Con Cuperlo per la RIVOLUZIONE DELLA DIGNITA'”. Accidenti! Chi è con Cuperlo è un vero essere umano, un uomo autentico, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, razionale, morale, un uomo che vale, che ha la sua dignità. E gli altri? Quelli che votano per Renzi che sono, mezzi uomini? Non chiedo cosa sia chi ha votato per Berlusconi: un uomo non umano, nella migliore delle ipotesi, l'incarnazione di satana nella peggiore. Va così nel PD, questa è la loro visione della democrazia, il loro concetto di libertà. Il genere umano si divide in angeli e demoni, uomini dignitosi ed alienati ectoplasmi, e i demoni, o i fantasmi alienati, sono sempre gli altri, addirittura gli altri che militano nel loro stesso partito...

Anche altri hanno fatto della dignità la loro bandiera. I NO TAV ad esempio. Ce ne sono molti nel paese dove abito, sono fieramente impegnati contro il terzo valico, una linea ferroviari ad alta velocità. “Blocchiamo la TAV” urlano, “riprendiamoci la nostra DIGNITA'”. Bloccare la costruzione di una galleria equivarrebbe a “conquistare la dignità”, e... perché mai? In tutto il mondo esistono centinaia di migliaia di gallerie, nello stesso paese in cui abito c'è una stazione ferroviaria, e il treno qualche centinaio di metri dopo la stazione si infila in un tunnel. Milioni di persone viaggiano in treno, anche in treni ad alta velocità. Viaggiano su quei treni anche molti NO TAV. Sono tutti esseri umani privi di dignità? Sono non razionali, non morali, non sono fatti ad immagine e somiglianza di Dio ma del demonio? Essere dignitosi vuol dire rifiutare i treni, al massimo si possono accettare quelli che non superano i trenta chilometri orari. Buono a sapersi.

E lottano per la DIGNITA' anche tanti “migranti” che chiedono assistenza e... soldi. Lo stato italiano li deve aiutare, deve dar loro un salario in cambio di nulla, lo chiedono in nome della DIGNITA'. Non è molto dignitoso vivere dell'altrui carità. Si può essere aiutati, in certi momenti, ma l'aiuto deve servire a diventare autonomi, a vivere del proprio lavoro. Questo, il vivere del proprio lavoro, è DIGNITOSO. Pretendere che gli altri ci mantengano, magari a tempo indeterminato, vuol dire riconoscere che LORO sono in grado di mantenersi da soli, e NOI NO e questo NON E' DIGNITOSO, PER NIENTE. Oppure, pretendere che altri ci mantengano vuol dire cercare di sfruttarli, di vivere alle loro spalle. Si trattano gli altri come cose, non come esseri umani, insomma, si OFFENDE LA LORO DIGNITA'.

Si, lo so, sono troppo puntiglioso, prendo troppo alla lettera le parole, mi dilungo sui significati. Sono all'antica, lo ammetto: uso il principio di non contraddizione. Invece ormai, un po' dovunque in occidente e specie in Italia, si può dire, e fare, tutto ed il contrario di tutto. Si possono dire e fare cose indecenti ed affermare che sono cose fatte per “LA DIGNITA'”. Si può strillare “LEGALITA'” nel momento stesso in cui si viola in maniera indecente la legge, si può strillare “LIBERTA'” mentre si teorizza che tutti si possa essere intercettati 24 ore al giorno, e si può lottare per L'OCCUPAZIONE nel momento stesso in cui si teorizza la “decrescita felice”.
E così è possibile, qui da noi, che per “conquistare la DIGNITA'” si debba votare CUPERLO alle primarie del PD. Il futuro è davvero nero.

venerdì 8 novembre 2013

SOLDI PER TUTTI





Grillo vuole il reddito di cittadinanza: seicento auro mensili per tutti. Però... perché seicento? Si potrebbe far cifra tonda e chiederne mille. Ma Mille euro sono pochi, in fondo. Non basta avere garantito il pane, ci vogliono anche le rose. E allora potremmo fare duemila, magari tremila, basta un po' di fantasia.
Dove si trovano i fondi necessari? Dalle “pensioni d'oro” prima di tutto, elementare Watson. Se per “pensioni d'oro” si intendono le pensioni di chi riceve più di quanto ha accumulato nel corso della vita lavorativa, versando i contributi all'INPS, nessuna obiezione. Se si accetta che debbano esserci dei parassiti si può benissimo decidere di regalare soldi a Tizio invece che a Caio, punti di vista. Se però il comico genovese si riferisce a coloro che la pensione se la sono pagata versando per decenni fior di contributi, allora bisogna dire chiaro e tondo che ciò che propone è né più, né meno che una rapina. Grillo proprio non riesce a capire che la pensione è salario differito, soldi che la gente si è guadagnata LAVORANDO; portarglieli via è un FURTO. Non stupisce che Grillo non capisca una cosa tanto semplice: lui non ha mai lavorato.
E poi, si potrebbero reperire molti soldi... rinunciando alla TAV. La TAV costa un sacco, strilla Grillo, interrompiamo i lavori ed avremo una barca di soldi da usare per garantire a tutti il “reddito di cittadinanza”! Grandiosa idea! A pensarci bene anche produrre auto e piatti, abiti e profilattici, libri e polli allo spiedo costa un sacco di soldi! Smettiamola di perdere tempo e denaro in quella cosa brutta, faticosa ed inquinante che è la produzione di beni e servizi ed avremo a disposizione fondi in quantità industriali. Così potremo garantire dei super redditi di cittadinanza a tutti. Che stupidi a non averci pensato prima.
Grillo, e con lui molti altri “diversamente intelligenti”, pensa che se nel monitor del PC io vedo scritto, accanto al numero del mio conto corrente, la cifra 1.000.000 e subito dopo il segno +, che sta per “A CREDITO”, io sono ricco. Il buon uomo non si rende conto che io sono davvero ricco solo se con quel milione di euro posso comprare beni e servizi, e posso comprare beni e servizi solo se qualcuno si è presa, e si prende, la briga di produrli.
Sento già le obiezioni: questa è un'ottica economicista, mercatista, produttivista, insomma, capitalista! Può darsi. L'altra invece è l'ottica degli imbecilli.

