giovedì 21 dicembre 2017

ONU

L'ONU, o alcune sue organizzazioni, hanno, fra le altre cose:
Stabilito che le bistecche sono cancerogene.
Annunciato che fra una ventina d'anni piazza Duomo a Milano sarà sommersa dal mare.
Deciso che Gerusalemme non ha una storia ebraica.
Stabilito che il sionismo è una ideologia razzista.
Inserito l'Arabia Saudita nella commissione per la difesa dei diritti delle donne.
Inserito la Libia nel consiglio per la tutela dei diritti umani.
E tante altre simili cosette, tutte leggermente folli.

Nel mondo ci sono paesi in cui si lapidano le adultere, si crocifiggono i cristiani, si decapitano apostati e bestemmiatori, si impiccano i gay, si costringono le donne a vivere in sacchi neri, esiste ancora, di fatto, lo schiavismo. Ci sono pesi che sono lager a cielo aperto, e che vogliono la bomba H, e sarebbero pronti a cederla ai peggiori gruppi terroristi.
Ma l'ONU non fiata su questi orrori. In cambio sforna tutti i giorni una risoluzione contro Israele.

Settanta anni fa l'ONU votò la costituzione di due stati
nei territori già facenti parte del mandato britannico: Israele e uno stato arabo. Gli ebrei accettarono quella decisione. Gli arabi NO.
Il giorno stesso in cui quella decisione fu presa iniziò la guerra fra arabi ed Israeliani che dura ancora oggi. Nessuno dei nemici di Israele riconosce il suo diritto ad esistere. Neppure lo chiamano col suo nome, lo definoscono "entità sionista". Unica eccezione, l'Egitto che dopo aver perso tre guerre ha riconosciuto lo stato ebraico.
Ma l'ONU pretende che Israele ritorni alla risoluzione del 1948, o a quella del 1967, le stesse che i suoi nemici hanno usato, e continuano ad usare, come carta igienica.

Non mi stupisce che l'ONU abbia votato oggi una risoluzione contro la decisione americana di riconoscere la realtà, cioè che Gerusalemme è capitale di Israele.
NON cambierà nulla, per fortuna.
Resta un leggero senso di nausea per la vecchia Europa e per l'Italia. Ma ormai c'eravamo abituati...

domenica 10 dicembre 2017

LA NUOVA EUROPA

Cosa succederebbe a Parigi o a Bruxelles, a Londra o a Berlino e, perché no, a Roma se i governi francese e belga, inglese, tedesco ed italiano riconoscessero la realtà, cioè che Gerusalemme è la capitale di Israele? Cosa farebbero i “nuovi” francesi, belgi, inglesi, tedeschi ed italiani in questo caso? E' esagerato immaginare che in tutte le capitali europee ci sarebbero disordini? E che il rischio attentati aumenterebbe a dismisura? Basta porsi l domanda per avere la risposta.
La politica degli stati europei è fortemente condizionata dalla presenza di minoranze che non si riconoscono nei valori che in Europa regolano la civile convivenza. Né questo condizionamento si limita ad Israele o alla politica estera. Ed è destinato a crescere man mano che le minoranze diventano più numerose e forti.

Molti cittadini europei sono perplessi di fronte alla scelta americana non perché antisemiti o filo islamici. Hanno semplicemente paura delle reazioni che questa può provocare. Anni di acquiescenza hanno contribuito a diffondere l'idea che se hai a che fare con un prepotente la cosa migliore sia assecondarlo. Se no quello si incazza e chissà cosa succede. E la politica delle porte aperte ad una immigrazione incontrollata ha reso tragicamente comprensibili queste paure.
Se i prepotenti li hai dentro casa a volte sei disposta a molto pur di preservare il quieto vivere. E' una sorta di riflesso condizionato, comprensibile, ma tragicamente sbagliato.
Perché i cedimenti non risolvono nulla, anzi, aggravano tutto. Oggi si cede su una cosa, domani si cederà su un'altra, più importante. Alla fine si dovranno abbandonare i nostri valori fondamentali.

