giovedì 21 dicembre 2017

ONU

L'ONU, o alcune sue organizzazioni, hanno, fra le altre cose:
Stabilito che le bistecche sono cancerogene.
Annunciato che fra una ventina d'anni piazza Duomo a Milano sarà sommersa dal mare.
Deciso che Gerusalemme non ha una storia ebraica.
Stabilito che il sionismo è una ideologia razzista.
Inserito l'Arabia Saudita nella commissione per la difesa dei diritti delle donne.
Inserito la Libia nel consiglio per la tutela dei diritti umani.
E tante altre simili cosette, tutte leggermente folli.

Nel mondo ci sono paesi in cui si lapidano le adultere, si crocifiggono i cristiani, si decapitano apostati e bestemmiatori, si impiccano i gay, si costringono le donne a vivere in sacchi neri, esiste ancora, di fatto, lo schiavismo. Ci sono pesi che sono lager a cielo aperto, e che vogliono la bomba H, e sarebbero pronti a cederla ai peggiori gruppi terroristi.
Ma l'ONU non fiata su questi orrori. In cambio sforna tutti i giorni una risoluzione contro Israele.

Settanta anni fa l'ONU votò la costituzione di due stati
nei territori già facenti parte del mandato britannico: Israele e uno stato arabo. Gli ebrei accettarono quella decisione. Gli arabi NO.
Il giorno stesso in cui quella decisione fu presa iniziò la guerra fra arabi ed Israeliani che dura ancora oggi. Nessuno dei nemici di Israele riconosce il suo diritto ad esistere. Neppure lo chiamano col suo nome, lo definoscono "entità sionista". Unica eccezione, l'Egitto che dopo aver perso tre guerre ha riconosciuto lo stato ebraico.
Ma l'ONU pretende che Israele ritorni alla risoluzione del 1948, o a quella del 1967, le stesse che i suoi nemici hanno usato, e continuano ad usare, come carta igienica.

Non mi stupisce che l'ONU abbia votato oggi una risoluzione contro la decisione americana di riconoscere la realtà, cioè che Gerusalemme è capitale di Israele.
NON cambierà nulla, per fortuna.
Resta un leggero senso di nausea per la vecchia Europa e per l'Italia. Ma ormai c'eravamo abituati...

domenica 10 dicembre 2017

LA NUOVA EUROPA

Cosa succederebbe a Parigi o a Bruxelles, a Londra o a Berlino e, perché no, a Roma se i governi francese e belga, inglese, tedesco ed italiano riconoscessero la realtà, cioè che Gerusalemme è la capitale di Israele? Cosa farebbero i “nuovi” francesi, belgi, inglesi, tedeschi ed italiani in questo caso? E' esagerato immaginare che in tutte le capitali europee ci sarebbero disordini? E che il rischio attentati aumenterebbe a dismisura? Basta porsi l domanda per avere la risposta.
La politica degli stati europei è fortemente condizionata dalla presenza di minoranze che non si riconoscono nei valori che in Europa regolano la civile convivenza. Né questo condizionamento si limita ad Israele o alla politica estera. Ed è destinato a crescere man mano che le minoranze diventano più numerose e forti.

Molti cittadini europei sono perplessi di fronte alla scelta americana non perché antisemiti o filo islamici. Hanno semplicemente paura delle reazioni che questa può provocare. Anni di acquiescenza hanno contribuito a diffondere l'idea che se hai a che fare con un prepotente la cosa migliore sia assecondarlo. Se no quello si incazza e chissà cosa succede. E la politica delle porte aperte ad una immigrazione incontrollata ha reso tragicamente comprensibili queste paure.
Se i prepotenti li hai dentro casa a volte sei disposta a molto pur di preservare il quieto vivere. E' una sorta di riflesso condizionato, comprensibile, ma tragicamente sbagliato.
Perché i cedimenti non risolvono nulla, anzi, aggravano tutto. Oggi si cede su una cosa, domani si cederà su un'altra, più importante. Alla fine si dovranno abbandonare i nostri valori fondamentali.

In questi giorni convulsi con chi si ritrova alleata la confusa Europa occidentale? A chi chiedono aiuto e mediazione i vari Macron e Merkel? Alla Turchia di Erdogan. Si proprio a lui. Quello che riempie le galere di oppositori politici, quello che pochi mesi fa definì “nazisti” paesi come la Olanda e la Germania, che minaccia di farci invadere da una massa enorme di “profughi” ed invita le donne musulmane residenti in vari paesi europei a far più figli, per sottomettere gli “infedeli”. Nel momento stesso in cui si allontana dallo storico alleato americano l'Europa occidentale si avvicina al dittatore turco.
E tutto questo non significa forse un ripudio dei nostri valori findamentali?

mercoledì 6 dicembre 2017

GERUSALEMME

La decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme quale capitale di Israele è stata (e continuerà ad essere) seguita da un mare di polemiche. E da molte considerazioni critiche. Esaminiamo le principali.

1) Gerusalemme è città santa per le tre religioni monoteiste.
Questo non è esatto. Gerusalemme è di certo santa per l'ebraismo ed il cristianesimo, lo è anche per l'Islam solo perché gli islamici hanno da sempre la cattiva abitudine di considerare luoghi santi per la loro religione città un tempo conquistate e strappate agli “infedeli”.
Inoltre, anche accettando che Gerusalemme sia santa per l'Islam, perché mai una città santa islamica non potrebbe essere la capitale di uno stato non islamico? Gerusalemme è di certo santa per i cristiani, ma nessun cristiano intende scendere in piazza se Gerusalemme viene riconosciuta capitale di Israele, mi pare.

2) A Gerusalemme deve essere garantita libertà di culto per i fedeli di tutte le religioni.
Questo è assolutamente giusto. Il problema non è di quale stato stato sia capitale Gerusalemme, ma la libertà di culto concessa
a tutti in quella città. Quindi dobbiamo chiederci: chi garantisce meglio questa generale libertà di culto? In Israele, uno stato dalle dimensioni della Lombardia, esistono un paio di centinaia di moschee. Quante sinagoghe ci sono a Gaza? O in Iran? O in Arabia Saudita? Ci sono stati islamici in cui non è possibile entrare se si porta con se una copia del Vangelo o un testo sacro ebraico. A La Mecca possono entrare solo i fedeli musulmani. Pensare che in una Gerusalemme palestinese la libertà di culto per tutti sarebbe meglio garantita è solo una idiozia. O pura manifestazione di disonestà intellettuale.

3)
Inizialmente Gerusalemme est non faceva parte dello stato di Israele.
E' vero, la parte orientale di Gerusalemme è stata conquistata dagli israeliani nella guerra dei sei giorni, e allora?
Dal giorno della sua nascita Israele deve combattere per potere semplicemente
esistere. Ancora oggi molti stati arabi lo definiscono non “stato di Israele”, ma “entità sionista”. Ha combattuto molte guerre fronteggiando coalizioni di stati che intendevano semplicemente cancellarlo dalla carta geografica. Al termine di queste ha allargato un po' i suoi confini per aumentare, se possibile, la sua sicurezza. Ma si sono levate alte strilla di indignazione ogni volta che questo è avvenuto.
Israele può essere aggredito, può vivere sotto assedio, ma se si azzarda ad ampliare di un palmo le sue frontiere subito viene definito aggressore imperialista, colonialista eccetera. E questo anche se ha restituito molte delle terre conquistate in cambio del semplice riconoscimento diplomatico.
Qualcuno riesce ad immaginare una Germania che nel 1945 protesta perché le sue frontiere non tornano ad essere quelle del 1939? O una URSS che nel 1945 restituisce alla Germania le terre da questa perse in cambio del semplice riconoscimento diplomatico? E' fantascienza vero? Si, lo è per tutti, tranne che per Israele.

4)
La decisione di Trump può aggravare la tensione.
Questa è una obiezione seria. Se si fosse vicini ad una soluzione del conflitto, se la pace fosse realisticamente possibile sarebbe bene rinviare qualsiasi decisione riguardo a Gerusalemme. Ma così non è, purtroppo.
I palestinesi non hanno alcuna intenzione di riconoscere Israele. Quanto meno, di riconoscerlo per quello che è:
lo stato degli ebrei.
Israele è lo stato paria. Non può ospitare manifestazioni culturali, sportive o commerciali senza che qualcuno protesti. Se un suo atleta, quando può gareggiare, vince una medaglia il suo inno in molti pesi non viene suonato, nè la sua bandiera alzata. Se un cantante si esibisce entro i confini dello stato ebraico molti suoi colleghi protestano. Se degli israeliani muoiono in un attentato la cosa viene considerata quasi normale e i media quasi non ne danno notizia. Israele è lo stato che ha dato rifugio e protezione al popolo più perseguitato della storia, ma a molti, e non solo fra i fondamentalisti islamici, la sua esistenza da fastidio. Israele esiste, ma sarebbe meglio se non ci fosse:
è lo stato che non dovrebbe esistere. E non ci sono prospettive serie che facciano intravedere a breve un superamento di questa situazione. Quindi è ipocrita parlare di “aggravamento della tensione”. Da settanta anni Israele vive una situazione di “tensione”. Per i suoi nemici dovrebbe fare una sola cosa per non aggravarla: cesare di esistere.
Ma questo non accadrà. Quindi ben venga il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale dello stato ebraico.

Un'ultima considerazione. Con la sua scelta Trump non fa che mettere in atto una decisione presa nel 1995 da
tutto il congresso americano. I vari presidenti che da allora si sono succeduti hanno semplicemente rinviato la sua messa in pratica. La svolta di Trump si limita quindi ad applicare una decisione che tutti, repubblicani e democratici, avevano preso 22 anni fa. Ma non credo che i media diano troppo spazio alla diffusione di questo “particolare”.

lunedì 4 dicembre 2017

UN PICCOLO PARTICOLARE STORICO

Nel periodo delle grandi purghe staliniane tutti i partiti comunisti europei (e non solo) vennero radicalmente epurati. Molti dei loro leader, che avevano trovato asilo a Mosca, finirono in Siberia, a godersi un salutare frescolino, dai 30 ai 50 gradi sotto zero; oppure di fronte al plotone di esecuzione. Molti scomparvero senza lasciar traccia. Anche coloro che non risiedevano in URSS vennero spesso raggiunti dalla longa manus del "padre dei popoli". Durante la guerra civile spagnola i sospettati di trotzkismo vennero fatti fuori a centinaia. Lo stesso avvenne nel corso della resistenza intaliana ed europea. Un caso emblematico è quello di Pietro Tresso ficilato dai partigiani comunisti stalinisti.
Il partito comunista italiano, afferma Paolo Spriano nella sua monumentale “storia del partito comunista italiano” fu relativamente risparmiato dalle purghe. Come mai? Uno dei motivi,  ricorda lo Spriano, fu che molti militanti comunisti si trovavano al sicuro nelle carceri fasciste. Si, proprio così. Il fatto di essere nelle carceri fasciste ha salvato la vita a molti dirigenti comunisti italiani, forse allo stesso Gramsci che al momento della rottura fra Stalin e Trotzkji aveva assunto un atteggiamento oscillante. E Stalin non amava le oscillazioni. Pretendeva una subordinazione totale, e ricordava benissimo quali posizioni avevano assunto i vari leader del movimento comunista internazionale.

