domenica 26 giugno 2016

MILIARDI IN FUMO?

“Tot miliardi di euro andati in fumo in borsa”. Lo si sente ripeter spesso dagli “esperti” e in questi giorni di post brexit lo si sentirà ripetere ancora più spesso.
Ma, ha senso dire che le variazioni di borsa distruggono, o creano ricchezza?
Nel 1600 ci fu in Olanda, ormai è abbastanza noto, la famosa crisi dei tulipani. Il prezzo dei tulipani saliva precipitosamente e molti iniziarono a speculare. Compravano tulipani con l'intenzione di rivenderli ad un prezzo più alto. Per un po' le cose andarono bene, poi ci fu l'inevitabile crollo dei prezzi ed un bel po' di gente rimase, come suol dirsi, col cerino acceso in mano, ed in tasca un sacco di soldi in meno.
Qualcuno può pensare che mentre il prezzo dei tulipani saliva si stava creando nuova ricchezza e quando invece ci fu il crollo venne distrutta ricchezza? No, ovviamente. La ricchezza esistente in Olanda era esattamente la stessa sia nella fase del rialzo che in quella del ribasso. Nulla venne creato nella prima e nulla andò “in fumo” nella seconda. Nella fase di ascesa un mazzo di tulipani valeva quanto una casa, in quella di discesa con un mazzo di tulipani non si sarebbe comprato neppure un mattone. La ricchezza globale era esattamente la stessa prima e dopo. Le variazioni di prezzo derivanti da ondate speculative, momenti di euforia o di panico fanno variare i prezzi relativi delle varie merci, ma non creano o distruggono nulla. Certo, le crisi borsistiche possono avere conseguenze pesantissime sulla economia reale, soprattutto possono minare la fiducia degli operatori nel sistema bancario, con esiti distruttivi, ma, in quanto tali, non “mandano in fumo” un bel niente.
Quindi la smettano gli “esperti” di parlare di miliardi “andati in fumo” a causa della Brexit. Quando i mercati si assesteranno gli “esperti” scopriranno che non è successo nulla di particolarmente traumatico.
Il giorno successivo alla brexit la borsa che ha reagito in maniera più composta è stata quella di Londra, che ha contenuto le perdite in un modesto 3%. Milano invece ha avuto un tonfo del 12%. Una situazione “paradossale” hanno gracchiato gli “esperti”. Ne siamo proprio sicuri?
Passato un momento di sbandamento i mercati si assesteranno, ed allora scopriremo che ad essere andata in fumo per la Brexit è solo l'arroganza degli euroburocrati.

giovedì 23 giugno 2016

SIAMO TUTTI BRITANNICI




Sono stati sconfitti! Malgrado il terrorismo mediatico, gli scenari da incubo profusi a piene mani, malgrado i crolli di borsa, non si sa quanto spontanei, gli “appelli” della BCE e del fondo monetario, malgrado i ricatti dei paesi europei, Germania in testa, sono stati sconfitti. Neppure il gesto criminale di un fanatico squilibrato è riuscito a ribaltare la tendenza. I cosiddetti “europeisti”, che tali non sono, sono stati sconfitti. Democraticamente, pacificamente, con un referendum caratterizzato da una altissima partecipazione popolare, non come le ultime italiche elezioni, in cui vota meno la metà degli aventi diritto, il popolo britannico ha deciso. Non ha deciso di “uscire dall'Europa”, come piagnucolano stamattina tutti i telegiornali. La Gran Bretagna non può uscire dall'Europa perché è parte essenziale della sua cultura e della sua storia. Ha deciso di uscire dalla UE, cioè da un organismo burocratico, accentratore, costoso e sprecone, assolutamente non democratico e non liberale che rappresenta la negazione della cultura europea.

Nel fronte anti UE ci sono probabilmente posizioni inaccettabili. Facili populismi, semplificazioni, forse una certa dose di xenofobia, addirittura di antisemitismo. Ma è fin troppo chiaro che nella loro stragrande maggioranza i NO alla UE hanno ben altre motivazioni.
La gente non ne può più della “Europa” austera a trazione tedesca. Non ne può più di un gruppo di burocrati che, non eletti da nessuno, pretendono di decidere su tutto, dal diametro della pizza alla curvatura delle banane, dalla portata degli sciacquoni nei cessi alla temperatura del caffè espresso. Soprattutto non ne può più di una “Europa” che diventa ogni giorno di più Eurabia. In moltissimi sono stufi di una immigrazione fuori controllo che ormai si sta rivelando per quella che è:
il trasferimento massiccio della popolazione di un continente su un altro continente, un evento davvero di portata epocale, destinato a distruggere la nostra civiltà.
Quella della UE è l'Europa che fa entrare tutti, salvo poi trovarsi i terroristi in casa e trasformare le città in fortezze militarizzate. E' l'Europa in cui una manifestazione sportiva o un concerto possono diventare trappole mortali. E' l'Europa che toglie Hammas dal novero delle organizzazioni terroriste e poi boicotta i prodotti israeliani, che costringe alla fuga molti ebrei, lasciati tragicamente soli a fronteggiare l'arroganza fondamentalista.
Questa “Europa” non ha
nulla, ma proprio nulla a che vedere con la grande tradizione culturale europea, con l'Europa di Platone ed Aristotele, Newton ed Einstein, Mozart e Beethoven, Dante e Shakespeare. Non ha nulla a che vedere con l'Europa vera, che tutti amiamo.

