venerdì 24 ottobre 2014

LA GUERRA ALLE "BRUTTE" PAROLE

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I politicamente corretti di casa nostra hanno dichiarato guerra alle parole. Il periodico cattocomunista “famiglia cristiana”, l'”Avvenire” e l'immancabile presidente della camera, signora Laura Boldrini, vogliono ripulire il linguaggio. Una parola uccide quanto un proiettile, affermano, e vogliono che nessuno dia del “terrorista” ad un mussulmano o della “ladra” ad una rom. Ovviamente nei confronti di altre parole gli angioletti del politicamente corretto non sono altrettanto severi. Le parole da vietare sono quelle che possono offendere i nostri fratelli mussulmani, o i “migranti” o i rom. Dire “terrorista” ad un mussulmano è come sparargli, ma dirlo ad un giovanotto che milita in un gruppo di estrema destra no. E dare della “ladra” ad una giovane rom è intollerabile, ma non lo è definire “amico dei mafiosi” un tale che ha votato Forza Italia. “Negro” è una parola che ha l'effetto di un proiettile mentre “razzista” ha l'effetto di una affettuosa carezza. Come tutte le guerre anche quella contro le parole distingue fra amici e nemici.

Molto spesso chi afferma che parole e proiettili sono più o meno la stessa cosa usa poi i proiettili contro le parole, e spedisce chi ha la sventura di usare qualche parola proibita in comodi lagher, ma, non formalizziamoci. In Italia, come in tutti i paesi civili, non si può insultare nessuno. Se io do del “terrorista” ad un mussulmano lo insulto, quindi, già ora, senza bisogno di censure, non posso farlo. Se la guerra contro le parole politicamente scorrette si riducesse a questo sarebbe innocua ma anche di desolante banalità.
Ed infatti non si riduce a questo. Io non posso dare del “terrorista” ad un mussulmano che passa per strada: può benissimo darsi che quel mussulmano non solo non sia terrorista ma neppure condivida quello che i terroristi islamici fanno in giro per il mondo. Però posso benissimo dire che la religione islamica, per i valori che propugna, incoraggia, giustifica e favorisce il terrorismo. In questo caso io non lancio una accusa verso una singola persona, che, in quanto tale, va motivata e provata in maniera rigorosa, esprimo un giudizio politico su un movimento politico e religioso e questo è mio diritto poterlo fare. Se dire che l'integralismo islamico è terrorista costituisce un insulto, allora lo è anche dire che il nazismo è una ideologia razzista o che il comunismo predica la presa violenta del potere da parte del partito della classe operaia. Per le anime belle politicamente corrette non si può dire che l'Islam alimenta il terrorismo, ma solo che Alì, Hassam e Mohamed sono terroristi e sono, per puro caso, anche islamici. Ma, se le cose stanno così, non si può neppure dire che il nazismo era anti semita, ma solo che Franz, Adolf e Strauss erano antisemiti e, per puro caso, militavano nel partito nazionalsocialista. Quello che i cattocomunisti e le anime belle politicamente corrette propongono è, puramente e semplicemente, la fine di ogni discorso che abbia una valenza ed una portata generale, la sua riduzione ad una serie di giudizi strettamente individuali.
E barano, naturalmente. Si, barano perché quelli che vogliono proibire sono i discorsi degli altri. Coloro che protestano contro le “brutte” parole sono a volte gli stessi che strillano contro l'imperialismo americano o che definiscono “nazisti” gli israeliani; alcuni di loro sono amici di chi bruciando in pubblici cortei bandiere americane o israeliane offende interi popoli. Loro, i “buoni” politicamente corretti, fanno, eccome, i loro bravi, anzi, cattivi, discorsi di carattere generale; loro possono fare generalizzazioni, non intendono ridursi nell'ambito angusto di una serie di giudizi su singoli eventi scollegati da ogni considerazione sulla cultura, la società, la civiltà in cui tali eventi si manifestano.