Prendendo spunto dalle idiozie dette e fatte da qualche cretino nostalgico qualcuno cerca oggi di costruire a tavolino una “emergenza fascismo”. Qualcosa che, almeno ad oggi, assolutamente non esiste, e serve solo per distrarre la gente dai problemi reali che ci assillano.
Bene, questo qualcuno si vada a leggere la storia, please. Si legga almeno gli storici comunisti come Paolo Spriano, che qualcuno ha definito lo storico ufficiale del PCI. Una fonte insospettabile. Si accorgerà che fra le innumerevoli vittime del comunismo reale figurano una gran quantità di comunisti, addirittura di comunisti stalinisti, compresi quelli italiani. Ed allora, se ha, questo qualcuno, un minimo di onestà intellettuale, si chiederà se ha senso strillare per un braccio teso e tacere di fronte ai patetici cortei che hanno ricordato i cento anni dell'ottobre rosso. Con tanto di foto di baffone Stalin bene in vista.
Il fatto è che certi figuri hanno tutto , meno che onestà intellettuale.

martedì 28 novembre 2017

LA FINE DELLA VERITA' E LE FAKE NEWS

C'è qualcosa di paradossale nella polemica contro le fake news. Ed è che proprio negli ambienti in cui questa polemica è più forte il concetto stesso di verità è radicalmente contestato.
La religione dell'occidente politicamente corretto è il relativismo. Non il relativismo in senso debole, che sottolinea l'influenza del contesto socio culturale sul pensare e l'agire dell'uomo. Non quel positivo relativismo che è sinonimo di pluralismo. No, il relativismo in senso forte, quello che nega l'esistenza di una razionalità genericamente umana e di valori in grado, almeno potenzialmente, di interessare gli esseri umani in quanto tali.
Marx aveva a suo tempo affermato che “le idee dominanti sono le idee della classe dominante” e che è l'essere sociale degli uomini a determinarne la coscienza. Ed aveva in questo modo inferto un colpo durissimo al concetto stesso di verità. I contestatori del '68 sono andati oltre Marx. Ad essere travolto dalla “contestazione” è stato il pensiero scientifico, cui Marx cercava di restare agganciato. La fisica matematica, la medicina, l'idea stessa di un mondo reale diverso dal soggetto conoscente è stata irrisa come “pregiudizio borghese”. L'oggettività del mondo è un riflesso della alienazione borghese, si diceva negli anni 70 del secolo scorso. Lo ricordo bene...

E oggi le cose vanno anche peggio. Altro che influenza del quadro sociale sul pensiero! La differenza sessuale, le differenze fra le culture ed il diverso valore etico di certi usi e costumi rispetto ad altri, uragani, maremoti e terremoti, differenza ontologica fra uomo ed animali... tutto perde la sua oggettività, diventa “costrutto sociale”. I bambini hanno un padre ed una madre, lapidare una adultera è criminale, i disastri naturali sono sempre esistiti ed hanno prima di tutto cause naturali, la vita di un bambino vale più di quella di un toporagno o di un tonno, i vaccini salvano moltissime vite umane... affermazioni che un tempo nessuno si sognava di contestare vengono oggi presentate come segno di dipendenza  rispetto alla “cultura dominante” (quale cultura, quale dominio?).
Il mondo reale, la natura, quella autentica, non esistono più. Esistono i “costrutti”, gli “stereotipi” sessuali, culturali, sociali. Parlare di verità in un mondo simile è impossibile. Diceva Aristotele che la verità è corrispondenza fra pensiero ed essere. Dopo circa ventitre secoli il logico polacco Alfred Tarski afferma che L'enunciato “P” è vero se e solo se p. L'enunciato “la neve è bianca” (con le virgolette) è vero se e solo se la neve è bianca (senza virgolette). E' possibile parlare in questi termini di verità, e quindi di falsità,  se si accettano le teorie  sui “costrutti”? NO. Nella migliore delle ipotesi si può parlare di tante verità, tante quanti sono i “costrutti” o gli “stereotipi”.
Ognuno ha la sua verità e se la tiene ben stretta. E tutte sono vere ed, insieme, sono tutte false. Non è una idea nuova. La elaborò per primo un certo Protagora, ed il Socrate platonico la sottopose ad una critica acutissima.
Ma Protagora non si invento le “fake news” e neppure Marx se le inventò, e neppure gli scettici moderni, e neppure gli attuali post moderni più seri. Sono troppo intelligenti per non capire che se il vero non esiste non esiste neppure il falso, quindi non possono esistere notizie false. Il loro scetticismo è nichilistico, ma non fino al punto di teorizzare, insieme, la fine del reale, il superamento della verità e la lotta alle fake news.
Questo capolavoro riesce solo ai buffoni che infestano la politica italiaca, e non solo.

domenica 26 novembre 2017

EGITTO

“Il mondo islamico non può più essere percepito come fonte di ansia, pericolo, morte e distruzione per il resto dell'umanità. Le guide religiose dell'Islam devono uscire da se stesse e favorire una rivoluzione religiosa per sradicare il fanatismo e rimpiazzarlo con una versione più illuminata del mondo. (…)
I processi innescati dalla perversione islamista vanno bloccati. E' mai possibile che un miliardo e seicento milioni di persone possano mai pensare di riuscire a vivere solo se eliminano il resto dei sette miliardi di abitanti del mondo? No, è impossibile!”

Chi ha detto queste cose? Marine le Pen? Matteo Salvini? Donald Trump? No, le ha dette nel giugno del 2009, dinnanzi ai dotti della università di Azhar, Fattah al Sisi, presidente dell'Egitto.
Un abisso separa le parole di Al Sisi dai belati degli occidentali politicamente corretti. Il presidente egiziano non afferma che il terrorismo sarebbe estraneo all'Islam, come hanno fatto e fanno uno stuolo di personaggi che vanno da Barack Obama a Federica Mogherini a papa Francesco. Non tira in ballo le crociate o il colonialismo, e neppure i ghetti e l'islamofobia. Non contrappone i terroristi, piccoli gruppi di fanatici privi di seguito, alla massa dei fedeli islamici, al contrario dice chiaramente che dentro questa massa il germe del fondamentalismo fanatico ha messo solide radici. Al Sisi afferma in un'altra parte del suo discorso che l'Islam “autentico” è altra cosa dal fanatismo terrorista, ma aggiunge che per farlo emergere occorre nientemeno che una rivoluzione religiosa. In bocca ad un uomo politico europeo o americano queste parole verrebbero subito bollate come “manifestazione di islamofobia”. Così va il mondo...

L'Egitto è stato per lungo tempo la punta di diamante del fanatismo anti occidentale ed anti israeliano. Ha fatto almeno tre guerre contro Israele, la crisi di Suez, la guerra dei sei giorni e la guerra del Kippur, subendo sempre clamorose sconfitte. Alla fine Sadat, a suo tempo fedelissimo di Nasser, ha avuto il coraggio di assumere un atteggiamento realistico. Ha guardato ai veri interessi del suo popolo ed ha firmato la pace con Israele. L'Egitto ha riconosciuto diplomaticamente lo stato ebraico ed ha riavuto in cambio il Sinai, che aveva perso nella guerra dei sei giorni, un evento praticamente unico nella storia che molti occidentali dimenticano, quando parlano dei famosi “territori occupati”.
Sadat ha pagato con la vita il suo coraggio, ma da allora è stata pace fra Egitto ed Israele. E con Al Sisi l'Egitto ha iniziato una politica di collaborazione con lo stato ebraico finalizzata alla lotta al terrorismo. Per farla breve, se esiste in medio oriente uno stato con cui val la pena di dialogare e collaborare questo è proprio l'Egitto di Al Sisi.
Ma è proprio questo stato ad essere da tempo nel mirino degli occidentali “dialoganti”. L'Egitto di Al Sisi non è una vera democrazia, ripetono continuamente questi personaggi. Al Sisi ha compiuto un autentico golpe contro i fratelli musulmani che a suo tempo vinsero le elezioni, aggiungono. Certo, l'Egitto non è una "vera" democrazia, ma, Israele a parte, esistono forse “vere” democrazie in medio oriente? Quanto ai fratelli musulmani, è vero, vinsero le elezioni, ma nelle “vere” democrazie una forza che vince alle elezioni ha diritto di governare, non di eliminare le opposizioni.
Ma tutto questo conta poco per certi occidentali. Per loro si può dialogare con tutti, qualcuno fra gli incredibili “5 stelle” ha addirittura teorizzato che i terroristi dell'ISIS dovrebbero essere promossi al rango di “interlocutori”, ma non con l'Egitto di Al Sisi. Di fronte al presidente egiziano tutti si ricordano dei principi della democrazia liberale. Che bravi!
L'Italia poi! Ha assunto con l'Egitto di Al Sisi un atteggiamento durissimo, mai assunto nei confronti delle peggiori dittature teocratiche. C'era di mezzo il caso Regeni, è vero, ma il caso dei due marò, di fatto sequestrati dal governo e dalla magistratura indiane, non ha provocato conseguenze simili nei rapporti Italia India, mi pare.

L'Egitto è un po' la cartina di tornasole di tutte le ipocrisie, le paure, le viltà dell'occidente politicamente corretto. Gli occidentali “buoni” condannano senza riserve Al Sisi non per il suo autoritarismo, ma per la fermezza che dimostra nei confronti del terrorismo fondamentalista. L'Egitto piace poco ai "dialoganti" perché il dialogo con l'Egitto rende molto difficile qualsiasi apertura, compiacenza o giustificazionismo nei confronti del fondamentalismo islamico.
Per questo le parole di cordoglio dopo l'ultimo, rivoltante attentato perpetrato in quel paese suonano non sincere, ipocrite. Come i minuti di silenzio, i palloncini, i gessetti colorati, i lumini e i fiori.

martedì 21 novembre 2017

IL NATALE E I PRESUNTUOSI ARROGANTI

Mi è capitato di leggere queste parole, rivolte, sulla sua pagina, ad un mio amico di FB:

“io faccio lo scrittore e I miei libri sono venduti da Mondadori, Feltrinelli ecc...Inoltre sono autore e conduttore su Rai 1 quindi mi sa che stavolta lei abbia "sbattuto male". Di solito non rispondo a gente riottosa ed ignorante ma stavolta faccio uno sforzo e mi chiudo il naso per non sentire la puzza del dogma e dell' ignoranza.”

Uno scrittore! Mamma mia! Come si può non essere d'accordo, su qualsiasi argomento, con uno che pubblica con Mondadori e Feltrinelli?
Un paio di giorni fa ero in una libreria Feltrinelli. Faceva bella mostra di se sugli scaffali un libro intitolato: “l'arte della guerra”. Il suo autore però non era Sun Tzu, ma … Mike Tyson! Tyson è stato un grande pugile, ma sulle sue doti di scrittore mi permetto si nutrire alcuni piccoli dubbi. Chissà perché ne nutro altrettanti sulle doti di questo presuntuoso signore.
Quanto al conduttore RAI... da secoli guardo pochissimo o non guardo affatto i programmi RAI. Ho avuto una ulteriore conferma che faccio bene.