Nel maggio del 1940, dopo la sconfitta della Francia, la Gran Bretagna restò l'unico paese a fronteggiare la potenza militare hitleriana. L'URSS di Stalin in quel periodo era praticamente alleata della Germania nazista, gli Stati Uniti non avevano voglia di intervenire nel conflitto. La Gran Bretagna era sola. Ma non si arrese. Continuò tenacemente a combattere. E continuando a combattere lasciò aperto uno spiraglio, in attesa di tempi migliori. Impedì che la barbarie trionfasse.
Dicendo
NO alla UE la Gran Bretagna lascia oggi aperto uno spiraglio. Dimostra che forse non tutto è perduto, che la nostra civiltà forse ha ancora un futuro.
Per questo possiamo ben dirlo: oggi
SIAMO TUTTI BRITANNICI!

mercoledì 22 giugno 2016

LA SCELTA DEL PONTEFICE

 

Lo dico sinceramente. Mi è capitato più di una volta di stupirmi per certe dichiarazioni di papa Francesco. Non posso, in tutta sincerità, pensare che un uomo come il sommo pontefice creda davvero che guerre e terrorismo siano la conseguenza del “mercato delle armi” o che davvero non capisca che l'immigrazione senza alcun limite e controllo metta a rischio la sopravvivenza stessa della nostra civiltà.
Certo, il papa è... il papa. Per lui parole di umana compassione, pietà, amore per il prossimo sono praticamente obbligatorie. Ma non necessariamente queste devono tradursi nella esaltazione di fenomeni la cui portata distruttiva è sotto gli occhi di tutti. Papa Benedetto aveva detto a chiare lettere che prima del diritto all'accoglienza viene quello a non dover emigrare. Parole molto significative che papa Francesco non si è mai neppure sognato di pronunciare. L'attuale pontefice, a differenza di chi lo ha preceduto, da un lato nega qualsiasi legame fra terrorismo ed Islam, dall'altro è impegnato in una autentica campagna mediatica perché tutti, ma proprio tutti siano accolti qui da noi. Il terrore è la conseguenza del “Dio denaro” e dei “mercanti di morte”, quanto ai “migranti”, prego, si accomodino. Se anche tutta l'Africa volesse trasferirsi in Europa, magari solo in Italia, noi non potremmo far altro che aprire accoglienti le braccia.

Come è possibile, ci si può chiedere, che un uomo del calibro del papa, sostenga posizioni tanto assurde? Il papa non è blogger tutto sommato.
Qualcuno ritiene che l'attuale pontefice sia una persona poco intelligente e molto poco istruita. Sbaglia, a mio modesto parere. Certo, Papa Francesco ama presentarsi come un “semplice”, ma si tratta, con tutta evidenza, di pose. Papa Bergoglio è un gesuita ed i gesuiti tutto potranno essere ma non persone ignoranti o poco acute. I gesuiti sono le truppe d'assalto della fede cattolica, autentici combattenti di Cristo, agguerriti, preparati. Certo, Papa Francesco non ha la cultura filosofica e teologica di papa Benedetto e neppure lo sguardo d'aquila di Giovanni Paolo secondo, ma considerarlo un “sempliciotto” è un errore madornale.
Bisogna avere il coraggio di ammetterlo: Papa Francesco mira, con perfetta consapevolezza e lucida coerenza a favorire la distruzione, o quanto meno la radicale, profonda, modifica della nostra civiltà. Non si limita a condannare, come precedenti pontefici, alcuni aspetti della civiltà occidentale inaccettabili per la Chiesa cattolica. Nel suo mirino c'è la civiltà occidentale in quanto tale, nella sua globalità.

Papa Francesco non ama l'occidente. Non lo ama non perché in esso esistono ancora sacche di povertà, ma, al contrario, per la sua opulenza, il suo benessere diffuso. Non critica l'occidente per le sue carenze, perché in occidente le libertà personali e la democrazia liberale non sono ancora compiutamente realizzate. Lo critica proprio perché è una civiltà che si basa sui diritti personali e la democrazia liberale. La civiltà occidentale è troppo prospera, troppo individualista, consumista, soprattutto troppo laica e secolarizzata per piacere a Papa Francesco. L'attuale pontefice considera un valore la povertà ed un disvalore la ricchezza, detesta il consumismo, preferisce i vincoli comunitari alla libertà individuale. Si sente a casa sua, lo ha ripetuto infinite volte, nelle baraccopoli ed a disagio nelle vie sfarzose delle grandi città. Come può non detestare l'occidente? Ed infatti lo detesta.
Inoltre papa Francesco ha capito benissimo che nella nostra civiltà lo spazio per la Chiesa cattolica è destinato a comprimersi sempre più. Nell'occidente laico e materialista c'è poco spazio per la fede. Lo avevano capito anche i suoi predecessori. Per questi tuttavia lo spazio ridotto riservato alla fede nella nostra civiltà rappresentava una sfida. Occorreva riconquistare l'occidente alla fede proprio per salvaguardare le grandi realizzazioni culturali della nostra civiltà. Papa Benedetto contrapponeva al relativismo dell'occidente contemporaneo i grandi valori che storicamente la civiltà occidentale aveva acquisito, e lo stesso faceva papa Wojtyla. La scelta consapevole di Papa Francesco è radicalmente diversa. Per lui la salvezza della Chiesa è, per intero, nel terzo mondo. Le masse del terzo mondo, la gran folla dei poveri non ancora corrotti dal consumismo, con la loro mentalità semi tribale, sono la speranza, l'unica speranza. Quindi dobbiamo accoglierli in casa nostra, senza limiti, tutti! In uno storico discorso papa Wojtyla incitò i fedeli a “spalancare le porte a Cristo”. Papa Bergoglio invita tutti a spalancare le porte ai “migranti”.