In questi giorni convulsi con chi si ritrova alleata la confusa Europa occidentale? A chi chiedono aiuto e mediazione i vari Macron e Merkel? Alla Turchia di Erdogan. Si proprio a lui. Quello che riempie le galere di oppositori politici, quello che pochi mesi fa definì “nazisti” paesi come la Olanda e la Germania, che minaccia di farci invadere da una massa enorme di “profughi” ed invita le donne musulmane residenti in vari paesi europei a far più figli, per sottomettere gli “infedeli”. Nel momento stesso in cui si allontana dallo storico alleato americano l'Europa occidentale si avvicina al dittatore turco.
E tutto questo non significa forse un ripudio dei nostri valori findamentali?

mercoledì 6 dicembre 2017

GERUSALEMME

La decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme quale capitale di Israele è stata (e continuerà ad essere) seguita da un mare di polemiche. E da molte considerazioni critiche. Esaminiamo le principali.

1) Gerusalemme è città santa per le tre religioni monoteiste.
Questo non è esatto. Gerusalemme è di certo santa per l'ebraismo ed il cristianesimo, lo è anche per l'Islam solo perché gli islamici hanno da sempre la cattiva abitudine di considerare luoghi santi per la loro religione città un tempo conquistate e strappate agli “infedeli”.
Inoltre, anche accettando che Gerusalemme sia santa per l'Islam, perché mai una città santa islamica non potrebbe essere la capitale di uno stato non islamico? Gerusalemme è di certo santa per i cristiani, ma nessun cristiano intende scendere in piazza se Gerusalemme viene riconosciuta capitale di Israele, mi pare.

2) A Gerusalemme deve essere garantita libertà di culto per i fedeli di tutte le religioni.
Questo è assolutamente giusto. Il problema non è di quale stato stato sia capitale Gerusalemme, ma la libertà di culto concessa
a tutti in quella città. Quindi dobbiamo chiederci: chi garantisce meglio questa generale libertà di culto? In Israele, uno stato dalle dimensioni della Lombardia, esistono un paio di centinaia di moschee. Quante sinagoghe ci sono a Gaza? O in Iran? O in Arabia Saudita? Ci sono stati islamici in cui non è possibile entrare se si porta con se una copia del Vangelo o un testo sacro ebraico. A La Mecca possono entrare solo i fedeli musulmani. Pensare che in una Gerusalemme palestinese la libertà di culto per tutti sarebbe meglio garantita è solo una idiozia. O pura manifestazione di disonestà intellettuale.

3)
Inizialmente Gerusalemme est non faceva parte dello stato di Israele.
E' vero, la parte orientale di Gerusalemme è stata conquistata dagli israeliani nella guerra dei sei giorni, e allora?
Dal giorno della sua nascita Israele deve combattere per potere semplicemente
esistere. Ancora oggi molti stati arabi lo definiscono non “stato di Israele”, ma “entità sionista”. Ha combattuto molte guerre fronteggiando coalizioni di stati che intendevano semplicemente cancellarlo dalla carta geografica. Al termine di queste ha allargato un po' i suoi confini per aumentare, se possibile, la sua sicurezza. Ma si sono levate alte strilla di indignazione ogni volta che questo è avvenuto.
Israele può essere aggredito, può vivere sotto assedio, ma se si azzarda ad ampliare di un palmo le sue frontiere subito viene definito aggressore imperialista, colonialista eccetera. E questo anche se ha restituito molte delle terre conquistate in cambio del semplice riconoscimento diplomatico.
Qualcuno riesce ad immaginare una Germania che nel 1945 protesta perché le sue frontiere non tornano ad essere quelle del 1939? O una URSS che nel 1945 restituisce alla Germania le terre da questa perse in cambio del semplice riconoscimento diplomatico? E' fantascienza vero? Si, lo è per tutti, tranne che per Israele.