Ma su cosa dibattevano questo signore ed il mio amico? Presto detto. Il grande scrittore sosteneva che il Natale non è una festività cristiana. Un paio di millenni fa infatti in una data prossima all'attuale 25 dicembre si festeggiava la festa del “sol invictus”. E allora?
Il primo maggio è la festa del lavoro, una festa che fa parte della tradizione storica del movimento operaio. Poniamo che si scopra che 2000 anni fa si festeggiava in una data più o meno vicina all'attuale primo maggio, la festa della luna. Cosa dimostrerebbe questo? Che l'attuale primo maggio non è una festa legata alla tradizione del movimento operaio? Che la festa del lavoro è in realtà la festa della luna?
Dire che prima o poco dopo la nascita di Cristo non esistevano feste cristiane è un po' come dire che Aristotele non avrebbe mai scritto in una sua ipotetica autobiografia di essere nato il 384 AVANTI CRISTO. Bella scoperta!!!
Un tempo il Natale poteva essere una qualsiasi festa pagana. In seguito è diventato una festa cristiana e come tale OGGI lo festeggiamo NOI. E come tale fa parte della cultura di tutti noi, credenti o non credenti.
Malgrado le proteste degli scrittori e dei conducenti RAI.

venerdì 17 novembre 2017

REGALO DI NATALE

Il governo Gentiloni vuole lo Ius soli entro Natale.
La legge sulla cittadinanza NON è una legge come le altre. E' una legge fondamentale.
Assomiglia alla legge elettorale, ma è se possibile ancora più basilare di questa. La legge elettorale stabilisce quali devono essere le regole del gioco. La legge sulla cittadinanza stabilisce CHI SONO I GIOCATORI, chi ha diritto di giocare. E stabilire chi ha diritto di giocare è decisivo al fine del mantenimento di relazioni civili fra i cittadini. Se molti dei giocatori non accettano i valori fondamentali che stanno alla base di una società, questa inesorabilmente si disgrega. La dialettica politica tende a degenerare in scontro violento, privo di regole. L'anticamera della guerra civile.
Per questi motivi la legge sulla cittadinanza dovrebbe avere il consenso di una maggioranza molto ampia e trasversale. Non dovrebbe in nessun modo apparire come una imposizione e non dovrebbe contrastare con sentimenti diffusi nel paese. Ma tutti, a partire da Renzi e Gentiloni, sanno che la maggioranza degli italiani è contraria allo ius soli, o nutre su questa legge fortissime perplessità.

Il governo Gentiloni si regge su una maggioranza di transfughi, eletta grazie ad una legge dichiarata incostituzionale.
Lo Ius soli non faceva parte del programma di alcuno dei partiti che alle ultime elezioni politiche hanno chiesto la fiducia degli elettori.
Si ha intenzione di imporlo a suon di voti di fiducia.
Soprattutto, il PD vuole disperatamente questa legge per due motivi: pensa di raccattare qualche voto di “nuovi italiani” e di ricomporre il legame con le forze alla sua sinistra.
Insomma, vogliono imporre a tutti lo ius soli per cercare di costruire uno straccio di alleanza con Bersani e Speranza. Semplicemente INDECENTE!
Non dico altro.

giovedì 9 novembre 2017

TESTATE

La testata di Roberto Spada Spada al giornalista che lo stava intervistando è un atto di violenza incivile. Dal video non sembra, ma anche se il giornalista fosse stato particolarmente aggressivo la reazione di Roberto Spada sarebbe comunque ingiustificabile. Ci sono mezzi per liberarsi di un intervistatore inopportuno senza cadere in forme di violenza intollerabile.
Sferrare una testata all'improvviso, approfittando del fatto che la persona a cui è diretta ignora le tue intenzioni e non si mantiene a distanza di sicurezza è una azione tipica dei teppisti. E tanto basta, direi, per qualificare il gesto dello Spada.
Ciò detto e ribadito, non posso fare a meno di pensare a quanto spesso i media usino il metodo dei due pesi e delle due misure.
Di fronte a filmati che rappresentano scene di violenza la politica dei media è, di solito, quella della censura. Ricordo che una volta un annunciatore parlava al popolo bue della neve che cadeva copiosa in un paese del centro Italia. “Sono scesi a valle i lupi” diceva. “Ne è stato filmato uno che azzanna un cavallo. Preferiamo non mostrarvi le immagini”.
Non possiamo vedere il filmato di un lupo che azzanna un cavallo... troppo “shoccante” per noi comuni mortali! E non parliamo poi dei morti ammazzati dai vari terroristi islamici! Su loro cala una cortina di impenetrabile nebbia.
Ma per l'aggressione al giornalista le cose sono ben diverse! La violenta testata è stata mostrata innumerevoli volte, quella potevamo vederla benissimo!
Ed ancora. In Italia avvengono continuamente moltissimi atti di violenza. Treni e stazioni spesso si trasformano in terre di nessuno, dove bande di balordi attaccano la gente per bene con pugni, calci e testate, addirittura a coltellate o colpi di macete. Ma queste notiziole non conquistano le prime pagine dei giornali, o l'apertura dei vari TG. A queste non si dedicano lunghi servizi, interviste, sottili commenti sul loro senso profondo.
Come sarebbe bello se ogni tanto i media fossero equilibrati, almeno un po', nell'informare!

mercoledì 8 novembre 2017

UN PATETICO CORTEO


Russia, comunisti italiani a Mosca per i cento anni della Rivoluzione

Il centenario della rivoluzione d'ottobre è passato sotto silenzio un po' ovunque nel mondo. Proviamo a pensarci. Se qualcuno avesse chiesto a Lenin, esattamente cento anni fa: “come sarà il mondo il 7 novembre 2017?” questi avrebbe quasi certamente risposto: “sarà COMUNISTA”.
Invece cento anni dopo è la Russia a non essere più comunista. E la Cina, l'altro faro del comunismo mondiale, è una sorta di ibrido: un colosso semi liberista in economia e comunista in politica. Ultima smentita della nota teoria marxiana secondo cui la struttura economica determina la sovrastruttura politica e giuridica.
Ma quel centenario è passato quasi sotto silenzio soprattutto là dove tutto è nato: in Russia. Niente manifestazioni ufficiali. In compenso una patetica manifestazione di nostalgici venuti da mezzo mondo.
Erano presenti i seguaci del partito comunista russo, un tempo padrone assoluto del paese ed oggi minuscola accozzaglia di nostalgici dei gulag. C'erano i maoisti e i tifosi di Pol Pot. I castristi ed i trotzkisti della quarta internazionale, meglio sarebbe dire DELLE quarte internazionali, perché la creatura di Lev Davidovic Trotzky, se non ha condotto il proletariato mondiale al “vero” comunismo ha replicato se stessa innumerevoli volte.
I seguaci di leader rivoluzionari che si sono spesso e volentieri ammazzati fra loro hanno marciato tutti insieme a Mosca, uniti nel ricordo dell'Ottobre. Hanno messo nel dimenticatoio i processi farsa, le picconate nel cranio, le accuse di spionaggio, tradimento e terrorismo, le torture, le privazioni del sonno, le fucilazioni. Ed anche le guerre, le guerre fra paesi comunisti, come quella a suo tempo sfiorata fra Cina ed URSS e quelle realissime fra Cina e Vietnam, fra Vietnam e Cambogia. L'internazionalismo proletario è rinato a Mosca, nel ricordo.

Erano quasi tutti vecchiotti i manifestanti. Uomini col viso incorniciato spesso da barbe fluenti. Anziane signore dall'aria mite, con alle spalle, probabilmente, dure lotte di classe.
C'erano gli italiani ovviamente. I militanti dei minuscoli partiti comunisti del nostro paese. Tutta gente che ha vissuto un momento di gloria quando aiutò Prodi a tenere a bada il nemico del popolo per eccellenza... un tale di Arcore.
Personaggi coerenti, se non altro. Sarebbero pure simpatici questi vecchi nostalgici, se...
Se non fosse che dietro alle loro nostalgie ci sono decine di milioni di morti.
Ci sono coloro che morirono di freddo lavorando coperti di stracci nelle lande ghiacciate siberiane.
Ci sono gli ospiti dei laogai cinesi. I contadini spinti al cannibalismo in Ucraina come in Cina, come in Cambogia. Gli operai che rischiavano la fucilazione per uno sciopero. Gli intellettuali destinati ai lavori forzati per una virgola fuori posto, i dissidenti politici spediti nei manicomi criminali, i commercianti, gli artigiani, gli imprenditori, sempre e comunque  nemici del popolo. Ci sono società intere costrette a subire la più colossale operazione di chirurgia sociale di ogni tempo.

I manifestanti di Mosca non marciavano inneggiando all'idea comunista contrapposta al comunismo reale. E' insostenibile una tale contrapposizione ed i rottami del comunismo almeno questo lo sanno. In questo, solo in questo, sono meglio di tanti altri che dopo decenni di materialismo storico hanno scoperto il comunismo platonico, la bellezza dell'idea pura contrapposta al grigiore della realtà.
No, quei manifestanti esaltavano il comunismo reale. Esaltavano i vari Stalin, Mao, Pol Pot. Per questo non possono risultare simpatici, in alcun modo.
Provare simpatia per loro è come provare simpatia per chi ha nostalgia dei lager e delle camere a gas.
Assolutamente impossibile!

sabato 4 novembre 2017

IL DECALOGO DEI PICCOLI DELATORI



Nel fimato una sequenza del film "le vite degli altri", ambientato nella ex DDR, un paese in cui la delazione era prassi generalizzata. Qualcuno oggi in Italia ha nostalgia, temo, di un simile regime. Vorrebbe riproporcelo, con le dovute modifiche. E vorrebbe farlo in nome della "correttezza dell'informazione".

Il presidente della camera, signora Laura Boldrini, è molto preoccupata per gli usi “distorti” della rete. E' quindi sostenitrice di un “progetto formativo” tendente a “sensibilizzare” gli studenti delle medie superiori sul “buon uso” della rete. Soprattutto vanno combattute le notizie false e gli incitamenti all'odio. Ai giovani dovrebbe essere somministrato un decalogo di buone norme. Le espongo qui di seguito. Ad ognuna si accompagna un breve commento.

Condividi solo notizie verificate.
Cosa vuol dire, di preciso, una simile esortazione? Poniamo che un giovanotto sgozzi una pensionata sul metrò urlando “Allah akbar”. Si può dire che si tratta di terrorismo islamico od occorre aspettare che il giovanotto sia catturato, processato e condannato come terrorista al termine di un processo durato un anno? Dietro alla apparente neutralità una simile esortazione mira in realtà a bloccare ogni condivisione di notizie.


Usa internet per verificare le notizie
.
E COSA di ciò che è possibile trovare in rete deve considerarsi una verifica attendibile?

Chiedi fonti e prove.
Idem come sopra.

Chiedi aiuto agli esperti.
Quali esperti? Quelli che ci dicono che tutti i migranti sono profughi o che gli stessi ci pagano le pensioni?

Ricorda che internet e i social network sono manipolabili.
Invece i vari TG NON sono “manipolabili”. Molto spesso sono “manipolati”.