Ma la gran maggioranza delle masse del terzo mondo, specie dell'Africa, è costituita da musulmani, e questi non hanno alcuna intenzione di convivere alla pari con i cristiani. Nei paesi musulmani i cristiani sono, nel migliore dei casi, cittadini di serie B, nel peggiore devono subire persecuzioni e massacri.
Il massimo che un cristiano può aspettarsi nella società islamica è la condizione del “dhimmi”, letteralmente il “protetto”. La dhimmitudine è la condizione giuridica del non musulmano che vive in una società dominata dal diritto islamico. Nel mondo islamico un cristiano può praticare la sua fede solo a patto di pagare una tassa e, soprattutto, di accettare una condiziona sociale di permanente subalternità. Il cristiano può pregare il suo Dio, ma non cercare di convincere qualcuno a convertirsi alla sua fede, non a caso in tutto l'Islam la apostasia è un reato, spesso punito con la morte. Non può esibire in maniera ostentata i simboli sella sua fede e deve astenersi da comportamenti che i musulmani possano ritenere “offensivi”. Ovviamente non esiste reciprocità alcuna. La condizione del “dhimmi” è del resto sempre instabile. E' possibile che prevalgano fra i musulmani posizioni più radicali ed anche i pochi diritti di cui i “protetti” godono possano venir meno.
Favorendo ed incoraggiando la immigrazione senza limiti Papa Francesco mira consapevolmente a trasformare gli occidentali cristiani, meglio, gli occidentali tout court, in “dhimmi”. Il pontefice preferisce una Chiesa cristiana a sovranità limitata in una teocrazia islamica ad una Chiesa completamente libera in una società laica e secolarizzata. Meglio essere subalterni ad un'altra fede che liberi in un mondo in cui c'è sempre meno spazio per la fede, questa, a mio parere, la scelta consapevole, lucida di papa Francesco.
Ed è anche una scelta miope, perché, a parte ogni altra considerazione, non fa i conti fino in fondo col radicalismo islamico che in questo momento non è intenzionato a concedere agli infedeli neppure la degradante condizione dei “protetti”. I terroristi dell'Isis, e con loro quelli di Al Qaeda, Boko Haram, Hammas, talebani, fratelli musulmani e tanti altri non fanno prigionieri.

Bisogna rassegnarsi. La politica di papa Francesco non è determinata da scarsa cultura o da incapacità di comprendere ciò che accade nel mondo. Papa Francesco non è un “semplice”, un uomo troppo buono che sbaglia. E' un papa politico che porta aventi con coerenza e piena consapevolezza la sua politica. Certo, si tratta di una politica lucidamente suicida, destinata a fare a pezzi la nostra civiltà e con questa la Chiesa cattolica. E allora? Non è la prima volta che accadono simili fenomeni. Si può solo sperare che nella Chiesa ci siano forze capaci di opporsi alla deriva impostale da questo papa. Prima che sia troppo tardi, ammesso che non sia già troppo tardi.

sabato 18 giugno 2016

SEGREGAZIONE, IN NOME DELLA LIBERTA'

I vecchierelli come me lo ricordano, probabilmente. Guai, un tempo, se una ragazza mostrava le gambe o sulla spiaggia indossava un bikini troppo attillato. Era difficile vedere in un film la sequenza di un bacio, la censura vigilava a tutela del “buon costume”. Poi sono venute le minigonne ed i jeans a vita bassa. E, malgrado le proteste, la gran maggioranza delle persone ragionevoli ha capito che esiste anche la libertà di esibire il proprio corpo, e che il sesso è un aspetto fondamentale della vita, non un peccato.
Ma sono arrivati gli islamici, e con loro sta ricomparendo la censura. Il corpo femminile va nascosto, celato, non deve essere mostrato, perbacco. Solo, c'è una piccola novità rispetto al passato. Fra gli occidentali, a teorizzare la censura sessuale sono gli stessi che ieri tuonavano contro i bacchettoni. Per compiacere i musulmani gli esponenti della nostra sgangherata sinistra sono diventati fautori della censura sessuale. Minigonne, jeans troppo attillati o a vita bassa, esibizione di culi e tette? NO MAI! Certe esibizioni “mercificano” il corpo della donna, la schiavizzano! Qualche ingenuo potrebbe obiettare che nessuno obbliga una donna a mostrare culo e tette. Ma sbaglierebbe, spiegano i raffinati intellettuali di sinistra. Gli esseri umani non sono liberi, cinguettano, sono “condizionati” dai media dominati dalle lobby della moda che “impongono” loro certi comportamenti. Gli unici a sfuggire al controllo delle “lobby” sono loro, ovviamente, i neocensori radical chic. Comunque sia, evviva il burka, prezioso strumento di emancipazione femminile!