Per il pensiero liberale al centro di tutto sta il singolo. Ogni singolo essere umano ha, in quanto tale, la sua dignità, il suo valore, alcuni inalienabili diritti. Far parte del genere umano è più importante che far parte di una certa razza, o classe, o sesso, o civiltà.
I marxisti a suo tempo rifiutavano questa impostazione. Non conta l'uomo, meno che mai l'individuo, si tratta di astrazioni. Non esistono individui ma borghesi, proletari, signori feudali, contadini. L'uomo veniva risolto integralmente nel gruppo sociale.
E, dall'estrema destra, alcuni rispondevano: “no, non nel gruppo sociale ma in quello etnico, nazionale, razziale”... L'uomo è, di nuovo, una astrazione, esistono i bianchi e i neri, gli italiani ed i francesi, gli occidentali e gli orientali. Ad essere decisivo era di nuovo il gruppo, il collettivo.
Oggi pare che i dinosauri della destra ideologica si siano quasi del tutto estinti, e quelli della sinistra ideologica si siano invece ravveduti. Oggi vogliono sentire solo discorsi strettamente riferiti agli individui. Niente generalizzazioni esclamano, solo fatti, fatti singolari, delimitati, privi di sfondo. Sono disonesti, lo abbiamo visto, in questa loro pretesa: solo alcuni devono essere obbligati a stare ai fatti e basta. Però, cosa pretendiamo? E' comunque un bene che, dopo decenni di collettivismo becero, questi angioletti abbiano scoperto il valore della individualità. No, non è un bene. Non lo è non solo perché la loro scoperta è inficiata da disonestà intellettuale, ma perché il loro novello individualismo è becero almeno quanto lo era il loro passato collettivismo.

Lo capirebbe un bambino. Ad essere centrale è l'uomo, il singolo essere umano, ma da questo non segue che il far parte di certi gruppi sia qualcosa di irrilevante. Essere “uomo” è più importante che essere “occidentale”, ma questo non vuol dire che le idee, i valori, gli stili di vita degli uomini occidentali siano gli stessi di quelli di altri esseri umani che vivono in altre civiltà. E' vero, sgozzare un innocente è qualcosa che offende tutti gli esseri umani, mussulmani, buddisti o cristiani che siano, esattamente come garantire a chiunque un processo equo migliora le relazioni umane sotto tutte le latitudini. Ma, appunto, si sgozzano gli innocenti in certi contesti culturali e si garantiscono processi equi in altri. I valori, gli usi e costumi, gli stili di vita in auge in una certa civiltà, la nostra, hanno la capacità di rispondere ad esigenze universali degli esseri umani; altri valori, usi e costumi, stili di vita, che pure esistono in certe altre civiltà, invece riescono solo a peggiorarli, gli esseri umani. Essere universalisti non vuol dire teorizzare che le differenze fra le civiltà siano irrilevanti, meno che mai vuol dire teorizzare che si debba parlare solo di eventi singoli, privi di sfondo culturale. Vuol dire, al contrario, capire alcuni valori, sorti per una serie di circostanze storiche in una certa civiltà, sono potenzialmente liberatori per tutti.
I politicamente corretti che hanno dichiarato guerra a certe parole accettano questa impostazione?
Assolutamente no. Per loro parlare di universalità di certi valori è una forma intollerabile di imperialismo culturale. Nessuna cultura è, in nulla superiore alle altre. Processi equi e linciaggi, divorzio e lapidazione delle adultere, libertà di pensiero e pena di morte per gli apostati, tutto è sullo stesso piano, guai a stabilire delle gerarchie normative. Gli angioletti del politicamente corretto sguazzano nel relativismo culturale, “rispettano” le altrui culture, anche quando queste comprendono fustigazioni, poligamia ed infibulazioni.
Questo atteggiamento però ha un grosso limite: non può essere sostenuto quando gli esponenti della “altre culture” rivolgono contro di noi le loro angeliche attenzioni. Se un nostro fratello mussulmano si facesse esplodere in una pizzeria a Milano non si potrebbe dire “beh... è la sua cultura...”. Non lo si potrebbe fare perché qualcuno potrebbe rispondere: “dichiarare guerra al suo paese è la
nostra cultura...”. Il giustificazionismo diventa insostenibile se siamo noi ad essere messi in mezzo. Si tratta di una posizione ipocrita e venata, in fondo, di razzismo? Si, certamente, ma non è ipocrita e razzista sostenere, ad esempio, che la lapidazione delle adultere può essere accettata se riguarda le donne iraniane mentre il divorzio va benissimo per quelle italiane o francesi? Accettare gli orrori solo perché riguardano gli altri è una spregevole forma di razzismo, ma gli angioletti questo non lo sanno.
Comunque, le anime belle non possono limitarsi a farfugliare qualcosa sulle “culture” quando ci siamo di mezzo
noi. Ed eccoli allora abbandonare il loro collettivismo culturale infarcito di relativismo per abbracciare il più spinto individualismo giuridico. Un mussulmano si è fatto esplodere in una pizzeria? No, non un mussulmano, ma il signor Ali, che è casualmente mussulmano. Prima le culture giustificavano tutto, ora, letteralmente, scompaiono. Restano gli individui, nudi, svuotati di ogni caratteristica culturale, isolati da ogni contesto. Individui, questi si, del tutto astratti, irreali, ridotti a meri fantasmi. Non generalizziamo strillano le anime belle. Il loro “individualismo” non è altro se non il tentativo di difendere i soggetti collettivi che loro amano visceralmente. L'invito a “non generalizzare”, la riduzione di tutto al “singolo”, servono solo a salvare dalla riprovazione delle persone di buon senso quelle culture che scaldano i loro cuoricini generosi.