Riconosci i vari tipi e gli stili delle notizie false.
Per imparare a riconoscere le notizie false c'è un ottimo modo: ascoltare le corrispondenze estere dei vari TG, specie dagli Stati Uniti. Vogliamo fare un esempio? Quasi tutti i TG hanno dato l'annuncio dell'arresto di Paul J . Manafort in questo modo: "arrestato Paul Manafort nell'ambito dell'inchiesta sul russia gate". In realtà le imputazioni a carico di Manafort non c'entrano nulla col russia gate. Più in generale, se l'annunciatore, o l'annunciatrice definisce il PRESIDENTE Trump con l'appellativo di “TYCOON” si può essere ragionevolmente certi che il resto del suo servizio sarà pieno di notizie false o manipolate.

Hai un potere enorme, usalo bene.
Invece chi ascolta i vari TG ha un SOLO, PICCOLISSIMO, potere: cambiare canale o spegnere il televisore.

Dai il buon esempio: non lamentarti del buio ma accendi la luce.
Giustissimo. Basta stabilire cosa è buio e cosa è luce.

Impara a riconoscere gli odiatori e i provocatori seriali.
Ad esempio quelli che ti dicono razzista se esprimi qualche dubbio sulla politica delle porte aperte alla immigrazione incontrollata, o ti definiscono “islamofobo” se non credi che l'Islam non sia una religione di pace, o ti danno del “fascista” se ricordi che il comunismo è costato decine di milioni di morti al genere umano, o parlano di te come “xenofobo” se non ami troppo la UE.
Più in generale, siamo davvero certi che non si debba odiare mai nessuno? Gli ebrei condotti alle camere a gas avevano o non avevano il diritto di odiare i loro aguzzini?

Ricorda che il tuo clic ha un valore.
Verissimo, per questo occorre difenderlo dai tentativi di censura politicamente corretta.

Val la pena di ricordare che esistono, giustamente, i reati di calunnia, diffamazione, diffusione di notizia false e tendenziose. Se scrivo in rete che Tizio è un ladro posso essere deunuciato, ovviamente. Ma gli estensori del decalogo non mira
no a colpire i reati, vogliono impedire la diffusione in rete di notizie, e commenti alle stesse, non in linea col pensiero unico politicamente corretto. Ad esempio, prima stabiliscono che la diffusione di notizie sulla nazionalità di un criminale non è importante ai fini di una "corretta informazione", a meno che il criminale non sia italiano; poi bollano come "razzista" e "seminatore di odio" chunque si azzardi a ricordare che, ad esempio, un certo stupro è stato commesso da un migrante. E il malcapitato "diffusore di odio" non viene processato,  ancora non siamo a questo punto, ma semplicemente bannatto dai social, fra gli applausi dei "buoni".
L'iniziativa ha in realtà un solo scopo: censurare la rete, spingere i giovani a denunciare i loro amici e compagni che scrivono in rete cose non gradite. Non stupisce una simile iniziativa. L'informazione ufficiale è oggi profondamente inattendibile. Per tornare ad un esempio già fatto, molto spesso i vari TG tacciono sulla nazionalità di persone che hanno commesso crimini gravissimi al fine, dicono, di non alimentare il “razzismo”, in realtà il sacrosanto rifiuto di una politica che aumenta in maniera esponenziale il degrado sciale e l'insicurezza.
E' molto facile ed anche giusto, molto spesso, criticare a rete. Ma, con tutti i suoi gravissimi difetti, questa resta un ostacolo formidabile alla attuazione di un simile progetto di normalizzazione. Per questo cercano di metterla in riga, in tutti i modi, anche a costo di trasformare i giovani in delatori e di creare una società simile alla DDR descritta nel film: le vite degli altri.
Per questo val davvero la pena di opporsi ai tentativi di censura, a tutti i livelli.

domenica 29 ottobre 2017

LOGICA IMPAZZITA

“Lo ius soli non è una legge sull'immigrazione” ha detto il ministro Minniti, “è una legge sulla integrazione”.
Certo, come no? Lo ius soli è una legge sulla integrazione perché concedendo cittadinanze facili si integrano i nuovi venuti, è tanto semplice... solo degli xenofobi razzisti possono non capirlo.
Però... però con lo stesso modo di ragionare (si fa per dire) potremmo stabilire che una legge sul “18 politico” incrementa il numero delle lauree, quindi la cultura.
Ed eliminando il reato di clandestinità, o definendo “richiedenti asilo” i clandestini, si eliminano i clandestini.
E non tacendo sulla nazionalità di tante persone che commettono reati gravissimi si elimina il degrado derivante dalla immigrazione fuori controllo.
Se non puoi cambiare le cose cambia le parole. Stabilisci che un immigrato è “italiano” e avrai risolto i problemi della immigrazione. Decidi che se ha frequentato un corso scolastico è “integrato” e avrai una diffusione enorme della integrazione. Se poi quell'integrato sgozza qualcuno gridando “Allah akbar” i commentatori dei vari TG diranno: “questo crimine non ha nulla a che vedere con l'immigrazione e l'Islam. Infatti (INFATTI) è stato commesso da una persona perfettamente integrata nel nostro sistema di valori”. Tizio è "integrato" perché ha frequentato un corso scolastico. Il corso scolastico integra perché Tizio è integrato. Ragionano così, loro...
Fra un po' qualcuno stabilirà che il terrorismo non esiste, dopo di che sarà facilissimo fare apparire tutti i crimini di terrorismo come derivanti da “depressione”, o da “cupidigia borghese”.
Quando il mondo si rovescia la logica impazzisce.

venerdì 27 ottobre 2017

NOVE PUNTI, SCONTATI, SU ISRAELE

Le menzogne su Israele sono numerosissime e costantemente ripetute ed amplificate dai media. Vengono addirittura raccontate ai ragazzini delle scuole medie i cui testi di storia e geografia sono spesso autentici libelli propagandistici.
Ad Israele si muovono molte accuse, ma
TUTTE sono riconducibili ad una: la sua esistenza. Israele sarebbe nato dal furto di terra perpetrato dagli ebrei ai danni dei palestinesi. E' quindi la sua ESISTENZA ad essere in discussione. Tutte il resto: i “territori”, il “muro”, le presunte “atrocità” deriva da questa colpa originaria: Israele esiste, ma non dovrebbe esistere. Quindi qualsiasi cosa faccia è, per definizione, sbagliata. E qualsiasi cosa facciano ii suoi nemici è, sempre per definizione, giusta o quanto meno giustificabile.
Val la pena quindi di puntualizzare alcune cosette, rapidamente e per punti.


1) Quando i primi coloni ebrei si unirono in Palestina agli ebrei da tempo già residenti in quella terra,
NON esisteva alcun stato palestinese. Non a caso, visto che uno stato palestinese non è MAI esistito.
2)
NON è mai esistito, prima della creazione di Israele, neppure un MOVIMENTO NAZIONALE palestinese. L'organizzazione per la liberazione della Palestina nasce nel 1964, sedici anni dopo la nascita dello stato di Israele. Prima non esisteva alcun movimento che mirasse alla fondazione di uno stato palestinese.
3) Gli ebrei
NON hanno rubato la terra ai palestinesi ma la hanno da loro COMPRATA.
4) La risoluzione ONU che diede vita ad Israele dava vita anche ad uno stato arabo in Palestina. Furono gli stati arabi,
non i palestinesi, a rifiutare quella risoluzione che dava attuazione allo slogan, oggi molto ripetuto, “due popoli due stati”.
5) I famosi “territori” furono occupati dagli israeliani al termine della guerra dei sei giorni, nel 1967. Quella guerra fu combattuta da Israele contro una coalizione di numerosi stati arabi. Il suo antefatto fu il blocco dello stretto di Tiran messo in atto dall'Egitto. Scopo dichiarato degli stati arabi coalizzati era di cancellare lo stato ebraico dalla faccia della terra.
6) Definire territori “occupati” Gaza o la Cisgiordania è quindi un po' come definire “territorio occupato” la penisola d'Istria, o, perché no, il Nuovo Messico. Ciò nonostante Israele restituì al suo più potente nemico di allora, l'Egitto, la penisola del Sinai, in cambio del semplice
riconoscimento diplomatico. Da allora è stata pace fra Israele ed Egitto.
7) Israele è da tempo disponibile a concedere ai Palestinesi il controllo della Cisgiordania e di Gaza, anzi, ha già di fatto ceduto loro questi territori. Perché questi possano diventare uno stato palestinese a tutti gli effetti occorre che i palestinesi riconoscano de iure e de facto Israele per quello che è: lo stato degli ebrei. Ma è proprio questo che i palestinesi non intendono fare, al di la di generiche e fumose frasi propagandistiche.
8) I palestinesi pretendono che rientrino in Israele i famosi profughi, cioè coloro che hanno preferito fuggire dallo stato ebraico in seguito alle varie guerre. Questi profughi sono cresciuti a dismisura nel tempo. I palestinesi sono infatti gli unici a potersi passare lo status di profugo da padre a figlio. In ogni caso, se i profughi dovessero rientrare in Israele gli ebrei si troverebbero in minoranza nel loro stato. E' logico che rifiutino una simile prospettiva.
9) Israele è lo stato che ha dato rifugio e protezione al popolo più perseguitato della storia. Coloro che sono contro la sua esistenza e rifiutano nel contempo di definirsi “antisemiti” hanno mai pensato a cosa succederebbe agli ebrei israeliani se il loro stato cessasse di esistere?

Si potrebbe continuare, ma può bastare, penso. Purtroppo queste cose, note a chiunque abbia un minimo di conoscenza della storia, sono ignote al grande pubblico. Cui i media presentano solo lacrimevoli e faziosi servizi sulle “atrocità” israeliane.

martedì 17 ottobre 2017

DUE CONCEZIONI

Quelli che seguono sono brevi brani della celeberrima “lettera sulla tolleranza” di Jhon Locke.

Lo stato è, a mio modo di vedere, una società umana costituita unicamente al fine della conservazione e della promozione dei beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l'integrità fisica e l'assenza di dolore, e la proprietà di oggetti esterni, come terre, denaro, mobili ecc.

È compito del magistrato civile conservare sana e salva una giusta proprietà di questi beni, che riguardano questa vita, per tutto il popolo in generale e per ogni singolo suddito in particolare,  mediante leggi valide ugualmente per tutti (...) la cura delle anime non può riguardare il magistrato civile, poiché la sua autorità consiste interamente nella costrizione. Ma, consistendo la religione vera e salutare nella fede interiore, senza la quale nulla ha valore presso Dio, la natura dell'umano intelletto è tale, che esso non può essere costretto da alcuna forza estrinseca. (…) Vediamo ora che cos'è la chiesa. A mio modo di vedere, la chiesa è una libera società di uomini che si uniscono volontariamente per adorare pubblicamente Dio nel modo che credono gradito alla divinità al fine della salvezza delle anime. Dico che è una società libera e volontaria. (...)

Qui di seguito invece i primi due articoli della
COSTITUZIONE della repubblica islamica dell'Iran.