Un tempo nelle scuole esistevano le classi maschili e quelle femminili. Rigorosa separazione fra i sessi, per evitare che i giovinetti fossero tentati da pensieri “lascivi”. Poi è venuta l'integrazione, e tutti, specie a sinistra, la hanno salutata come un grande evento liberatorio. Ma sono arrivati gli islamici ai quali l'integrazione davvero piace poco. E vorrebbero classi separate per maschi e femmine, e non solo. Vorrebbero anche piscine in cui possono bagnarsi solo le donne, ovviamente vestite di tutto punto. Vorrebbero negozi di parrucchiere riservati alle sole donne, e guai se un uomo, magari anche un postino od un vigile di passaggio, osasse metterci piede! Sarebbe un insulto intollerabile, una offesa infame. Considerazioni simili valgono per le strutture sanitarie: una donna dovrebbe essere visitata solo da medici di sesso femminile, ed un uomo da medici maschi, ovviamente. Insomma, i nostri fratelli chiedono il ripristino di una integrale segregazione sessuale. E trovano a sinistra tanti che li comprendono. La segregazione è buona cosa perché salvaguardia le “particolarità culturali dei sessi” . Ma guarda un po', non ci avevo pensato! Da sciocco illuminista ero convinto che ognuno di noi fosse una persona prima che un maschio o una femmina! Sbagliavo. Classi separate, spiagge, palestre, strutture sanitarie, cinema, teatri, uffici separati. Meglio ancora, le donne potrebbero starsene a casa e non rompere! Se malate, potrebbero tenersi la malattia senza scomodare medici di sesso femminile (del resto, per diventare medico una donna prima o poi un uomo nudo dovrà pur vederlo...). Evviva le “particolarità culturali dei sessi”!

Legge uguali per tutti, diritti universali! Ogni essere umano ha pari dignità, gode di eguali diritti ed è vincolato da uguali doveri senza distinzione alcuna di sesso, razza, nazionalità, religione. Quanta gente è morta per affermare questi valori!
Ma oggi non sono più di moda. I nostri fratelli musulmani non amano i diritti universali. La base del diritto sta nel testo sacro, nel loro testo sacro, e questo dice cose che con l'universalità dei diritti a volte fanno a pugni.
E così chiedono che all'interno delle loro comunità valga la loro legge. E, attenzione, questo anche quando le loro comunità si trovano qui, da noi, dentro città come Parigi o Londra, Milano o Berlino.
I diritti uguali, gli universali diritto dell'uomo valgono per i quartieri occidentali di città come Londra o Parigi, nei quartieri islamici vale la legge islamica. Non è proprio ufficiale, ma di fatto è così. Infibulazione, poligamia, segregazione della donna sono ormai tollerate; per ora non si parla di lapidazione delle adultere, ma... diamo tempo al tempo. Le nostre città assomigliano sempre di più ad aggregati di tribù, divise su tutto, non unite da nulla.
E, naturalmente, gli intellettuali impegnati della sinistra annuiscono felici. Quella dei diritti universali è una finzione illuministica, spiegano. Occorre valutare positivamente le “particolarità” delle varie culture, altrimenti si cade in intollerabili forme di “imperialismo culturale”.
Ancora una volta, che sciocco a non averci mai pensato! Burka, infibulazione, lapidazione e fustigazione delle adultere, pena di morte per apostati e bestemmiatori... tutte preziose “particolarità culturali” da tutelare, in nome della libertà. Però, a pensarci bene, potremmo considerare “particolarità culturali” da tutelare anche i roghi per gli eretici ed i tribunali della santa inquisizione, la tratta degli schiavi, i campi si sterminio nazisti ed i gulag staliniani. Solo degli illuministi astratti ed arroganti possono pretendere l'abolizione di simili, squisite forme di particolarismo culturale!

Il mondo sta davvero cambiando. Tutto ciò che fino a ieri consideravamo oppressivo sta diventando oggi un fattore di liberazione. E, di converso, tutto ciò che fino a ieri sembrava essere liberatorio si rivela come biecamente oppressivo.
L'integralismo islamico sta uccidendo la nostra civiltà, ed i coltissimi intellettuali di sinistra benedicono, con un dolce sorriso stampato sulle labbra.
Però, esiste una giustizia, a questo mondo. Quando tutto sarà finito anche loro saranno chiamati a gustare le delizie delle tanto amate "particolarità culturali e sessuali". In nome di Dio misericordioso!

domenica 12 giugno 2016

STRONZATE A RAFFICA



Lo dicono i media, con poche lodevoli eccezioni. Su tutti primeggia quell'indecente notiziario che ormai è diventato il TG5.

La strage di Orlando è di matrice OMOFOBA. Dimenticano di aggiungere che l'Islam è una religione di matrice omofoba. Nei paesi islamici gli omosessuali nel migliore dei casi finiscono in prigione, nel peggiore vengono impiccati o volano giù dalle torri. Dettagli, particolari privi di rilevanza. L'assassino di Orlando era omofobo e basta. Che fosse anche musulmano è un puro caso.

L'assassino di Orlando era un violento, odiava e disprezzava le donne.
Lapidazione e fustigazione delle adultere, burka, infibulazione, poligamia, ripudio delle mogli sono solo alcune delle piacevolezze che l'Islam riserva al sesso femminile. Ma per i nostri cinguettanti media, TG5 in testa, l'assassino di Orlando era un maschilista e basta. E' vero, aveva simpatia per i Talebani, quelli che fra le altre cose proibivano alle ragazze di andare a scuola. Ma anche questo è un puro caso.

La colpa è del mercato libero delle armi. Come no! Infatti esiste il mercato libero delle armi in Francia, Inghilterra, Spagna, Israele, India, Canada, Cina, Russia, Belgio, Turchia, Filippine eccetera eccetera.

Dobbiamo togliere le armi ai terroristi, ha detto il presidente Obama. Se fosse stato presidente l'undici settembre 2001 Obama forse avrebbe detto: “dobbiamo togliere gli aerei ai terroristi”. I terroristi, come i mafiosi, possono sempre procurarsi armi, lo sanno anche i paracarri. Sono le persone normali ad essere tragicamente inermi, indifese. Chissà, se qualche sventurato che si trovava ieri in quel locale avesse avuto un'arma forse i morti sarebbero stati meno numerosi.