Non generalizziamo
. E' sensato un invito simile? NO, assolutamente.
Domani sorgerà il sole. Il tumore allo stomaco è una malattia mortale. Gli antichi greci erano un popolo molto intelligente. I leoni sono carnivori. Tutte queste affermazioni sono delle, o si basano su, generalizzazioni. Ogni nostro discorso e, prima ancora, ogni nostro atto sono infarciti di generalizzazioni. “Prendi l'ombrello se esci, il cielo è pieno di nuvole, potrebbe piovere”. Chi non ha mai fatto o non si è sentito fare una simile raccomandazione? Beh... si tratta di una generalizzazione. Senza la generalizzazione e la sua sorella: l'inferenza induttiva, la nostra esperienza si ridurrebbe ad una serie scollegata di attimi, un caos di eventi scollegati fra loro, puramente inintelleggibile. Lo aveva ben capito il vecchio Hume, che, nel momento stesso in cui negava fondamento logico alla induzione, le conferiva un enorme valore pratico, e lo aveva capito altrettanto bene Kant, che cercò a sua volta di conferire ad induzione e generalizzazione la loro base logico razionale, non interessa qui indagare con quanto successo.
Certo, esistono le cattive generalizzazioni. Le generalizzazioni affrettate, imprecise, non sufficientemente corroborate dall'osservazione. Ed esistono le generalizzazioni dogmatiche, quelle di chi ritiene che la generalizzazione porti a risultati definitivi, privi di eccezioni. In realtà la generalizzazione non porta
mai a risultati assolutamente certi. L'eccezione è sempre possibile. Fra gli antichi greci ci sono certamente stati degli imbecilli, ed è possibile che esistano forme non mortali di tumore allo stomaco. Logicamente è anche possibile che domani il sole non sorga o che esista un leone non carnivoro, se e quando se ne scoprirà uno lo si dovrà osservare e studiare, non certo negarne l'esistenza.
Ma il fatto che la generalizzazione non porti a risultati certi, non sia paragonabile alla logica o alla matematica, non ne sminuisce affatto l'importanza. Non la sminuisce soprattutto nel campo che qui ci interessa, quello politico-sociale e culturale. Di certo nella Germania nazista vivevano molti tedeschi non antisemiti, ma, aveva o non aveva un ebreo ottimi motivi per non sentirsi sicuro in quel paese? In un quartiere malfamato vivono certamente molte persone per bene, ma ha o non ha ragione una ragazzina ad essere timorosa se deve attraversare quel quartiere da sola, in piena notte? Non tutti i mussulmani sono terroristi, è vero, anzi, in gran maggioranza non lo sono; ma è del tutto immotivato il sospetto che fra di loro ci sono molti terroristi, molti, moltissimi di più di quanti ce ne possono essere fra i cattolici o fra i buddisti? Proviamo a non generalizzare e la Germania hitleriana cessa di essere malata di antisemitismo, scompaiono i quartieri pericolosi e l'integralismo islamico diventa una invenzione di Oriana Fallaci. Peccato però che i fatti abbiano la testa dura.

La guerra che le anime belle hanno dichiarato a certe parole si basa sul nulla. E' solo l'ennesimo, tentativo di tappare la bocca a chi non accetta la dittatura buonista, il pensiero unico politicamente corretto. Tentativo che cerca ipocritamente di far leva sui buoni sentimenti, di travestirsi da individualismo tollerante, umanitarismo, simpatia per chi è diverso da noi. Ma nulla è meno buono che cercare di giustificare l'esaltazione della morte presente in certe culture, nulla è meno tollerante che tollerare gli intolleranti, nulla è meno rispettoso del diverso che non ritenerlo degno di quei diritti che per noi sono cosa normale.
Non bisogna farsi ingannare: i peggiori cattivi sono oggi coloro che a tutte le ore, in tutte le occasioni, con tutti i pretesti cercano di apparire “buoni”.