1)
Lo Stato dell’Iran è una Repubblica Islamica che la nazione dell’Iran, sulla base della fede tradizionale nel governo della verità e della giustizia [rivelato] nel Corano, in seguito alla vittoria della Rivoluzione Islamica guidata dall’Ayatollah Al-Ozma lmam Khomeini (…)
2) La Repubblica Islamica è un sistema basato sulla fede nei seguenti principi:

1. lI Monoteismo (espresso nell’affermazione “non vi è altro dio che Dio”), la sovranità e la legge come appartenenti esclusivamente a Dio, e la necessità di osservare i Suoi comandamenti.

2. La Rivelazione Divina2 e il suo ruolo fondamentale nel determinare le leggi.

3. La Resurrezione e il suo ruolo costruttivo nei corso dell’evoluzione che guida l’umanità verso Dio.

4. La Giustizia divina nella Creazione e nella legge. (...)


Quelle che qui si confrontano sono due concezioni diametralmente opposte dello stato e della chiesa. Da una parte la concezione laica: lo stato ha il compito di occuparsi delle cose terrene, del benessere e della sicurezza degli esseri umani in questa vita, la chiesa invece deve interessarsi della salvezza delle anime. E deve essere una associazione volontaria, perché nessuno può essere costretto a guadagnarsi il paradiso.
Dall'altra una concezione teocratica dello stato e della chiesa. Le due istituzioni di fatto vengono a coincidere: la Chiesa regola fin nei minimi dettagli la vita terrena degli esseri umani e lo stato obbliga i cittadini alla stretta osservanza dei doveri religiosi. La legge colpisce con pari rigore i crimini contro la sicurezza dei cittadini come quelli contro la divinità. Anzi, i crimini contro la divinità sono puniti con un rigore ancora maggiore.
Tutti coloro che parlano di “armonica integrazione” fra diverse civiltà devono, se hanno un minimo di onestà intellettuale, porsi la seguente domanda: queste due concezioni sono in qualche modo compatibili? Possono convivere? Chi è convinto che lo stato non debba interessarsi alla sua salvezza eterna può formare un qualsiasi tipo di comunità con chi è invece convinto del contrario? Ecco, i teorici del “multiculturalismo” devono solo rispondere a questa domanda. Rispondere seriamente, senza frasette retoriche o vuoti giri di parole. Non credo lo possano fare.
Ed infatti non lo fanno. E il tanto celebrato "multiculturalismo" non assomiglia infatti, in nessun modo, alla tanta conclamata "integrazione". Le diverse culture non si integrano affatto, ma convivono, l'una accanto all'altra, come corpi estranei, se non nemici.
Col risultato che le attuali società occidentali assomigliano sempre più ad un aggregato di tribù. In attesa che una tribù prevalga sulle altre. E che noi tutti ne diventiamo membri.

domenica 8 ottobre 2017

SCIOPERO DEL PENSIERO


Nei vari paesi vigono leggi diverse sulla cittadinanza. In Europa prevale lo ius sangunis variamente temperato. In Francia vige lo ius sanguinis, ma il figlio di stranieri diventa francese se almeno uno dei genitori è a sua volta NATO IN FRANCIA. Lo stesso accade in Spagna. In Svizzera esiste uno ius sanguinis puro. Negli Stati uniti vige lo ius soli.
Secondo “The Citizenship Laws Dataset”, ricerca condotta da due ricercatrici nel maggio 2009 sulle leggi in materia condotta sulla legislazione di 162 paesi, nel 1948 lo ius sanguinis era adottato da 67 stati, la legislazione mista da 19 e lo ius soli da 76. Nel 1975, lo ius sanguinis coinvolgeva 101 stati, la legislazione mista 11, lo ius soli 50. Nel 2001, invece, lo ius sanguinis riguardava 88 stati, la legislazione mista 35 e lo ius soli 39. Ricapitoliamo: lo ius soli che è così à la page, così di moda, è stato abbandonato in 53 anni da 37 nazioni. Nello stesso periodo, invece, 21 paesi sono passati alla legislazione sulla cittadinanza per discendenza. A tutt’oggi, lo ius soli puro è applicato solo in Paesi che sono ex colonie, quello “temperato” in una manciata di altri Paesi che hanno comunque storie del tutto peculiari.
Detto questo, si possono portare argomentazioni ragionevoli a difesa di ognuna delle varie legislazioni. Ad esempio, è naturale che paesi storicamente nati dalla immigrazione  abbiano adottato lo ius soli, mettendo, nel contempo, limiti e controlli seri alla immigrazione stessa.
Quello che invece NON è ammissibile è trasformare lo “ius soli” in un fatto di civiltà. La lotta per lo ius soli in una battaglia della luce contro le tenebre, della libertà contro il bieco razzismo.
La Svizzera è forse un paese “razzista”? E' forse dominata da un bieco nazionalismo? Sarebbe molto strano, visto che si tratta di uno stato multinazionale.
Sono “razzisti” paesi come la Francia o la Spagna? Sono “sciovinisti i paesi che hanno abbandonato lo ius soli per forme più o meno attenuate di ius sanguinis?
Più che lo sciopero della fame “a staffetta” certi personaggi stanno facendo, mi pare, un grande sciopero del pensiero. NON a “staffetta”

mercoledì 4 ottobre 2017

SCIOPERO DELLA FAME

Lo sciopero della fame è stato, ed ancora è in certe parti del mondo, una estrema forma di lotta e di testimonianza contro forme mostruose di prevaricazione. Lo hanno messo in atto, tra gli altri, alcuni ospiti delle galere hitleriane e staliniane, che potevano solo digiunare per cercare di opporsi alla macchina che li stava stritolando. Senza successo, purtroppo. In “Arcipelago Gulag” Solzenicyn parla dello sciopero della fame. Se alle autorità non importava nulla che il prigioniero vivesse o meno questi poteva allegramente morire di fame, senza che nessuno ne sapesse niente. Se erano invece interessate a tenerlo in vita ancora per un po' gli ficcavano un tubo in gola e lo nutrivano forzatamente. Tutto regolare.
Poi questa tragica forma d lotta si è gradualmente trasformata. E' diventata uno strumento di propaganda fra i tanti.
Non mi va che ci sia la tal legge? Io chiedo che sia abrogata e faccio un bello sciopero della fame a sostegno della mia richiesta. Voglio che la tal altra legge sia invece approvata? Inizio a digiunare per indurre il parlamento ad approvarla.
Da estrema arma contro le prevaricazioni lo sciopero della fame è diventato a sua volta uno strumento di prevaricazione. Non c'è nulla di non violento nel dire: “o approvate la tal legge, abrogate la tal altra, o io mi uccido”. Chi si comporta in questo modo non è una vittima che si difende, è un prepotente che cerca di imporre agli altri la sua volontà.
Ed è di solito una persona poco seria. Che digiuna in maniera assai strana, con molte eccezioni. Salta il pranzo ma non la cena, la colazione ma non la merendina.
L'ultima trovata è lo sciopero della fame “a staffetta” messo in atto da alcuni parlamentari del PD a sostegno della legge sullo ius soli.
Cosa vuol dire sciopero della fame “a staffetta”? Oggi digiuna Tizio, domani Caio, dopodomani Sempronio?
Oppure, Tizio non mangia gli spaghetti, Caio la carne, Sempronio l'insalata?
Oppure, Tizio salta la colazione, Caio il pranzo, Sempronio la cena?
Ci spieghino per favore.
O forse non c' nulla da spiegare. E' fin troppo chiaro quanto questi “scioperanti” siano persone poco serie.

domenica 1 ottobre 2017

LEGALITA', GIUSTIZIA, DIRITTO ALLA RIBELLIONE. IN DIECI PICCOLI PUNTI


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Le leggo e le sento talmente grosse sul problema della legalità che forse val la pena di fissare alcuni punti, SENZA entrare nel merito della secessione catalana.

1) Uno stato non nasce quasi mai in maniera legale. Affinché uno stato nascesse in maniera legale ci dovrebbe essere una legge precedente alla formazione dello stato stesso, il che è impossibile perché la legge nasce appunto con lo stato, non prima. Uno dei pochissimi esempi di uno stato nato in maniera legale è ISRAELE, nato da una delibera ONU.

2) Anche se la nascita di uno stato è quasi sempre non legale qualsiasi stato provvede da subito a darsi delle leggi perché solo in questo modo è possibile garantire la civile convivenza dei cittadini. Contrapporre l'origine non legale di uno stato alla necessità di osservarne le leggi è privo di senso.

3) Non tutte le leggi sono giuste. La legalità non coincide sempre con la giustizia. Quindi è possibile che in situazioni gravissime si sia costretti a mettersi fuori dalla legge per avere giustizia. Uno dei padri del liberalismo, John Locke, ha teorizzato il diritto alla ribellione.

4) Ovviamente non sempre chi rifiuta la legalità in nome della giustizia ha ragione. Molto spesso ha torto marcio, specie se la legalità che viene rifiutata garantisce a tutti i fondamentali diritti civili e politici. Locke, nel momento stesso in cui teorizza il diritto alla ribellione lo limita a pochi e gravissimi casi.

5) Il diritto alla ribellione non è un diritto positivo, non è qualcosa che la legge possa concedere. E' uno di quelli che i liberali classici chiamavano “diritti naturali”. Appellarsi al diritto alla ribellione significa mettersi fuori dalla legalità.

6) Chi si mette fuori dalla legalità compie un atto eversivo, o, se si preferisce, rivoluzionario. Questo è il punto decisivo. Se ci si mette fuori dalla legge si entra in un terreno nel quale ad essere decisivi sono i rapporti di forza. Chi si balocca col diritto a porsi fuori dalla legalità questo deve averlo sempre ben presente: entra in una spirale che può concludersi con una guerra civile.

7) Se ci si mette sul piano dei rapporti di forza non ci si può lamentare se anche l'altra parte usa la forza. Se le controversie non vengono risolte nell'ambito della legge si risolvono in piazza. Con i pugni prima, poi con le pietre... poi con altri mezzi ancora. E questo vale per tutte le parti in causa. Fare appello alla forza e poi lamentarsi perché la usano anche gli altri è poco serio.

9) Per questi motivi qualsiasi politico responsabile ci deve pensare mille o centomila, o un milione di volte prima di entrare in una spirale che può portare ad una guerra civile

10) Mantenersi nella legalità, evitare le scelte che possono far precipitare la situazione, usare i numerosi strumenti che la democrazia occidentale mette a disposizione di chi dissente non è quindi un atto di viltà. E' un atto di massima responsabilità democratica.