L'attentatore era un cittadino americano. Certo, era un cittadino americano di origini Afghane, che simpatizzava per i talebani e l'Isis. Esser nato e cresciuto in America, fare la guardia giurata, avere preso la cittadinanza americana non è bastato ad “integrarlo”. Invece, dicono, centinaia di migliaia di migranti diventeranno in pochi mesi perfetti cittadini europei.

E' deprimente il tentativo dei media di nascondere la vera matrice della strage di Orlando. L'assassino era omofobo, maschilista, folle, violento, depresso. Qualcuno forse dirà che era alto, o basso, di statura e che da piccolo aveva problemi coi compagni di scuola. Era anche islamico, come la quasi totalità di coloro che ammazzano gente indifesa. Ma questo è un puro caso. O no?

Per quanto tempo ancora siamo destinati ad ascoltare STRONZATE?

sabato 11 giugno 2016

IL PEGGIORE DEI LIBRI




So che molti non saranno d'accordo con me, ma voglio dire chiaramente quello che penso. Non condivido lo sdegno degli amici ebrei per l'iniziativa de “Il giornale” di pubblicare ed allegare in omaggio il “Mein Kampf “ di Hitler.
Innanzitutto una precisazione. Il “giornaleNON distribuisce gratuitamente ai suoi lettori il libro di Hitler, lo allega in omaggio al libro: “Storia del terzo Reich” di William Shirer che è posto in vendita insieme al quotidiano. Ho letto anni fa la “storia del terzo Reich”; è un'ottima, anche se ormai datata, ricostruzione storica del nazismo, caratterizzata da una condanna assoluta, totale nei confronti di questa ideologia mostruosa. Da questo punto di vista quindi non sono possibili equivoci. Giusta o sbagliata che sia la pubblicazione del “Mein kampf” non si inquadra in alcun tentativo di riabilitare il nazismo, ci mancherebbe altro!

Ma non solo di questo si tratta. Bisogna avere il coraggio di dirlo, una volta per tutte. Il nazismo non è stato un fungo velenoso nato non si sa bene perché in un certo momento storico. Chi pensa che proibire la lettura del "Mein kampf" equivalga ad eliminare dalla cultura europea le suggestioni filo naziste è completamente fuori strada.
L'ideologia criminale di Hitler ha profonde radici non solo nella storia e nella società tedesche ma nella cultura tedesca e, più in generale, occidentale. Lo ha messo bene in evidenza un grande storico delle idee come George Mosse ne “le origini culturali del terzo reich” e “La cultura dell'Europa occidentale”. L'ideologia del nazionalsocialismo affonda le sue radici nella violenta reazione antiilluministica ed antirazionalista che ha caratterizzato in parte il diciannovesimo e i primi decenni del ventesimo secolo. La pretesa di sostituire l'intuizione, se non addirittura l'istinto, alla ragione quale strumento di conoscenza, la divinizzazione del “wolck”, l'esaltazione razziale del sangue e della terra, l'antiindustrialismo, il richiamo romantico alla primordiale natura “incontaminata”, la critica del parlamentarismo e della democrazia “dominata dal denaro”, la contrapposizione fra Kultur e zivilisation. Queste solo alcune delle idee, e delle mitologie, largamente diffuse nella cultura europea del diciannovesimo e della prima parte del ventesimo secolo che sfoceranno, in forma estremizzata e paranoica, oltre che culturalmente risibile, nella ideologia malata del “Mein kampf”. Tracce, e in certi casi non solo tracce, della paranoia hitleriana le possiamo rinvenire in pensatori del calibro di Hegel e Fichte, Nietzche ed Heiddeger, Spengler e Schmmit.
E ben anteriore ad Hitler è l'antisemitismo che il dittatore nazista trasformerà in uno dei più grandi, forse nel più grande, crimine della storia. Si tratta, purtroppo, di qualcosa di assai diffuso nella storia del pensiero occidentale, sia conservatore che rivoluzionario. E' presente anche in Karl Marx, che pure era, come si sa, ebreo. Ecco come l'inventore del “socialismo scientifico” parla dell'ebraismo in “la questione ebraica”, sua opera giovanile il cui stesso titolo è piuttosto significativo.
“Quale è il fondamento mondano del giudaismo? Il bisogno pratico, l'egoismo.
Quale è il culto mondano dell'ebreo? Il traffico. Quale è il suo Dio mondano? Il denaro. Ebbene, l'emancipazione dal traffico e dal denaro, dunque dal giudaismo pratico reale sarebbe l'autoemancipazione del nostro tempo. (…) L'emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è la emancipazione della umanità dal giudaismo” (1)
Per emanciparsi gli ebrei devono rinunciare alla loro essenza giudaica che per Marx si identifica con gli aborriti denaro e traffici. Il senso di simili posizioni è chiarissimo: l'ebreo come prototipo della alienazione capitalistica forma, ultima e perfezionata, per Marx, della alienazione umana. Non siamo al “Mein kampf”, certo, ma è difficile non intravederne i bagliori sinistri.