martedì 21 ottobre 2014

I PROFUGHI, IN EUROPA ED IN MEDIO ERIENTE



Come si sa la seconda guerra mondiale scoppiò per la Polonia. Si sa un po' meno che nel 1939 la Polonia dovette subire DUE attacchi: dalla Germania ad occidente e dall'URSS ad oriente. Hitler e Stalin si erano spartiti quello sventurato paese.
Terminato il conflitto l'URSS si annesse semplicemente la parte orientale della Polonia, quella che a suo tempo che gli era stata graziosamente concessa da Hitler. La Polonia fu compensata con uno spostamento dei suoi confini verso occidente, a spese della Germania. Tutto questo provocò grandi movimenti di popolazioni. Situazioni simili si crearono un po' in tutta l'Europa orientale. Al termine del secondo conflitto mondiale milioni di profughi si spostarono da un paese all'altro. Anche l'Italia conobbe una simile situazione con i profughi provenienti dalla Jugoslavia, scampati alle Foibe.
Questo non creò in Europa  un problema permanente dei profughi. Le popolazioni in fuga si integrarono più o meno facilmente nei paesi che le avevano accolte ed il vecchio continente tornò gradualmente alla normalità. Certo, una normalità che nei pesi dell'est Europa aveva ben poco di attraente, ma questo riguarda il regime sociale e politico di quei paesi.

In tutto il mondo occidentale moltissimi piangono per la triste sorte del popolo palestinese. Un popolo senza patria, un popolo di profughi che vive allo sbando, in miseri campi, da oltre 66 anni. Si tratta di un fatto sconcertante, probabilmente senza precedenti nella storia. Evitiamo qualsiasi discorso storico sull'origine e le responsabilità del problema dei profughi palestinesi. Nel 1948, al termine della prima guerra fra il neonato stato di Israele e gli stati arabi, ci furono moltissimi profughi ebrei in fuga dai paesi arabi, ma di questi nessuno parla. A parte, dicevo, ogni discorso su origini e responsabilità del problema, una cosa salta all'occhio: gli innumerevoli profughi causati dalla seconda guerra mondiale sono riusciti a conquistarsi una vita normale, i palestinesi no. Hanno vagato nei vari paesi arabi che li accoglievano cercando di coinvolgerli in continue guerre con Israele, cosa che a volte non piaceva troppo ai governi di quei paesi. Tutti sanno cosa è successo in Giordania nel famoso “settembre nero” del 1970. Certo, sin dal 1948 i vari paesi arabi hanno condotto svariate guerre contro Israele, ma anche nei pochi casi in cui i loro governi non avevano molta voglia di guerreggiare i palestinesi hanno cercato di spingerli allo scontro. Nei confronti dei vari paesi ospitanti che pure, per cultura e tradizioni, avrebbero dovuto essere a loro vicini, i palestinesi si sono comportati come un corpo estraneo, bellicoso e pericolosamente destabilizzante.
Qualcuno riesce ad immaginare i profughi fiumani che si accampano alla periferia di Trieste e da li lanciano continue offensive militari, ed organizzano attentati terroristici contro le città Jugoslave? E che cercano in tutti i modi di spingere il governo italiano alla guerra con la Jugoslavia? No, ovviamente. Eppure proprio questo è accaduto con i profughi palestinesi. Per gli occidentali “buoni” ciò che appare pura fantascienza se riferito all'Europa o all'Italia diventa realtà accettabile se avviene in Israele...

Lo scontro fra israeliani e palestinesi non è più, se mai lo è stato, uno scontro fra diverse nazionalità. Se così fosse una soluzione la si sarebbe trovata. E' paradossale che l'esistenza di uno stato delle dimensioni della Lombardia, che sorge su un territorio desertico e del tutto privo di risorse naturali, e che concede ampie libertà civili a tutti i suoi cittadini, debba creare problemi che in oltre 66 anni è stato impossibile risolvere. Lo scontro fra israeliani e palestinesi è ormai a tutti gli effetti scontro fra un paese di tipo occidentale e fondamentalismo islamico, da qui la difficoltà di una soluzione accettabile. Piaccia o non piaccia la cosa ai politicamente corretti di casa nostra.



martedì 14 ottobre 2014

LA SUMMA DEL GIUSTIFICAZIONISMO




 

“Dovremmo smetterla di considerare il terrorista un soggetto disumano con il quale nemmeno intavolare una discussione. Questo è un punto complesso ma decisivo. Nell'era dei droni e del totale squilibrio degli armamenti il terrorismo, purtroppo, è la sola arma violenta rimasta a chi si ribella. E' triste ma è una realtà. Se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche nonviolente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana. Non sto ne giustificando né approvando, lungi da me. Sto provando a capire. Per la sua natura di soggetto che risponde ad un'azione violenta subita il terrorista non lo sconfiggi mandando più droni, ma elevandolo ad interlocutore”.