Speriamo che in Spagna, in Catalogna ed in Castiglia, se ne ricordino TUTTI.

venerdì 22 settembre 2017

UNO PSEUDO FILOSOFO

E' sempre più presente in rete, ed in TV ed in libreria, uno pseudo filosofo. Un giovanotto arrogante che risponde al nome di Diego Fusaro. Non conosco bene il pensiero di questo signore e, a dir la verità, la cosa mi interessa poco. Però ho sentito in un video questo “filosofo” sostenere che gli attuali processi migratori sono determinati dalla necessità del “capitale internazionale” di “ricostituire l'esercito industriale di riserva” ed argomentare la sua affermazione con l'uso di categorie marxiane.
Cos'è per Marx l'esercito industriale di riserva? Molto semplicemente la massa dei disoccupati che, facendo concorrenza agli occupati, contribuiscono a mantenerne bassi i salari.
E come si forma l'esercito industriale di riserva?
Marx ne parla nel libro primo, sezione settima, capitolo 23 del “Capitale”. (Per trovare il punto preciso mi sono aiutato con la rete, poi ho controllato la corretezza delle citazioni consultando una vecchissima edizione del “Capitale” che ho comprato secoli fa, e che conservo con grande cura).
L'esercito industriale di riserva è per Marx la conseguenza della sostituzione del lavoro vivo col lavoro morto, detto in altre parole, di operai  con macchine.
Cediamogli la parola.


“la rivoluzione tecnica del capitale addizionale è accompagnata dalla rivoluzione tecnica del capitale originario. Con il procedere dell’accumulazione varia quindi la proporzione fra la parte costante del capitale e quella variabile; se in origine era di i 1:1 ora diventa 1, 2 : 1, 3 :1, 4 1, 5 : 1, 7  ecc., cosicchè, aumentando il capitale, invece della metà del suo valore complessivo si convertono in forza-lavoro progressivamente solo 1/3, 1/4, 1/5, 1/6, 1/8, ecc., e di contro si convertono in mezzi di produzione 2/3, 3/4, 4/5, 5/6, 7/8, ecc. Siccome la domanda di lavoro non è determinata dal volume del capitale complessivo, ma dal volume della sua parte costitutiva variabile, essa diminuirà quindi in proporzione progressiva con l’aumentare del capitale complessivo, invece di aumentare in proporzione di esso” (1)
Traducendo: più avanza la accumulazione del capitale più le macchine sostituiscono gli operai, da qui il crescere dell'esercito industriale di riserva e la concorrenza fra occupati e disoccupati. Come si vede in questo processo l'immigrazione non c'entra assolutamente NULLA.
Ovviamente il dottor Fusaro può non concordare, come io non concordo, con Marx, ma allora è bene che non infioretti i sui discorsetti con citazioni marxiane.

Val la pena di aggiungere alcune altre considerazioni.

1) Per Marx l'aumento del lavoro morto a scapito del lavoro vivo (macchine al posto di operai) porta inevitabilmente (!) alla caduta del saggio di profitto. Il profitto deriva infatti per Marx solo dalla parte variabile del capitale (è plusvalore estorto agli operai), quindi il rapporto fra questo plusvalore ed il totale del capitale investito non può che calare se aumenta la componente fissa di questo.

2) E' semplicemente ridicolo pensare che al “capitale internazionale” occorra oggi una enorme quantità di mano d'opera dequalificata, del tutto inutilizzabile nei settori di punta della produzione. Un operaio del tutto dequalificato non può di certo fare concorrenza ad un tecnico infotmatico, quindi non può neppure contribuire a far calare la sua retribuzione.

3) Il processo di concentrazione e di automazione del lavoro ha raggiunto ormai livelli avanzatissimi.  Dovrebbe quindi esistere quasi ovunque in occidente, e non solo, un enorme esercito industriale di riserva. Perché mai accrescerlo ancora?

4) Come mai paesi capitalistici molto avanzati come il Giappone, ed ora anche gli USA, contrastano i flussi migratori? In Giappone e negli USA non serve l'esercito industriale di riserva?

5) La teoria della caduta del saggio di profitto è la previsione marxiana maggiormente smentita dalla storia. Insieme a quella della crescita continua ed inarrestabile dell'esercito industriale di riserva.

Ma tutto questo forse è troppo per il dottor Fusaro. Questo “filosofo" parla di argomenti che conosce poco, sostituendo le scarse conoscenze con l'arroganza.
Purtroppo ha un certo numero di seguaci sia a destra che a sinistra.
Segno dei tempi.





1) Karl Marx: Il Capitale. Avanzini Torraca 1965, pag. 366

venerdì 15 settembre 2017

I FONDI DELLA LEGA

Se Tizio usa a fini privati dei fondi che dovrebbero servire a finanziare la attività politica del suo partito, ad essere danneggiato è proprio il partito di Tizio. Questo indipendentemente da ogni considerazione sulla bontà o meno della legge sul finanziamento pubblico ai partiti o sulla estrema difficoltà di distinguere, in molti casi, quali spese siano da considerare legate alla attività politica e quali no.
Ma la magistratura a volte non fa distinzioni troppo sottili. E così la condanna di Bossi e Belsito, il cui comportamento ha, a rigori, danneggiato la lega, è stata seguita dal blocco di tutti i fondi di questo partito che in questo modo risulta doppiamente danneggiato. Un provvedimento gravissimo, mai preso per nessun partito, anche se tutti sanno che per decenni i partiti, TUTTI I PARTITI, si sono finanziati in maniera assai irregolare, per usare un cortese eufemismo.

E' molto, molto difficile non pensare che dietro ad un simile provvedimento non ci siano finalità politiche. Di fatto si impedisce alla lega di svolgere attività politica, la si paralizza in un momento estremamente delicato della vita del paese. Va detto chiaramente: un simile provvedimento è da condannare indipendentemente dalle simpatie o antipatie che si possono nutrire nei confronti della lega. Se un atto della magistratura può di fatto bloccare la vita di un partito la democrazia non esiste più, tutti i partiti sono a rischio.
Per venti e più anni la magistratura italiana ha dato la caccia a Berlusconi, imbastendo contro il cavaliere decine di processi, aprendo centinaia di inchieste e spendendo quantità enormi di pubblico denaro (alto che le cifre spese da Bossi e Belsito!)
Si poteva sperare che, eliminato il cavaliere, le cose si calmassero, ma non sembra sia così.
Una vera riforma della giustizia appare ogni giorno più urgente. Per il bene di tutti, a partire da quei numerosi magistrati che svolgono seriamente il loro lavoro, senza farsi guidare preconcetti politici.
Ma c'è da scommettere che nessuno riuscirà a far nulla.
Povera Italia! E poveri noi...

lunedì 11 settembre 2017

LE TEORIE DEL COMPLOTTO IN QINQUE PUNTI

Ieri era il sedicesimo anniversario della strage dell'undici settembre ed in rete si sono fatte sentire (c'era da dubitarne?) le voci dei complottisti per i quali l'Islam ed Al Qaeda in quel massacro non c'entrano per nulla, mentre c'entrano, eccome, la Cia ed il Mossad.
Dall'attacco alle torri gemelle allo sbarco sulla luna, dai vaccini al crollo del comunismo, per i paranoici del complotto dietro ad ogni evento importante c'è l'oscura regia di forze misteriose e potenti che tutto controllano e tutto determinano.
Ovviamente nella storia esistono i complotti. Ciò che distingue i paranoici del complotto dalle persone normali non è l'ammissione che complotti possano esistere, ma il tipo di argomentazioni che si portano a sostegno delle loro teorizzazioni. I discorsi strampalati con cui i paranoici difendono le loro teorie sono brevemente riassunti nei cinque punti che seguono. Di questi il primo rappresenta l'argomento principe dei complottisti. L'ultimo sintetizza la conseguenza che si può trarre dalle loro farneticazioni. I tre punti centrali rappresentano invece le caratteristiche costanti del discorso complottista. Quasi mai queste vengono chiaramente esplicitate, ma basta un minimo di attenzione per capire che sono sottintese in praticamente tutti i loro discorsi.

Passiamo ai punti.


1) A chi giova?

Se X giova ad Y di certo è stato Y a causare X. Se un mio lontano parente muore lasciandomi qualche soldo in eredità io sono il suo assassino.
Fantastico modo di ragionare! Che tra l'altro dimentica che ogni evento giova spesso a molte persone e che il “giovare” o meno di qualcosa a qualcuno cambia radicalmente col passare del tempo e a seconda dei punti di vista. L'evento X può favorire inizialmente Tizio, poi Caio e poi Sempronio, o li può favorire, da diversi punti di vista, tutti e tre contemporaneamente. La morte del mio lontano parente può aver favorito me, ma anche sua moglie, un suo concorrente o un suo collega. Eppure io, la moglie, il concorrente ed il collega non siamo minimamente implicati nell'evento luttuoso.
Il beneficiario dell'evento “seconda guerra mondiale” è stata fino al 1942 la Germania nazista. Alla fine i maggiori beneficiari di questo evento sono stati USA e URSS. Quindi Hitler non c'entra nulla nello scoppio della seconda guerra mondiale. Sembra impossibile ma c'è chi “ragiona” (si fa per dire) in questo modo.


2) Ogni complotto genera nuovi complotti

Tutto ciò che contrasta con la teoria del complotto è a sua volta risultato di altri complotti.
Centinaia di persone hanno visto l'aereo schiantarsi sul Pentagono. Sono state pagate per mentire.
Ci sono le conversazioni telefoniche fra i passeggeri ed i loro familiari registrate poco prima dello schianto. Sono state costruite ad arte.

Sul Pentagono si sarebbe schiantato un missile e non un aereo. E che fine ha fatto l'aereo? Che fine i suoi passeggeri? Sono stati fatti scomparire, non si sa dove, come e quando.
E si prosegue così, all'infinito. I complotti si infittiscono e si moltiplicano, coinvolgono migliaia, decine di migliaia di persone. Eppure la caratterstica principale di un complotto è la segretezza, e la segretezza è impossibile da conservare quando nel complotto sono coinvolte troppe persone...

3) L'assenza di prove "prova" il complotto.
Anzi, ne è la “prova” regina. I cospiratori sono diabolicamente astuti. Il fatto che non esistano prove del complotto dimostra la loro diabolica abilità.

4) Dimostrare la non esistenza.
“Noi non possiamo dimostrare l'esistenza del complotto” dicono i complottisti, “ma voi non ne potete dimostrare la non esistenza”.
Dimenticano che è logicamente impossibile dimostrare la non esistenza di qualcosa. Per provare la non esistenza di X dovrei esaminare tutti i possibili mondi e le possibili situazioni in cui X può esistere, dovrei fare cioè una serie infinita di controlli e di esami.
Tutto ciò che non è contraddittorio è logicamente possibile. Non è possibile che io sia e nel contempo, e dallo stesso punto di vista, non sia un uomo, ma è possibile che l'evento X sia avvenuto o che l'ente Y esista.
E' possibile dire che il drago sputafuoco non esiste? No, è solo possibile dire che non esiste alcuna prova empirica, neppure debole, neppure approssimativa, della sua esistenza.
Può darsi che esista il drago sputafuoco, o che gli extraterrestri ci spiino dallo spazio profondo, o che la Cia ed il Mossad abbiano organizzato gli attentati dell'undici settembre.
Ma l'onere della prova è tutto a carico di chi teorizza cose simili.

5) Il paradosso del mentitore.
Tutte le teorie del complotto si riducono al paradosso del mentitore: "sto mentendo”, enunciato che se è vero è falso e se è falso è vero.
Per i paranoici del complotto tutto è la risultante di diabolici complotti. Ma se tutto è la risultante di diabolici complotti cosa ci assicura che non siano loro i cospiratori? Chi ci assicura che la teorizzazione del complotto non sia a sua volta parte un complotto volto a destabilizzare l'occidente?
Tempo fa faceva bella mostra di se nelle librerie un libro dal titolo: “Tutto ciò che sai è falso”.
Stupendo! Ma, se tutto ciò che so è falso perché dovrebbe essere vera la affermazione secondo cui è falso tutto ciò che so?
Se almeno i complottisti avessero qualche nozione di logica!