Qualcuno può dire che una cosa sono elevate teorizzazioni filosofiche, cosa ben diversa la volgarità di un libello indecente. C'è del vero in una simile considerazione, ma, ha o non ha senso vedere dove possono sfociare, a volte, certe elevate speculazioni? Ha poco senso paragonare la nietzschiana “volontà di potenza” ai deliri del “Mein kampf”, come non è molto sensato paragonare il “Il Capitale” di Marx alle formulette da breviario del “libretto rosso” di Mao. Però, val la pena di leggerle, quelle formulette da breviario, se non altro per porsi la domanda di come sia stato possibile che dalle fitte pagine del primo si sia passati alle sciocchezze del secondo. Piaccia o non piaccia la cosa, il nazismo è parte della nostra storia, anche di quella culturale. Bisogna farci i conti. Impedire la pubblicazione, quindi lettura, del principale testo “teorico” del nazionalsocialismo aveva un senso negli anni successivi al secondo conflitto mondiale, quando, nel generale sfacelo, il pericolo della resurrezione di una ideologia criminale era reale. Oggi, ad oltre 70 anni dalla morte di Hitler una simile censura è davvero fuori luogo.
Le cause di un possibile sbandamento di parti importanti della pubblica opinione verso posizioni estremistiche di destra non vanno cercate, oggi, nel diffondersi della mitologia nazista “classica”, ma nella profondità della crisi economica, culturale, morale in cui si dibatte l'occidente e nella viltà dei suoi governanti. Il prostrarsi di tanti uomini politici europei di fronte all'arroganza del fondamentalismo islamico può agevolare l'estremismo della destra estrema mille volte più che la pubblicazione del “Mein kampf”.

La pubblicazione del libraccio di Hitler può favorire lo studio del fenomeno nazista, agevolarne la comprensione, permetterci di capirne le cause, e con queste gli errori e le viltà che ne hanno facilitato la vittoria. Ben lungi dal favorire il cieco estremismo di una destra violenta, la riflessione sul nazismo, condotta senza censure che hanno il solo risultato di trasformare i persecutori in vittime, serve a contrastarlo.
E serve anche a confutare tante idiozie e menzogne oggi di gran moda. Si provi a trovare nel “Mein kampf” qualcosa che avalli il presunto “filosionismo” di Hitler di cui parlano oggi tanti sedicenti “antisionisti non antisemiti”. Oppure si leggano i deliri antisemiti del “Mein kampf”, e li si paragoni con quanto dicono oggi in tanti sullo stato di Israele! Ci si troverà di fronte a straordinarie somiglianze. “Gli ebrei causano le guerre”, diceva Hitler, “Israele è causa di guerre” ripetono oggi gli “antisionisti”, a volte ebrei come Moni Ovadia. “Gli ebrei rubano il pane alla povera gente”, dicevano i nazisti, “gli ebrei rubano la terra ai palestinesi” strillano in coro gli “antisionisti” di oggi. Sono in tanti oggi a parlare dei “nazisti israeliani”. Forse leggendo la bibbia del nazismo si potrebbero trovare utili indicazioni su chi siano, oggi, i nazisti autentici.

Bisogna dire la verità, ogni tanto. Oggi gli antisemiti non sono da ricercarsi fra i possibili lettori del “Mein kampf”. Probabilmente nella loro stragrande maggioranza questi sono persone desiderose di approfondire la conoscenza storica del fenomeno nazista. I veri, pericolosi, antisemiti sono oggi coloro che inneggiano al boicottaggio dei prodotti Israeliani, quelli che definiscono “armi giocattolo” i missili di Hammas, o che paragonano il muro edificato dagli israeliani per difendersi dal terrorismo ai reticolati dei campi di sterminio. Gli antisemiti di oggi sono coloro, a volte iscritti al PD, che organizzano le proiezioni del filmetto “Israele il cancro” della signora Samantha Comizzoli (a proposito, cosa ne pensa Matteo Renzi?) o coloro che sono pronti a discutere amichevolmente con gli ebrei, a patto che questi si dichiarino preventivamente nemici di Israele ed amici di chi nega il suo diritto ad esistere. Questi lividi antisemiti sono fra coloro che oggi fanno un gran chiasso sulla iniziativa de “Il giornale”. E non a caso. E' facile per loro mascherare il proprio antisemitismo con qualche parola di condanna per la pubblicazione del libraccio di Hitler. L'odio per gli ebrei di oggi può benissimo essere celato da non sincere parole di solidarietà nei confronti di quelli di ieri. Una vecchia tattica.

Da vecchio liberale sono contrario alla censura. Ritengo che questa sia ammissibile solo in situazioni assolutamente eccezionali. Le persone libere si difendono con le armi quando sono aggredite da gente armata, ma usano le parole per difendersi dalle parole, anche da quelle indecenti.
Proibire la pubblicazione di certi libri non giova alla causa della libertà, contribuisce a diffondere l'idea sbagliata che si ricorra alla censura perché non si hanno argomenti da opporre alle farneticazioni. Questo vale per tutto e per tutti, anche per il peggiore dei libri.






1) Karl Marx: La questione ebraica. Editori Riuiti 1974 pag. 81 82. Sottolineature di Marx.

mercoledì 8 giugno 2016

LA PRIMA DONNA PRESIDENTE?