Questo disse a suo tempo il parlamentare grillino Alessandro Di Battista. Ora, un bel po' di tempo dopo, specifica che non si riferiva all'Isis ma ad Hammas. Anche se la rettifica appare assai sospetta, visto che all'epoca delle dichiarazioni era l'Isis e non Hammas al centro delle polemiche, le cose in fondo non cambiano molto. Quale che sia l'interpretazione autentica del suo pensiero val la pena di commentare le dichiarazioni di Di Battista. Ne val la pena non tanto per il valore intellettuale del soggetto, ma perché queste dichiarazioni sono un po' il sunto, la summa, di tutte le idiozie giustificazioniste che circolano in Italia, e non solo, sul tema del fondamentalismo islamico. Esaminiamole per punti.

I terroristi sarebbero persone che “si ribellano” aduna violenza subita”.
Rapire le donne e fucilarle se rifiutano di convertirsi all'Islam, o inviarle direttamente in qualche harem, non sarebbe FARE violenza ma REAGIRE ad una violenza. E lo stesso sarebbe praticare la pulizia etnica, imporre a tutti di non bere alcol e di non mangiare carne di maiale, fucilare gli apostati ed i bestemmiatori, lapidare o fustigare le adultere. Ed ancora, volere la distruzione di uno stato sovrano, linciare, cosa comunissima a Gaza, presunte “spie israeliane” sarebbe "reagire alla violenza". E i giornalisti sgozzati solo perché occidentali? Anche nel loro caso si è trattato di una "reazione alla violenza"?
Non val la pena di dilungarsi troppo sugli esempi. Chi considera i terroristi dei “ribelli” che “reagiscono ad una violenza” rovescia molto semplicemente le carte in tavola. Sono i terroristi, non i loro nemici, ad esercitare violenza, solo loro che cercano di imporre agli altri la loro ideologia fanatica. Reagiscono alla violenza non i terroristi, ma coloro che li combattono. Elementare Watson. 

La causa di tutto sta nello squilibrio degli armamenti: "se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi (...) caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana."
I veri criminali sono quindi gli occidentali, i terroristi commettono solo l'errore di sbagliare la risposta: sarebbe meglio la non violenza ma loro, accecati da una legittima ira, preferiscono farsi saltare in aria in un metrò. Poverini...
Veramente nessun villaggio era stato bombardato il nove o il dieci settembre 2001. Basta esaminare i FATTI per capire quanto siano mistificanti simili affermazioni; ma, lasciamo perdere: dire che “i fatti non esistono” è uno degli sport preferiti di molti pseudo intellettuali di sinistra.
Ragionando come Di Battista dovremmo giustificare anche il massacro delle fosse Ardeatine. Quando avvenne l'attentato di via Rasella la posizione militare dei tedeschi era quasi disperata, fra loro e gli alleati esisteva uno "squilibrio di armamenti" ogni giorno crescente a favore degli alleati. In più dovevano subire gli attacchi dei partigiani. Se la pensassimo come Di Battista (e non solo) dovremmo dire che reagire a questi attacchi fucilando civili a caso è stato, tutto sommato, “comprensibile”.

Non sto ne giustificando né approvando, lungi da me”.
Il solito giochino ipocrita. Si fa una analisi in base alla quale i veri criminali sono gli occidentali che si divertono a bombardare villaggi e a far strage di civili. Non si spreca una parola sul fenomeno assodato degli scudi umani. Non si dice che gli occidentali bombardano coi droni per bloccare l'avanzata di un'orda di fanatici pronti alla più radicale pulizia etnica. Si presentano questi assassini fanatici come dei poveretti costretti a farsi esplodere perché praticamente disarmati. Detto questo si cinguetta: “cerco di capire, non di giustificare”. E no, quella di Di battista è a tutti gli effetti una giustificazione. I criminali sono gli americani, e gli Israeliani, ovviamente. I terroristi sono al più “ribelli che sbagliano”.