I cinque punti elencati dimostrano una cosa: le varie teorie del complotto (cosa ben diversa dalla dimostrazione che un certo complotto esiste od è esistito) sono costruite in modo da essere inconfutabili. Sono vere qualsiasi cosa accada. Sono vere anche se a loro sostegno non esiste prova alcuna (punto 3) o anche se (punto 2) esistono numerosissime prove che le smentiscono.
Però una teoria costruita in modo tale da essere vera qualsiasi cosa accada ha un valore probatorio pari a ZERO.
Per questo è del tutto inutile discutere con i paranoici del complotto: loro hanno sempre ragione perché tutto ciò che contrasta con quanto farneticano è frutto di oscuri complotti. Anche chi discute con loro, cercando di farli ragionare, forse è un agente dei cospiratori...
Cuociano pure nel loro cattivo brodo!

sabato 2 settembre 2017

NICHILISMO CONTRO LA STORIA

Dopo il generale Lee tocca a Cristoforo Colombo. Domani potrebbe toccare a George Washington che fu proprietario di schiavi. Dopodomani qualcuno potrebbe chiedere che un certo Aristotele sia espulso dai corsi di storia della filosofia. Lo stagirita, come si sa, difese e teorizzò lo schiavismo. Anche Nietzsche e Tommaso d'Aquino avrebbero dei problemi, per non parlare di Cesare e Cicerone. I politicamente corretti vorrebbero escludere dalla storia e dalla cultura tutto ciò che non quadra con la loro visione del mondo. In questo modo però del mondo resta molto poco.
Se fossero coerenti questi signori dovrebbero chiedere lo scioglimento degli Stati Uniti d'America, e non solo di questi. Argentina, Messico e Brasile dovrebbero seguire a ruota. Bisognerebbe restaurare l'impero atzeco e restituire il nord America alle tribù dei “nativi americani”. A ben vedere le cose però neppure in questo modo si farebbe giustizia. Gli Atztechi erano imperialisti e schiavisti, e si dilettavano in sacrifici umani nel corso dei quali veniva strappato il cuore a giovani fanciulle vergini. Quanto alle tribù dei “nativi americani”... beh, pare passassero molto del loro tempo a farsi la guerra per strapparsi a vicenda cibo, cavalli e donne.
Questo però non turba i sonni degli angioletti del politicamente corretto. Severissimi con tutto ciò che è occidentale questi signori diventano incredibilmente tolleranti quando ci sono di mezzo civiltà non occidentali. Gli orrori della conquista e della colonizzazione delle Americhe suscitano la loro riprovazione, ma quelli degli imperi mongolo e cinese, atzteco o islamico li lasciano del tutto indifferenti. Relativisti fino al midollo quando ci sono di mezzo civiltà non occidentali perdono ogni senso della storia quando si tratta di giudicare ciò che è occidentale. Sono fatti così...

La storia è piena di orrori, ovunque, sotto tutte le latitudini. Orrori che nulla può giustificare. Come ben argomenta Popper, lo storicismo, la teoria cioè secondo cui la storia sarebbe retta da un fine provvidenziale e che il male in essa presente sarebbe un mezzo necessario per la realizzazione del bene, questa teoria non è solo scientificamente risibile, ma anche eticamente inaccettabile. Ma il fatto che nella storia ci siano il male, gli orrori e le ingiustizie non cancella ciò che, malgrado tutto, esiste in questa di positivo. Il fatto della schiavitù nella antica Grecia non elimina l'immenso valore della filosofia di Platone ed Aristotele, esattamente come il potere assoluto del celeste imperatore non sminuisce il valore del pensiero di un Confucio o di un Lao Tze. Il Colosseo resta una costruzione ammirevole anche se un tempo dentro le sue mura i gladiatori si ammazzavano per divertire la plebe romana. E le piramidi d'Egitto mantengono tutta la loro imponenza anche se sono letteralmente impastate del sangue degli schiavi.

La civiltà occidentale è unica non perché esente dal male e dagli orrori. In fondo Hitler e Stalin sono anche loro, a modo loro, figli di una parte almeno della tradizione culturale dell'occidente. La civiltà occidentale è unica perché in questa civiltà sono sorte, malgrado tutti gli orrori, le idee ed i valori della tolleranza e della libertà personale, della discussione razionale dei problemi e della democrazia politica. Sono questi valori e queste idee che fanno dell'occidente una civiltà espansiva, tendenzialmente universalistica e che differenziano la nostra civiltà dalle altre, piaccia o non piaccia questo ai teorici del politicamente corretto.
Il loro tentativo di riscrivere la storia cancellando da questa tutto ciò che non quadra con la loro angusta visione del mondo non è quindi solo stupido. E' anche profondamente nichilista. Distrugge quella tradizione culturale in cui sono nati, insieme allo schiavismo, alla intolleranza ed al fanatismo, anche le idee ed i valori che hanno permesso di combattere fanatismo, intolleranza e schiavismo.
Ma questo i fanatici del politicamente corretto non lo capiranno mai.

mercoledì 30 agosto 2017

STUPRO

Proviamo ad immaginarlo.
Quattro teppisti italiani aggrediscono una coppia di migranti. Picchiano a sangue lui e violentano a turno lei.
Quali sarebbero le reazioni dei “democratici progressisti”? Parlerebbero di un “caso di cronaca”? Limiterebbero il discorso alle responsabilità individuali? Difficile pensarlo.
Se un simile, deprecabile, evento accadesse saremmo sepolti dagli strilli sul razzismo che avvelena l'Italia. Filosofi e sociologi, sacerdoti e psicologi ci impartirebbero dai teleschermi lunghissime lezioni sulla deriva razzista e sessista che il paese sta attraversando. Gli appelli degli intellettuali, i dibattiti, le manifestazioni su succederebbero a ritmo serrato. Qualcuno proporrebbe l'emanazione di nuove leggi contro il razzismo ed il sessismo.
Invece i violentatori sono quattro nordafricani e le vittime della loro violenza una coppia di giovani polacchi, e il tutto diventa un puro caso di cronaca, privo di ogni dimensione generale. Gli intellettuali di sinistra sono bravissimi a cercare spiegazioni sociali per ogni volo di mosca, ma solo quando queste fanno loro comodo.

E' vero, la responsabilità di uno stupro, o di un omicidio, o di un furto, di un qualsiasi crimine insomma, è sempre individuale. E va provata rigorosamente. Qualsiasi democratico liberale queste cose le sa bene, non deve certo impararle da coloro che ieri esaltavano la “rivoluzione culturale” di Mao e che oggi magari guardano con simpatia a Maduro, se non a Kim Son Un.
Ma qui non si tratta di stabilire le responsabilità individuali di un crimine. Si tratta di capire se la politica della immigrazione senza limiti e controlli crei o non crei condizioni sociali che favoriscono il crimine. E qualsiasi persona non malata di ideologia è in grado di rendersi conto che questa politica favorisce la diffusione della criminalità. A tutti i livelli e di qualsiasi tipo. Stupri compresi.

E' vero, stupratori ce ne sono ovunque, purtroppo. Non tutti i nordafricani sono stupratori, né tutti gli stupratori sono nordafricani. E lo stesso discorso vale per i migranti
Però non si può far finta di ignorare che la cultura da cui proviene la gran maggioranza dei migranti considera la donna un essere umano di serie B. Una persona obbligata a vivere chiusa in osceni sacchi, o, nel migliore dei casi, vestita come in occidente vestono solo le suore. per loro scelta volontaria e reversibile. E non si può ignorare che in quella cultura le donne che non vestono in tal modo, le ragazze che passeggiano in jeans o minigonna, sono considerate “provocatrici” e chi provoca, si sa, può a volte andare incontro a brutte sorprese.
Certo, anche in occidente c'è chi sostiene che se una ragazza si veste in maniera sexy lo stupro “se lo va a cercare”. Ma da noi esiste, per fortuna, una coscienza diffusa che considera questo modo di “pensare” (si fa per dire) una bestialità. Nella cultura da cui provengono i migranti le cose sono ben diverse.

Ma i "democratici progressisti" queste cose non le vogliono vedere. Hanno sostituito il mondo reale con lo pseudo mondo partorito dalla loro ideologia buonista e strillano come aquile se qualcuno si permette di dire: “il mondo vero è ben diverso dal vostro pseudo mondo ideologico”. Per loro se un migrante compie un atto di terrorismo, o un omicidio, o una rapina, o uno stupro non bisogna trarre da simili fatti nessun tipo di conclusione generale. Si tratta di casi strettamente, rigorosamente individuali. E chi non è d'accordo è un bieco razzista.
Non si accorgono che con questo atteggiamento sono proprio loro a favorire il diffondersi del razzismo.

sabato 12 agosto 2017

METICCIATO

Eugenio Scalfari ha scoperto il meticciato. E non è il solo. Attrae molti l'idea di un unico popolo mondiale, che unisca tutti superando le vecchie differenze nazionali. La “ruota della storia” marcia in quella direzione, ci ripetono tutti i giorni sapienti personaggi, e chi si oppone è un povero vecchio legato ai miti del passato. Un nazionalista xenofobo nemico dei valori di universale libertà ed uguaglianza che sono tipici della civiltà occidentale.
Ma stanno davvero così le cose? Vediamo un po'.

Contrariamente a quanto pensano Eugenio Scalfari ed i suoi sostenitori il meticciato non è affatto una novità. L'impero romano aveva, specie nella fase del suo declino, fortissime caratteristiche meticce. L'inventore del meticciato è stato Alessandro Magno, grande personaggio, certo, ma non precisamente moderno. Sono invece gli stati nazionali ad essere una invenzione relativamente recente del genere umano.
Per secoli popoli diversissimi fra loro sono stati costretti a vivere insieme sotto il governo di autorità imperiali spesso estremamente brutali. Non esiste nessun legame fra la affermazione degli universali valori di libertà ed uguaglianza ed il meticciato, è vero esattamente il contrario.
La nascita e la diffusione degli ideali di tolleranza. La “scoperta” delle libertà individuali e del garantismo, il lento avanzare della democrazia sono parti di un processo che culmina in Europa con la formazione degli stati nazionali. Altro che legame fra meticciato e libertà! La storia ci dimostra che il meticciato è tipico dei grandi imperi. Non a caso la caduta dell'impero comunista è stata seguita dal proliferare di nuovi stati nazionali. A ben vedere le cose fra gli ispiratori di Eugenio Scalfari è possibile ritrovare, accanto ad Alessandro magno, un certo Giuseppe Stalin.