Pare, dico pare perché Sanders non sembra intenzionato a mollare, che Hillary Clinton sarà il candidato democratico alle prossime elezioni presidenziali americane. Naturalmente i media si sono scatenati. E' un evento storico, la prima volta di una donna esclamano i conduttori delle nostre amate TV.
E non basta, larvatamente qualcuno inizia già ad insinuare che chi non voterà Hillary lo farà perché è contrario ad una donna presidente. Insomma, o si vota Hillary o si può essere accusati di “sessismo” ed essere automaticamente inseriti nella lista delle persone poco raccomandabili. Il mondo sarebbe migliore se a governare fossero le donne, cinguettano in tanti, quindi, come si può non votare Hillary Clinton?
Però, a pensarci bene, grandi paesi come la Germani ed il Brasile sono guidati da donne. Quale che sia il giudizio sulla loro politica non sembra che la signora Merkel e la signora Rousseff abbiano guidato i loro paesi in maniera radicalmente diversa, e migliore, rispetto ai maschi che le hanno precedute.
Proviamo a fare un esperimento mentale. Un extraterrestre osserva la politica della Germania negli ultimi anni, senza sapere nulla del suo cancelliere. Poi qualcuno gli chiede: “a tuo avviso di che sesso è il cancelliere tedesco?” Qualcuno è convinto in buona fede che dalla attuale politica tedesca, buona o cattiva che la si possa giudcare, sia possibile risalire al sesso del primo ministro? Io penso che il nostro povero extraterrestre non saprebbe che cavolo rispondere.

L'idea che si debba votare una persona perché è di un certo sesso, o ha la pelle di un certo colore non è solo stupida, è profondamente razzista e sessista. Si è davvero non razzisti e non sessisti quando si vota senza considerare il sesso, il colore della pelle o altre simili caratteristiche dei candidati o delle candidate. Votare Tizio o Caia solo perché si tratta di un nero o di una donna vuol dire considerare le donne ed i neri quali persone che possono emergere solo se in qualche modo le si aiuta, in una parola, considerarli inferiori.
Intendiamoci, è un bene che una donna od un nero possano competere, e magari vincere, per una carica come quella di presidente degli Stati Uniti, questo vuol dire che molti storici pregiudizi sono crollati. Ma da questo non discende alcuna indicazione su chi sia bene votare. Si vota chi sostiene idee, programmi, interessi e valori che si condividono, indipendentemente dal sesso o dal colore della pelle. Gli americani che condividono i programmi di Hillary Clinton faranno bene a votare per lei, ma solo per questo.
Qualcuno non è d'accordo con quanto dico? Beh, provi allora a rispondere ad una semplicissima domandina. Una donna come Laura Boldrini voterebbe per una donna come Oriana Fallaci solo perché si tratta di una persona del suo stesso sesso? Una militante di sesso femminile del PD dovrebbe votare, nei ballottaggi di Roma e Torino, per le candidate, donne, del M5S contrapposte ai candidati,uomini, del PD? Basta fare la domanda giusta per avere la risposta.

Lo devo ammettere, quando è stato eletto per la prima volta Barak Obama ero contento, lo ero proprio per il colore della pelle del nuovo presidente. No, non ero, e credo di non essere, tanto stupido da condividere i pregiudizi politicamente corretti in proposito. Semplicemente, amo l'America ed un presidente dalla pelle nera mi faceva piacere perché serviva a confutare la propaganda di chi presenta gli Usa come inguaribilmente razzisti. Chissà, se fossi stato cittadino americano otto anni fa forse avrei ceduto al ricatto dell'anti razzismo, e avrei votato Obama. Avrei sbagliato, lo sapevo e lo so, ma, a volte si può anche sbagliare. Una sola volta però. Quattro anni fa NON avrei rivotato Obama e avrei riso in faccia a chi mi avesse accusato di “razzismo”. Meno che mai lo voterei oggi, di fronte alle conseguenze disastrose della politica americana in medio oriente.

Un'ultima considerazione. Tutti parlano del fatto storico rappresentato dalla vittoria alle primarie di Hillary Clinton. Io penso che il fatto davvero storico sia rappresentato dalla avanzata apparentemente irresistibile di Trump, che ha sbaragliato tutti i suoi avversari malgrado fosse osteggiato dal tutto l'establishment repubblicano. Non so chi sarà il prossimo presidente degli Usa, ma il fatto che una porzione importante dell'elettorato americano si sia raccolta intorno ad un uomo del tutto anomalo come Trunp dovrebbe far pensare i fringuelli del politicamente corretto. Se questi sapessero pensare. Ma... è davvero chiedere troppo.

lunedì 6 giugno 2016

LOTTA ALLA CORRUZIONE?

Esultanti per il buon risultato elettorale ottenuto i grillini attaccano sulla corruzione. Ci vuole un giro di vite, affermano. Confisca dei beni per gli evasori fiscali, blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, Daspo dei corrotti, introduzione della figura dell'agente provocatore. Vediamo le un po', queste misure.

Confisca dei beni.
Cosa vuol dire di preciso? Se Tizio non paga una certa tassa e viene scoperto e condannato, dovrà pagare la tassa maggiorata da interessi di mora e salatissime penali. In ogni paese civile si fa così. In Italia semmai l'ammontare delle penali raggiunge a volte cifre indecenti. Se dimentico di pagare una multa da 100 euro non è improbabile che debba pagarne 1000 o 5000 quando il fisco mi raggiunge coi suoi strali. Per i grillini questo non basta. Occorre confiscare la casa all'evasore, svuotargli il conto corrente, vendere all'asta i suoi beni. Naturalmente questi signori non si pongono il problema di sapere se è eticamente accettabile, o economicamente sostenibile una pressione fiscale ai livelli che  questa ha raggiunto in Italia. Se lo stato decide che dobbiamo pagare il 90% di ciò che guadagniamo dobbiamo tacere e pagare, punto. Se non lo facciamo lo stato ci porta via la casa, magari la dà alle fiamme, a perenne monito.