giovedì 7 novembre 2013

LA FALLACIA DELLA SOMMA ZERO




Nel suo bellissimo libro “del buon uso del pessimismo” il filosofo e polemista inglese Roger Scruton la chiama, “la fallacia della somma zero”. Di cosa si tratta? E' presto detto. Si tratta del diffusissimo pregiudizio secondo il quale l'attività sociale degli esseri umani sia un gioco a somma zero, una attività cioè in cui i guadagni dell'uno sono compensati dalle perdite dell'altro ed in cui non esistano accordi vantaggiosi per tutti. Secondo questo pregiudizio la radice dei successi di Tizio va cercata negli insuccessi di Caio, la ricchezza di Paolo deriva dalla povertà di Luigi, e così via.
Questo modo di ragionare si basa molto spesso sul tacito presupposto che la ricchezza sociale sia un dato immodificabile, una sorta di forziere in cui è stato depositato un tesoro, e che sia compito “della politica” dividere “equamente” questo tesoro. Che la ricchezza vada prodotta e che occorra trovare gli strumenti per produrne di più, e a costi contenuti, non passa neppure per la testa dei teorici della somma zero. Per loro il vero problema è sempre la distribuzione, mai la produzione dei beni.
I media si fanno di continuo propagandisti della fallacia della somma zero. “Gli stati uniti rappresentano il 5% della popolazione mondiale, ma consumano il 30% della ricchezza mondiale”, a parte le cifre che ho buttato lì a casaccio, quante volte non ci siamo sentiti ripetere questa tiritera da austeri commentatori televisivi? Come sono cattivi gli americani! Il 5% della popolazione mondiale che consuma il 30% della ricchezza... che ingiustizia, che orribile iniquità! Pieni di sacra indignazioni tendiamo a non ricordare che negli Usa si produce il (buttiamo li una cifra) 40% della ricchezza mondiale... chi si indigna dimentica che la ricchezza non è un generoso regalo della natura, che occorre produrla prima di poterla consumare.
 

La stessa filosofia è alla base dell'approccio che molti hanno al problema dei “migranti”. In Africa c'è povertà, si dice, quindi è naturale che gli africani vengano da noi, dove invece (si dice) c'è ricchezza. Di nuovo , la ricchezza, la nostra stavolta, è considerata un dato quasi naturale, qualcosa che aspetta solo di essere consumato. A pochi viene in mente che se non si produce ricchezza in loco, in Africa nel nostro caso, le “migrazioni” avranno il solo effetto di rendere noi poveri come loro.
Una mentalità simile è ben presente nella Chiesa cattolica e nel pensiero del suo massimo rappresentante. Sua santità ama i poveri e chiede per loro lavoro, pane e dignità. Ma non si chiede mai quale sia il sistema socio economico che permette di produrlo, pane, e anche un po' di companatico, a costi contenuti, rendendo così i poveri un po' meno poveri. C'è quasi da sospettare che la scomparsa, o la diminuzione, della povertà lasci in chi ama i poveri un intollerabile senso di vuoto. 
E una mentalità simile è anche ben presente nella disastrata politica italiana. Anche qui, a parte gli slogan, a dominare è la mentalità della somma zero. La coperta è corta, dicono in tanti, e ci sono le “richieste dell'Europa” a renderla ancora più corta. Il problema allora diventa quello di distribuire i “sacrifici” in maniera “equa”. Ridurre globalmente la pressione fiscale non si può, quindi, eliminiamo una tassa, ma aumentiamone un'altra, detassiamo (di quattro spiccioli) il lavoro ma tocchiamo le “rendite finanziarie” (questo renderà ancora più caro il credito alle imprese, ma... chi se ne frega?).
Nella CGIL della signora Camusso ed in quel covo di dinosauri che è la sinistra PD una simile mentalità assume risvolti parossistici. Per creare posti di lavoro basta "investire" afferma convinta la signora Camusso. E, come reperire i fondi da investire? Semplice, tassando le "grandi ricchezze", cioè colpendo i potenziali investitori...
In ogni caso, il problema della produzione della ricchezza resta del tutto sullo sfondo. “Chi più ha più paghi”, lo slogan resta questo, triste e demagogico slogan, che nasconde il fatto che quando “chi più ha” avrà pagato tutto il pagabile non ci sarà più nulla da prendere, per nessuno.
E allora saremo tutti miserabili, ma felici.