4)
La decisione di Trump può aggravare la tensione.
Questa è una obiezione seria. Se si fosse vicini ad una soluzione del conflitto, se la pace fosse realisticamente possibile sarebbe bene rinviare qualsiasi decisione riguardo a Gerusalemme. Ma così non è, purtroppo.
I palestinesi non hanno alcuna intenzione di riconoscere Israele. Quanto meno, di riconoscerlo per quello che è:
lo stato degli ebrei.
Israele è lo stato paria. Non può ospitare manifestazioni culturali, sportive o commerciali senza che qualcuno protesti. Se un suo atleta, quando può gareggiare, vince una medaglia il suo inno in molti pesi non viene suonato, nè la sua bandiera alzata. Se un cantante si esibisce entro i confini dello stato ebraico molti suoi colleghi protestano. Se degli israeliani muoiono in un attentato la cosa viene considerata quasi normale e i media quasi non ne danno notizia. Israele è lo stato che ha dato rifugio e protezione al popolo più perseguitato della storia, ma a molti, e non solo fra i fondamentalisti islamici, la sua esistenza da fastidio. Israele esiste, ma sarebbe meglio se non ci fosse:
è lo stato che non dovrebbe esistere. E non ci sono prospettive serie che facciano intravedere a breve un superamento di questa situazione. Quindi è ipocrita parlare di “aggravamento della tensione”. Da settanta anni Israele vive una situazione di “tensione”. Per i suoi nemici dovrebbe fare una sola cosa per non aggravarla: cesare di esistere.
Ma questo non accadrà. Quindi ben venga il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale dello stato ebraico.

Un'ultima considerazione. Con la sua scelta Trump non fa che mettere in atto una decisione presa nel 1995 da
tutto il congresso americano. I vari presidenti che da allora si sono succeduti hanno semplicemente rinviato la sua messa in pratica. La svolta di Trump si limita quindi ad applicare una decisione che tutti, repubblicani e democratici, avevano preso 22 anni fa. Ma non credo che i media diano troppo spazio alla diffusione di questo “particolare”.

lunedì 4 dicembre 2017

UN PICCOLO PARTICOLARE STORICO

Nel periodo delle grandi purghe staliniane tutti i partiti comunisti europei (e non solo) vennero radicalmente epurati. Molti dei loro leader, che avevano trovato asilo a Mosca, finirono in Siberia, a godersi un salutare frescolino, dai 30 ai 50 gradi sotto zero; oppure di fronte al plotone di esecuzione. Molti scomparvero senza lasciar traccia. Anche coloro che non risiedevano in URSS vennero spesso raggiunti dalla longa manus del "padre dei popoli". Durante la guerra civile spagnola i sospettati di trotzkismo vennero fatti fuori a centinaia. Lo stesso avvenne nel corso della resistenza intaliana ed europea. Un caso emblematico è quello di Pietro Tresso ficilato dai partigiani comunisti stalinisti.
Il partito comunista italiano, afferma Paolo Spriano nella sua monumentale “storia del partito comunista italiano” fu relativamente risparmiato dalle purghe. Come mai? Uno dei motivi,  ricorda lo Spriano, fu che molti militanti comunisti si trovavano al sicuro nelle carceri fasciste. Si, proprio così. Il fatto di essere nelle carceri fasciste ha salvato la vita a molti dirigenti comunisti italiani, forse allo stesso Gramsci che al momento della rottura fra Stalin e Trotzkji aveva assunto un atteggiamento oscillante. E Stalin non amava le oscillazioni. Pretendeva una subordinazione totale, e ricordava benissimo quali posizioni avevano assunto i vari leader del movimento comunista internazionale.

Prendendo spunto dalle idiozie dette e fatte da qualche cretino nostalgico qualcuno cerca oggi di costruire a tavolino una “emergenza fascismo”. Qualcosa che, almeno ad oggi, assolutamente non esiste, e serve solo per distrarre la gente dai problemi reali che ci assillano.
Bene, questo qualcuno si vada a leggere la storia, please. Si legga almeno gli storici comunisti come Paolo Spriano, che qualcuno ha definito lo storico ufficiale del PCI. Una fonte insospettabile. Si accorgerà che fra le innumerevoli vittime del comunismo reale figurano una gran quantità di comunisti, addirittura di comunisti stalinisti, compresi quelli italiani. Ed allora, se ha, questo qualcuno, un minimo di onestà intellettuale, si chiederà se ha senso strillare per un braccio teso e tacere di fronte ai patetici cortei che hanno ricordato i cento anni dell'ottobre rosso. Con tanto di foto di baffone Stalin bene in vista.
Il fatto è che certi figuri hanno tutto , meno che onestà intellettuale.