Blocco della prescrizione dopo la sentenza di primo grado.
Apparentemente si tratta di una misura ragionevole. Negli Stati Uniti, per fare solo un esempio, la prescrizione si blocca dopo il rinvio a giudizio. Solo, negli Stati Uniti i tempi della prescrizione sono estremamente più brevi che non in Italia, e sono estremamente più brevi i processi. Invece i grillini vogliono lasciare intatti i tempi della prescrizione, non porre alcun limite alla durata dei processi e, insieme, bloccare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Questo di fatto vuol dire abolire la prescrizione, ed introdurre nel nostro ordinamento la figura dell'indagato o del processato a vita. Un processo potrà durare dieci, venti, magari trenta anni, non fa nulla. Un magistrato inizia ad indagare su Tizio quando questi ha 30 anni e la sentenza definitiva arriva quando Tizio di anni invece ne ha 60? Chi se ne frega! La vita di Tizio è stata rovinata, ma la “giustizia” è salva!

Daspo dei corrotti.
La Daspo è una misura prevista dalle autorità per contrastare il fenomeno della violenza negli stadi. Chi è nell'elenco dei violenti non può recarsi allo stadio. Cosa potrebbe significare con precisione la Daspo dei corrotti? Non potranno essere assunti da determinate aziende? Dovranno essere esclusi dai pubblici uffici? Saranno costretti a girare per le strade con una K dipinta sul petto?
Un tale è condannato per corruzione, scontata la pena ha o non ha diritto ad una vita normale? Può o non può cercarsi un lavoro, essere assunto? Nei paesi civili una volta scontata la pena un essere umano ha diritto a cercare di rifarsi una vita. Per i grillini questo non va bene. Se sei corrotto non hai diritto alla redenzione, mai!

Introduzione della figura dell'agente provocatore.
Tizio lavora in un ufficio pubblico. Gli si avvicina Caio che gli chiede un favore e gli fa capire che è disposto a compensarlo con una mazzetta. Tizio risponde che forse si può fare. Scatta la trappola, Tizio è fregato. Negli Stati Uniti esistono i “provocatori” ad esempio nel campo del traffico di droga, ma questi inducono l'indagato a compiere un reato che va dimostrato in maniera lampante. Deve esistere il reato, l'indagato deve consegnare la droga al poliziotto provocatore e questi gli deve dare il denaro, ed il tutto deve essere filmato. Non basta qualche frase, una generica disposizione a compiere una transizione proibita. La differenza è importante. Se non esiste l'atto materiale del passaggio di denaro non esiste il reato, e ad essere punita è l'intenzione di compierlo. Per i grillini queste sono, probabilmente, inezie. Non ci sono differenze fra il compiere un reato ed avere l'intenzione di compierlo, fra le azioni ed i pensieri. Fra un po', chissà, chiederanno che si introduca l'orwelliana psicopolizia.

L'impostazione dei grillini, e non solo loro, è abbastanza chiara. La corruzione si batte riducendo drasticamente le libertà civili. Più potere ai magistrati, meno garanzie, controlli più asfissianti. A suo tempo un altro formidabile giustizialista, Pietro Ingroia, giunse a proporre, per i reati fiscali, l'inversione dell'onere della prova. Non è lo stato a dover provare che Tizio ha evaso il fisco, è Tizio a dover dimostrare di non aver evaso. In un normale paese occidentale una simile proposta avrebbe sollevato unanime sdegno, qui da noi è stata considerata “normale” anche da chi non la condivideva.
I giustizialisti di tutte le salse farebbero bene a leggersi Solgenicyn. In molte sue opere il grande scrittore russo dimostra che l'URSS staliniana era uno dei paesi più corrotti del mondo. La corruzione  era ovunque diffusa; dai vertici dello stato alle direzioni dei campi di lavoro forzato sino alla vita di tutti i giorni i grandi ed i piccoli episodi di corruzione erano la norma. Eppure in quel paese la lotta alla corruzione era continuamente strombazzata e spesso dei corrotti, veri o presunti, venivano fucilati, fra gli applausi del popolo.
Non c'è in questo nessuna contraddizione. Dove lo stato e la sua burocrazia decidono tutto la corruzione è inevitabile. La repressione dei corrotti dal canto suo serve al potere per darsi una verniciata di legittimità e per deviare sui “corrotti”, di nuovo, veri o presunti, il malcontento popolare. L'economia va male, la pianificazione non raggiunge nessuno degli obiettivi tanto strombazzati, la colpa è dei corrotti e dei sabotatori. Fuciliamoli e tutti vivremo felici e contenti!

I giustizialisti in fondo non inventano nulla di nuovo. Il loro modello oggi potrebbe essere il Venezuela di Maduro, dove si cerca di fronteggiare la crisi a suon di carcere per gli "speculatori". Le loro grida di “onestà” appaiono inoltre particolarmente insopportabili non solo perché a volte vengono sorpresi, anche loro, con le mani nella marmellata, questo forse sarebbe il meno. Ad essere del tutto intollerabile è che questi giustizialisti di ferro scoprono il garantismo quando c'è di mezzo il terrorismo, in certi vasi teorizzano nientemeno che il dialogo con i fondamentalisti assassini dell'ISIS. Lo sanno tutti, sparare a casaccio sulla folla è meno grave che prendere una tangente...
Fra un paio d'anni forse saranno queste persone a governarci. Ho voglia di vivere in un'isola deserta, o sulla vetta di un monte, come lo Zarathustra di Nietzsche.