Occorre elevare il terrorista ad “interlocutore”, insomma, occorre dialogare.
Dialogare su cosa e per cosa? Come tanti altri Di battista NON VUOLE ascoltare quello che i fondamentalisti islamici dicono a chiare lettere. Vogliono il califfato, vogliono riconquistare all'Islam quelle terre che un giorno sono state islamiche e devono tornare ad esserlo, perché, come dice lo statuto di hammas, “una terra islamica resta tale sino al giorno del giudizio”. Vogliono costruire una società che abbia il Corano come costituzione. I fondamentalisti parlano chiaro, ma gli occidentali “buoni” non li prendono sul serio. Li considerano dei bambini arrabbiati che fanno le bizze, e che è possibile calmare offrendo loro il gelato. Per noi il fanatismo religioso è inconcepibile, l'occidentale “buono” ne deduce che questo davvero non esiste, vuole che non esista. E lo rimuove, puramente e semplicemente. Fatto questo blatera di “dialogo” e di “interlocutori”. Ma si può dialogare con chi ha qualcosa in comune con noi, con chi persegue obiettivi che possono essere, a certe condizioni, almeno in parte, anche nostri. Dialogare con chi ci vuole morti o convertiti NON è possibile, a meno che il dialogo non riguardi le modalità della nostra morte o della nostra conversione. Questo però NON è dialogo. È trattativa, trattativa di resa, incondizionata.

martedì 7 ottobre 2014

INTOLLERANZA

 


Persone che mi sono care mi rimproverano a volte perché, dicono, invecchiando sto diventando intollerante. Forse hanno ragione, forse gli anni che passano mi stanno facendo diventare intollerante e questo è un male, probabilmente, perché la tolleranza è una gran bella virtù. Entro certi limiti però. Si, entro certi limiti superati i quali la tolleranza cessa di essere tale e diventa acquiescenza.

Devo ammetterlo, sto diventando intollerante, ma forse posso portare qualche giustificazione a mia discolpa.
Siamo circondati dall'orrore. A poche ore di volo da noi avvengono fatti che fanno tornare in mente i momenti peggiori della nostra storia. Ed intorno a noi, nelle nostre città, cresce il numero di coloro che noi generosamente accogliamo e che sono d'accordo con l'orrore, o comunque lo ammettono, lo giustificano, non lo condannano. I boia hanno ammiratori a casa nostra, a pochi metri da noi; qualcuno parte dalle nostre città per unirsi a loro.
E, come reagiscono certi occidentali di fronte a tutto questo? Non condannano, non dicono in maniera inequivocabile che dobbiamo lottare con tutti i mezzi contro i criminali, le loro azioni, le loro idee, i loro pseudo valori. Non difendono i NOSTRI valori oggi sotto attacco. No, tentannano, fanno distinzioni sofistiche, si dilettano in paragoni semplicemente ridicoli.

Un giornalista, reo solo di essere occidentale viene sgozzato? C'è qualche occidentale “buono” che afferma: “fanno morti anche le bombe lanciate dai droni”. Un po' come se qualcuno, vedendo Auschwitz avesse detto: “ci sono morti anche fra i civili tedeschi”.

I tagliagole assassini dell'Isis massacrano chiunque non si converta all'Islam? C'è subito qualcuno che dice: "ricordiamoci delle crociate", e perché non della conquista islamica di mezza Europa? E qualcun altro chiede, con volto triste: “quanti palestinesi hanno ucciso gli Israeliani?” e fa finta di non sapere che se gli Israeliani fossero anche solo lontanamente simili ai criminali fanatici dell'Isis oggi non ci sarebbe più un solo palestinese vivo.

La guerra civile in Siria ha fatto circa 200.000 vittime? Qualche occidentale “esperto” in questioni medio orientali afferma con aria saccente che la colpa di tutto è... degli Usa! Infatti in passato gli Usa hanno finanziato questa o quella formazione siriana fondamentalista. Anche se questo fosse vero, (cosa assai discutibile) cosa vorrebbe dire? Se io, sbagliando, ho ieri aiutato finanziariamente Tizio, che si è poi rivelato essere un serial killer, divento forse colpevole dei suoi crimini di oggi?

In un paese islamico si lapida una adultera? In un altro viene impiccato un omosessuale? In un altro ancora un apostata viene condannato a morte? Subito un coro di occidentali “buoni” ci ricorda che maschilismo, omofobia e intolleranza esistono anche da noi (però da noi non si lapida né si uccide nessuno).