I popoli, come gli individui, cambiano. E a questo cambiamento contribuiscono le relazioni che ogni popolo ha con gli altri. Ma i popoli, come gli individui, cambiando restano se stessi. Io sono oggi ben diverso da quello che ero al tempo della mia giovinezza, e i miei rapporti con gli altri esseri umani hanno avuto una parte importante nel determinare come sono cambiato. Ma cambiando io non ho perso la mia insopprimibile individualità. I cambiamenti che ho vissuto sono i miei cambiamenti, la personalità che si è formata nel corso degli anni è e resta la mia personalità. Ho avuto rapporti con Tizio, Caio e Sempronio ma sono restato me stesso in questi rapporti. Non mi sono trasformato in un fritto misto di Sempronio, Caio e Tizio.
Considerazioni analoghe possono farsi per i popoli. Ogni popolo si relaziona ad altri, in una certa misura si mischia ad altri, e cambia, ovviamente. Ma resta se stesso nei vari cambiamenti.
Gli scambi commerciali, i processi normali e controllati di emigrazione ed immigrazione, le relazioni culturali, i viaggi ed il turismo, i matrimoni misti modificano le caratteristiche dei popoli, cosa del tutto normale, ma non danno vita ad alcun tipo di meticciato. Questo è invece il risultato di migrazioni disordinate e violente che alcuni popoli sono costretti a subire. Da sempre i popoli europei, e non solo, sono in relazione fra loro. E' sempre successo che uno spagnolo sposasse una francese o che uno svedese studiasse a Londra o che un italiano emigrasse in Argentina. Ma nessuno ha mai scambiato simili fenomeni con il meticciato. Si parla invece di meticciato oggi, in conseguenza di processi migratori del tutto fuori controllo cui le popolazioni europee guardano con ansia crescente e che vengono loro imposti da governi irresponsabili.

I teorici del meticciato parlano di continuo di “mistura” fra i popoli. Italiani o francesi, nigeriani o indiani... tutte scemenze! Non esistono italiani o indiani, francesi o nigeriani, esiste il popolo mondiale, il meticciato, e chi non è d'accordo è un bieco “razzista”.
Però che strano... il meticciato riguarda solo i popoli europei. Si guardino le nazionali di calcio. Nella nazionale belga abbondano i calciatori dalla pelle nera, ma in quella nigeriana non se ne vede uno con la pelle bianca. Cinesi ed algerini, indiani e pakistani non presentano affatto caratteristiche “meticce”. Queste riguardano solo i tedeschi o gli inglesi, i francesi o gli italiani. In realtà non è affatto in corso nessun processo di mistura fra popoli diversi. Quello che è in corso è un processo di graduale sparizione dei popoli europei. E questa è in fondo la cosa meno grave. Che i giocatori della nazionale belga abbiano la pelle bianca nera ha davvero poca importanza. Il vero problema è la sparizione della cultura europea. In nome della adesione senza riserve ad un presunto universale meticciato gli europei stanno infatti rinunciando a quella cosa preziosissima che sono le loro tradizioni culturali. I valori universali della nostra cultura, gli stessi di cui paradossalmente si servono i propagandisti del meticciato, sono sempre più marginalizzati in Europa, e non solo. Prima li si è relativizzati, privandoli della loro portata universale. Poi si sono accettate eccezioni sempre più numerose (la donna ha gli stessi diritti dell'uomo, ma se i musulmani obbligano le donne a velarsi... beh... facciano pure, è la “loro cultura”). Poi si sono create, dentro i paesi europei, autentiche isole extra europee, in cui le nostre leggi ed i nostri valori di fatto non contano più nulla. Quale sarà il prossimo passo? Meglio non pensarci.

giovedì 3 agosto 2017

DIECI PENSIERINI SU ONG E MIGRANTI

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1) E' ufficiale. Le navi delle ONG fanno servizio taxi per migranti.

2) Sarebbe meno ipocrita, più economico e meno pericoloso se queste navi arrivassero fin nei porti africani e in questi prendessero a bordo i migranti, come qualsiasi traghetto che si rispetti. Potrebbero anche far pagare loro il biglietto, invece di lasciare che regalino un sacco di soldi agli scafisti.

3) Un Pierino potrebbe obiettare: “Salvano vite umane”. E' vero il contrario. La pratica criminale dei trasbordi è la prima colpevole delle morti in mare. Il motivo lo capirebbe un bambino. Questa pratica ha moltiplicato oltre ogni misura le partenze, quindi gli inevitabili incidenti.

4) I media da ora in poi dovrebbero smetterla di usare le parole “salvati” e “salvataggi” e sostituirle con “trasbordi” e “trasbordati”. Non lo faranno, credo.

5) Se fossero persone serie i “giornalisti” dei vari TG dovrebbero presentarsi con aria contrita alle telecamere ed annunciare al popolo bue: “fino ad oggi vi abbiamo raccontato un sacco di palle sui salvataggi. Vi chiediamo umilmente scusa”. Di nuovo, non credo che lo faranno. ”

6) La tutela dei propri confini ed il controllo dei flussi migratori è compito essenziale di ogni stato degno di questo nome.

7) Con la pratica dei trasbordi le ONG hanno di fatto tolto allo stato il potere di svolgere questo suo essenziale compito. I flussi migratori che riguardano il nostro paese sono gestiti da organizzazioni private, spesso straniere, che pretendono per di più di agire al di fuori di ogni controllo.

8) Ci raccontano in continuazione che l'Italia non può fare a meno di accogliere tutti perché è obbligata a farlo dalle norme del diritto internazionale. Se la logica ha un senso questo vuol die che l'Italia è stata fuori dal diritto internazionale per decenni. Per la precisione fino a quando non è partita l'operazione "mare nostrum".

9) Nessun paese al mondo fa quello che sta facendo l'Italia da alcuni anni a questa parte. Si può seriamente sostenere che tutti i paesi del mondo agiscano fuori dal diritto internazionale?

10) Stati Uniti, Spagna, Russia, Francia, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Gran Bretagna, Ungheria, Cina, Germania, repubblica ceca sono paesi diversissimi fra loro. Nessuno però lascia che i suoi flussi migratori siano gestiti da organizzazioni che fanno servizio taxi per migranti. Sono tutti paesi fuorilegge? Stati fascisti, razzisti, in mano a populisti xenofobi? Solo per sapere...

domenica 30 luglio 2017

PAROLE

Inizialmente chi approdava sulle nostre coste proveniente dal nord Africa era un “clandestino”.
Poi è diventato un “migrante”.
Il termine “migrante” però è pericoloso: richiama a fenomeni storici quali le “migrazioni”. Trasferimenti di popoli da una parte all'altra del globo con conseguente colonizzazione delle terre di nuovo insediamento, sostituzione di popolazioni.
Il termine “migrante” è stato così sostituito dal termine “profugo”, cui si può alternare,  a piacere, “richiedente asilo.” Chi arriva nel nostro paese sui barconi è un “profugo che fugge da guerre, fame e persecuzioni”. Qualcuno aggiunge anche i “mutamenti climatici”.
Poi i nostri amatissimi governanti iniziano a rendersi conto che i flussi migratori stanno assumendo dimensioni incontrollabili e cercano goffamente di mettere in atto qualche timida misura capace di rallentarli un po'.
Tanto basta perché i “profughi” diventino “vittime dei trafficanti di esseri umani”. La “fuga da guerre, fame e persecuzioni" diventa “traffico di esseri umani”.
Qualcuno però non è d'accordo. Scopre che i migranti ci pagano le pensioni e trasforma le “vittime dei trafficanti di esseri umani” in “preziose risorse”.
Ogni minima variazione della politica nei confronti dei migranti è accompagnata da modifiche linguistiche. Da “clandestini” a “migranti”, da “migranti” a “profughi”, da “profughi” a “vittime dei trafficanti di esseri umani”, da “vittime … eccetera” a “risorse”.
E i “giornalisti” dei media seguono in coro. Come un sol uomo, o una sola donna, cambiano le parole al cambiare di ogni brezza politica. Profughi, vittime … eccetera, risorse...
Senza fallo!
Bravi, applausi!!!

domenica 23 luglio 2017

A PROPOSITO DI SICCITA'

Scrive Orlando Figes ne “La tragedia di un popolo”, Oscar Mondadori 2016:
“Nell'estate del 1891, dopo dodici mesi di disastri meteorologici, i contadini della regione del Volga si trovarono ad affrontare la fame. (…) I semi piantati nell'autunno precedente non avevano avuto neppure il tempo di germogliare prima che li ghermisse il gelo e la neve, così preziosa per la protezione delle pianticelle in pieno inverno (…) era stata scarsa. La primavera aveva portato con se bufere di vento secco che avevano tramutato l'humus in polvere, spazzandolo via e, infine, la lunga estate asciutta era cominciata già ad Aprile: a Carycin non si era avuta pioggia per novantasei giorni consecutivi (…) Entro l'autunno la carestia minacciava ormai diciassette province, dagli Urali al mar nero, per una superficie grande due volte l'intera Francia e destinata a dar da vivere a trentasei milioni di persone.”
La carestia fu seguita da epidemie e causò la morte di oltre mezzo milione di persone. Il governo zarista si dimostrò inetto ed assolutamente incapace di far fronte all'emergenza. Con la carestia del 1891 iniziò così ad allentarsi il rapporto di fiducia fra le masse contadine e la famiglia imperiale.
Eppure quella tragedia appare quasi poca cosa di fronte ad altri flagelli che si abbatterono sulle campagne russe dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi. Le carestie del 1921 23 e del 1928 29 causarono milioni di morti. La loro causa fu solo in minima parte la siccità. Il numero mostruoso di vittime è tutto da addebitarsi alla politica delle requisizioni messa in atto da Lenin prima e da Stalin poi che lasciarono i contadini letteralmente senza un chicco do grano.

Qualche piccola considerazione.
Periodi di siccità ce ne sono sempre stati, anche in epoche e paesi in cui l'effetto serra doveva essere assai meno grave di oggi.

Le chiacchiere intorno alle “origini strutturali” della scarsa pioggia che ci affligge in questi giorni sono, appunto, solo chiacchiere. Tra l'altro l'estate più calda degli ultimi tempi in Italia resta quella del 2003, anche se i media parlano delle temperature di questi giorni come le più elevate degli ultimi 200 ANNI.

Se invece di sparare cifre a caso i media informassero il popolo bue sullo stato miserevole degli italici acquedotti farebbero, appunto, informazione e non propaganda ideologica.

Il presidente Trump ha affermato di volersi defilare dagli accordi di Parigi ed il governatore del Lazio Zingaretti subito gli addebita la responsabilità della siccità in … Italia! Questo PRIMA ANCORA che gli Usa si siano effettivamente defilati da tali accordi. Tutto da ridere... o da piangere.
In ogni caso, signor Zingaretti, se lei ama cercare responsabili umani per i danni delle siccità ha ben altre tragedie a cui far riferimento. Peccato però che non riguardino l'attuale presidente degli Stati Uniti ma il "paese del socialismo", quello in cui fino a ieri credevano alcuni dei suoi amici...


Speriamo che piova e che la si smetta con questa lagna! Però... a pensarci bene, non è improbabile che se qualche forte acquazzone dovesse rovinare le vacanze a qualcuno cominceranno di nuovo gli strilli sui mutamenti climatici. Infatti è bene che piova, ma leggermente, solo sui campi coltivati, preferibilmente di notte.