Ovunque nel mondo il fondamentalismo islamista è all'offensiva. Interi paesi sono sotto il rischio di attentati. Un tempo prendere un aereo era una operazione semplice e veloce (ritardi a parte). Oggi per poter volare bisogna fare una sorta di percorso di guerra. Ma molti occidentali non si fanno convincere dalle “apparenze”. E sparano idiozie sugli interessi reconditi della finanza mondiale, o sugli alti e bassi del prezzo del petrolio. E dicono che “ciò che vediamo non è mai la verità”, e parlano delle oscure manovre della Cia e del Mossad, del governo degli Stati uniti e della “finanza ebraica”. Vogliono scoprire cosa c'è sotto, ma, come lo shakespeariano re Lear, non riescono a capire che NON C'E' NULLA, SOTTO, che la verità è li, davanti a tutti, chiaramente visibile, per chi solo la VOGLIA vedere.

Beh, lo ammetto, tutte queste cose mi hanno francamente stufato. Mi sembrano tentativi di giustificare l'ingiustificabile. Acrobazie sofistiche fatte apposta per non prendere posizione, non condannare, non voler vedere la realtà. E tutto questo NON LO TOLLERO PIU'. Avrò torto; forse sto diventando vecchio ma le stronzate degli occidentali che odiano la loro civiltà, ed amano i suoi nemici, o se non li amano, li giustificano, li “comprendono” mi sono INTOLLERABILI. Mi spiace, ma non posso farci nulla.

giovedì 2 ottobre 2014

PERSEGUITATI POLITICI?





I “migranti” sarebbero, tutti o quasi, dei perseguitati politici, persone per le quali la nostra costituzione prevede, all'articolo 10, il diritto di asilo. Quindi, chi protesta per l'altissimo numero di “migranti” che accogliamo, o si lagna perché ricevono fior di sovvenzioni da parte dello stato sarebbe, più o meno, un “nemico della democrazia". Questo dicono in molti, in rete ma non solo; ma si tratta di una PALLA, e basta ragionare un attimo per rendersene conto (lo so, per certe persone è faticoso ragionare, ma, dovrebbero fare uno sforzo).

1) Ho conosciuto
VERI perseguitati politici. Non hanno buttato a mare i loro documenti mentre navigavano verso l'Italia, non hanno taciuto o mentito sulla loro storia, anzi, sono stati ben felici di renderla nota. Arrivati in Italia hanno imparato la nostra lingua, si sono cercati un lavoro, si sono integrati nella nostra società. Nessuno ha dato loro 30 euro al giorno (oltre NOVECENTO EURO al mese) di sussidio. Non hanno strillato, non si sono cuciti le labbra, non hanno preteso nulla. Hanno ringraziato chi li accoglieva e si sono rimboccati le maniche. Quello che avviene oggi con moltissimi "migranti" è un po' diverso, o sbaglio?

2) Qua
nta gente è fuggita dalla Germania nazista o dalla Russia di Stalin? E quanta ne fugge oggi dalla Corea del Nord? Pochissima, e lo fa rischiando la vita perché le autorità di quel paese IMPEDISCONO alla gente di fuggire. Il flusso di "migranti" dal nord Africa avviene invece alla luce del sole senza che nessuno cerchi di bloccarli.

3) Non è vero che chiunque viva in paesi dove non esiste democrazia sia un perseguitato politico che ha diritto, come tale, all'asilo. L'articolo 10 della costituzione, che per me non è comunque il Vangelo, recita: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo". E' fondamentale quel “SIA IMPEDITO”. Per essere un "perseguitato" lo straniero deve voler godere di certe libertà e questo deve essergli impedito da specifiche misure persecutorie. Lo straniero deve, ad esempio, voler votare e deve, per questo, essere perseguitato dal governo del suo paese. Un perseguitato non è il normale cittadino, magari del tutto estraneo alla politica, di un paese dittatoriale. Un  fascista che applaudiva entusiasta i discorsi del duce, o che semplicemente era indifferente a questi non era un "perseguitato politico", anche se viveva in un paese non democratico.

4) Questo invece teorizzano in molti. Chiunque viva in un paese non democratico è un perseguitato politico. Ragionando, si fa per dire, in questo modo tutti gli africani sarebbero perseguitati politici, visto che in Africa praticamente non esistono vere democrazie. Per queste anime belle dovremmo accogliere nel nostro paese DECINE, FORSE CENTINAIA DI MILIONI di "profughi" africani. Però, sempre con un simile modo di ragionare, dovremmo accogliere anche qualche miliardo di cinesi...

5) I profughi politici veri amano le istituzioni dei paesi che li accolgono. Chi fuggiva dalla Germania nazista o dalla Russia di Stalin amava la democrazia. I cosiddetti "profughi" nord africani invece, in larga misura, detestano l'occidente liberale e democratico, considerano "empia" la democrazia e "peccaminoso" il nostro modo di vivere. E' vero che molti “migranti” vengono da paesi squassati dalla guerra civile ma questo non ne fa dei democratici perseguitati, non li trasforma in persone che vorrebbero godere della democrazia ma ne sono impedite. E questo per la semplicissima ragione che molte delle guerre civili che squassano, o hanno squassato, l'Africa ed il medio oriente sono scontri fra opposti fondamentalismi, o fra tiranni pseudo laici e sostenitori della teocrazia. Moltissimi “migranti” non sono vittime del fondamentalismo teocratico ma suoi sostenitori, ben lungi dall'essere dei “perseguitati” sono a volte degli autentici persecutori. Basta avere occhi per vedere per accorgersi che molti "migranti" mirano a distruggere le nostre istituzioni, non a goderne i benefici, a sovvertire il nostro modo di vita non ad integrarsi in, o almeno a convivere con, esso.

Equiparare tutti o la maggioranza dei “migranti” a dei perseguitati politici è una operazione palesemente menzognera. Ma c'è da scommettere che le anime belle dell'occidente continueranno a parlare di profughi e perseguitati. La ragione è impotente con chi la nega...

mercoledì 1 ottobre 2014

RIMEMBRANZE





Lo statuto dei lavoratori è stato approvato dal parlamento italiano il 20 maggio 1970. Per i più giovani, o i meno anziani, una simile data non dice nulla, per i vecchietti come me dice molto, invece.
Nel 1968 “scoppia” il movimento studentesco. Scuole ed università sono occupate, cortei quasi giornalieri attraversano rumorosi tutte le principali città italiane, e non solo; spesso degenerano in scontri con la polizia. L'idolo degli studenti è il compagno Mao Tze Tung, quello della “grande rivoluzione culturale proletaria”, che ha mandato scrittoti, filosofi e scienziati a lavorare la terra, in nome del superamento della “divisione borghese del lavoro”. Qualche anno dopo un leader cambogiano, Pol Pot, farà qualcosa di simile, ed eliminerà circa un quarto della popolazione del suo paese, inezie. Anche il compagno Mao del resto quanto ad “eliminazioni” ci sa fare. Il “gran balzo in avanti” e le “comuni popolari agricole” hanno causato morti a MILIONI. Pinzillacchere.
Nel 1969 scoppia l'autunno caldo. Il compagno Lama, un gigante se paragonato ai sindacalisti di oggi, parla di “salario come variabile indipendente”. Ovunque ci sono scioperi, dei più diversi tipi. A gatto selvaggio, senza preavviso, a scacchiera, per settore e cosette simili. Il testo di una canzone di voga a quei tempi diceva: "sciopero interno, da dentro l'officina/ noi perdiam poco e Agnelli va in rovina/ se si sta a scioperar dentro i cancelli/ chi ci rimette è solamente Agnelli. La canzone fotografa abbastanza bene la realtà. Oggi io sciopero e tu no, domani scioperi tu ed io no, così solo uno perde la giornata di paga e tutta la fabbrica si blocca lo stesso. Si faceva così, allora. La normale, fisiologica, differenza di interessi in una società pluralistica era interpretata come “guerra di classe” ed in guerra, lo si sa, tutti i mezzi vanno bene. 
Sullo statuto dei lavoratori il “movimento” si divise. Una parte dei compagni lo considerava uno “strumento dei padroni per ingabbiare le lotte operaie”, un “contentino” che mirava a placare la rabbia e la combattività degli oppressi. Un'altra parte invece lo interpretava come un “sasso negli ingranaggi del sistema”, un provvedimento che avrebbe reso più difficile il normale funzionamento dell'economia capitalista favorendo in questo modo lo “sviluppo della lotta di classe”. TUTTI consideravano una “idiozia” il concetto stesso di “giusta causa” nei licenziamenti. Un licenziamento non avviene MAI per “giusta causa” perché il “padrone” è SEMPRE, per definizione, uno sfruttatore e l'operaio SEMPRE, per definizione sfruttato.
Tanta acqua è passata sotto i ponti da allora, è vero, ma  non per tutti, forse. Però, parlando di una legge e della sua validità, è lecito dimenticare il clima in cui quella legge nacque? Le sollecitazioni cui erano sottoposti coloro che la approvarono?  E' solo una domanda...